Umanità Nova, n.7 del 25 febbraio 2007, anno 87

Vicenza: 100.000 NO Dal Molin e il "niet"del governo
La resistenza continua!



Riprendendo un ironico cartello letto durante il corteo, Vicenza per il governo è una brutta gatta da pelare: aldilà dei numeri sicuramente consistenti sulla partecipazione (oltre centomila persone), questa infatti può essere la sintesi della manifestazione nazionale svoltasi sabato 17 febbraio.
La nuova base Usa, con la collegata militarizzazione dell'aeroporto civile Dal Molin, che da mesi vede un'attiva e partecipata opposizione popolare fuori dalle appartenenze di partito, è una minaccia sempre più incombente e concreta, in attesa del temuto arrivo delle ruspe e dei blindati per l'avvio della fase operativa dei lavori, peraltro già silenziosamente iniziati.
L'inevitabilità di tale decisione politica sembrerebbe fuori discussione. Infatti, mentre i dimostranti tornavano, esausti e contenti, verso le località di provenienza o si stavano apprestando a cenare dopo la straordinaria giornata vissuta in città, il presidente del consiglio Prodi ribadiva il via libera alla Ederle 2 "in coerenza con le linee generali di politica interna ed estera".
D'altra parte, l'indomani, in perfetta sintonia col premier, il quotidiano "la Repubblica" ospitava l'opinione di George Joulwan, ex-comandante supremo delle forze Nato: "La base di Vicenza è molto importante per le operazioni della Nato (…) Non bisogna pensare che serve solo ad alimentare i nostri contingenti in Iraq o in Afganistan: può rivelarsi essenziale, come lo fu nel passato, per le crisi nei Balcani e soprattutto in Africa".
In parole povere: la base Usa di Vicenza ha valenza strategica, quindi gli accordi firmati sottobanco dal governo Berlusconi e poi confermati da D'Alema, non prevedono margini di discussione o, come si dice dalle mie parti, "non c'è trippa per i gatti".
Tutt'al più, potranno far finta di ascoltare i cittadini e i pacifisti, cercando di "ridurre il danno" con qualche abbellimento stilistico e improbabili attenzioni ambientalistiche.
Per questo, prima del 17, è stato utilizzato ogni mezzo per depotenziare la partecipazione dei cittadini e scongiurare l'adesione delle tante realtà del movimento contro la guerra: dai torbidi giochi politici della Cgil, giunta al punto di indicare un concentramento alternativo assieme ai Ds su contenuti filogovernativi, agli equilibrismi tragicomici della cosiddetta "sinistra radicale" per dissociarsi dalla maggioranza di cui fanno parte; dalla litania dei tanti interessati opinionisti sull'inutilità e i pericoli del conflitto alla criminalizzazione e alla provocazione, attraverso una spettacolare operazione "antiterrorismo" con epicentro Padova.
Ma tali manovre si sono rivelate inutili: la Cgil e i Ds sono stati costretti ad accodarsi in fondo al corteo; così come non è stato permesso che il servizio d'ordine sindacale svolgesse il prospettato ruolo di virile guardiano nei confronti degli "estremisti" o contro gli immancabili fantasmi del Black Bloc.
Neppure la campagna diffamatoria svolta coralmente dai cosiddetti organi d'informazione è riuscita nel suo intento d'intimidazione ed ha, anzi, finito per suscitare ulteriore sdegno e proteste, specialmente nei tanti che ancora oggi mantengono viva la memoria della violenza legale sofferta sulla propria pelle a Napoli e Genova sei anni fa.
Così, si è creata una confluenza e una saldatura tra un'opposizione locale raccolta attorno al Presidio permanente e le numerose opposizioni locali contro altre servitù militari e devastazioni ambientali, quale quella ormai paradigmatica della Val di Susa contro il Tav; ma ciò è avvenuto anche tra la mobilitazione diretta ed autogestita dei vicentini contro il Da Molin e i movimenti antiguerra che, negli anni passati, tante volte si erano impegnati a Vicenza scendendo in piazza contro l'esistente caserma Usa Ederle, da cui continuano a partire truppe e mezzi per l'Iraq e l'Afganistan.
In tal modo, con grande preoccupazione della sinistra parlamentare, si è avverato quanto auspicato da un volantino antimilitarista: Vicenza è diventata la base per un nuovo sviluppo del movimento contro la guerra.
Dentro questa ripresa d'iniziativa - altra piacevole sorpresa - l'anarchismo sta facendo la sua parte mettendo in campo l'impegno in prima persona degli attivisti libertari interni all'opposizione popolare a Vicenza, ma anche con contenuti forti della critica antiautoritaria nei confronti di ogni struttura militare, nonché con una diffusa e vivace attivazione a livello nazionale.
Se, infatti, lo scorso 2 dicembre - alla prima manifestazione a Vicenza contro la Ederle2 - lo spezzone anarchico aveva raccolto almeno mezzo migliaio di antimilitaristi, sabato 17 tale presenza era di diverse migliaia di persone, in gran parte raccolte nello spezzone rossonero aperto dallo striscione nero della FAI "contro tutti gli eserciti e tutte le frontiere", una presenza visibile e diffusa anche in altre parti del lungo corteo, sfilato come marea che sale per oltre sei chilometri.
All'interno dello spezzone organizzato dalle compagne e dai compagni di Vicenza con l'appoggio solidale degli anarchici federati, diverse le realtà del movimento libertario partecipanti alla scadenza: dal Comitato Unitario Contro Aviano 2000 allo Spazio autogestito Libera di Modena, dagli anarcosindacalisti dell'USI ai punx anarchici, dagli Squatter torinesi alla Federazione dei Comunisti Anarchici…
Alla vigilia della manifestazione, la locale questura aveva diramato un documento in cui si era tentato di seminare allarme e divisione, paventando imprecisati pericoli legati alla partecipazione "di attivisti del mondo antagonista, dell'anarchia e dell'autonomia"; ma l'opposizione popolare sa ormai riconoscere chi sta dalla stessa parte della sua barricata e chi no.

UN reporter

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