I giorni che hanno preceduto la manifestazione di Vicenza contro il
raddoppio della base americana di Ederle hanno offerto lo spettacolo di
un mondo dell'informazione compattamente al lavoro per spargere paura e
disinformazione. Lo spettacolo è stato indecente, ma istruttivo.
La tecnica è stata quella classica dell'associazione di fatti e
soggetti irrelati per costruire un'apparenza, totalmente falsa,
nonché quella di offrire servizi contenenti rivelazioni,
segreti, retroscena, il tutto inventato di sana pianta. L'esito della
manifestazione porterà gli stessi giornali a rivisitare
l'operazione disinformativa e terroristica, ma senza particolari
accenni di autocritica. Anzi. Ma andiamo con ordine.
"Br: un modello la lotta no-Tav", titolo alto in prima de La Stampa del
14 febbraio; a pag. 2 si legge che il giornale (semi)clandestino dei
neo BR si era occupato del movimento NO TAV con un articolo in cui si
giungeva alla "rivoluzionaria" ed "originale" conclusione che "Le
dinamiche di questa protesta popolare che ha spazzato via le barriere
istituzionali in modo spontaneo, hanno dimostrato che la lotta di
popolo può diventare autonoma ed incontrollabile". In effetti un
alieno, letto il titolo, potrebbe pensare che le Br intenderebbero
convertirsi ai metodi popolari e di massa dei NO TAV, ma naturalmente
l'intento del quotidiano torinese era esattamente l'opposto,
cioè quello di suggerire un'affinità tra brigatisti rossi
e valsusini.
Il giorno dopo, 15 febbraio, sia la Repubblica che La Stampa avevano lo
stesso titolo alto in prima: "Amato: allarme per Vicenza". Il ministro
dell'interno Amato era sceso in campo con un intervento alla Camera il
cui succo era: "A Vicenza si potrebbero saldare spezzoni di
ostilità nei confronti delle forze dell'ordine... Alla Camera
chiedo una solidarietà preventiva alle forze dell'ordine". Non
basta più la guerra preventiva: ora anche la solidarietà
preventiva ai celerini... Ma la Repubblica si scatena a pag. 2 e 3. A
pag. 3 "La manifestazione – Vicenza, drastica decisione del
prefetto. Gli organizzatori: speriamo che nessuno crei incidenti
– Chiusi negozi, scuole e musei la città aspetta e si
blinda – Cinquemila agenti mobilitati, ospedali in stato di
allerta". Per la serie: stanno arrivando gli unni, state a casa, ci
saranno botte e feriti... Ma a pagina 2, a firma Alberto Custodero
possiamo leggere un pezzo che andrebbe inquadrato, studiato alle scuole
di giornalismo, diffuso e commentato in rete: "Il retroscena –
Preoccupazione al Viminale per le aggressioni e gli attentati contro le
forze dell'ordine – "C'è clima di odio diffuso tra
antagonisti, ultrà, malavita": Questo il titolo. E dentro
c'è di tutto. La "campagna d'odio" (per usare un'espressione
cara a Berlusconi) nei confronti della polizia sarebbe iniziata subito
dopo i primi arresti di manifestanti del G8 di Genova "accusati di
devastazione e saccheggio della città" con una doppia bomba alla
questura di Genova e culminerebbe con l'allarme lanciato da Amato alla
Camera "preoccupato che a Vicenza, sabato, la manifestazione contro la
base Usa possa trasformarsi in un attacco alle forze dell'ordine
sferrato da antagonisti, ultrà e criminalità comune uniti
insieme 'nell'ostilità alla polizia'. Dai disordini di Catania
costati la vita ad un poliziotto, ai fischi dello stadio Olimpico
rivolti ai poliziotti, dalle "perquisizioni ai centri sociali del Nord
nell'ambito dell'inchiesta sulle nuove Bierre" ai processi ai black
bloc, oppure per la Diaz e Bolzaneto, tutto si lega. Ma adesso
arriviamo dove il nostro voleva arrivare. Aprite bene le orecchie: "La
lotta contro le grandi opere (Alta Velocità in Val Susa, tunnel
del Brennero, ponte sullo Stretto di Messina, e ora Dal Molin) è
stato il network attorno al quale si è creato quel "collegamento
razionale" fra antagonisti, ultrà e criminalità comune di
cui ha parlato in parlamento il ministro Amato. È stato proprio
in Val Susa, sui monti di Monpantero, nel cantiere dell'Alta
Velocità, che la protesta "No tav" contro le grandi opere
s'è per la prima volta trasformata in un movimento antiforze
dell'ordine, con gli sputi in faccia ai poliziotti. Il rischio che a
Vicenza si replichi questo modello già collaudato con successo a
Susa è ulteriore elemento di preoccupazione per il Viminale".
Non è uno scherzo: tutto nero su bianco. Quindi il vero timore
di Amato era un alluvione di sputi sui poliziotti e il pericolo che
Vicenza si trasformasse in una nuova Venezia? E poi la chiusa, dove si
mettono insieme anni '70, stella bierre sulla lapide che ricorda a
Genova l'uccisione del giudice Coco, bombe alla questura sempre di
Genova rivendicate dalla "Brigata 20 luglio" sigla che "s'è
subito dopo federata con la Fai, federazione anarchica informale, e che
ha firmato decine di attentati in tutta Italia". Un finale col botto,
verrebbe da dire...
Venerdì 16 febbraio La Stampa apre con "Mitra e pistole
nell'arsenale Br – I duri dei centri sociali: "A Vicenza daremo
la caccia ai poliziotti": caspita! Br, centri sociali, pistole, caccia,
poliziotti, Vicenza: lavorano di bulino i titolisti de La Stampa, dei
veri cesellatori... A pag. 7 un vero pezzo di giornalismo d'inchiesta a
firma Marco Neirotti. Il nostro, nel cuore della notte padovana,
"chiuso il centro sociale Gramigna, chiuso il Pedro", anziché
andare serenamente a dormire, non si arrende; riesce così a
"intercettare" tre "duri"dei centri sociali "per caso davanti a un bar
in un vicolo a dieci minuti dalla questura"… che culo!
Così il cronista può intrecciare brandelli di
"conversazione" con i tre duri che parlano solo di violenza cieca, di
"attacco al potere" e via in un crescendo delle solite associazioni
brigatisti+centri sociali+ecc. ecc. Fino all'ultima frase, che suona
come una campana a morto: "Domani si scatenerà un mondo buio".
La Repubblica a pag. 11 dà conto dei preparativi per la
manifestazione: "Gli organizzatori vietano i passamontagna e oltraggi
alle bandiere. Servizio d'ordine affidato alla CGIL – I no-base
avvertono i filo-Br "Uno slogan e sarete cacciati" – Paura per
l'arrivo degli anarco-insurrezionalisti": questi ultimi effettivamente
mancavano un po', negli ultimi giorni tirava di più il
brigatismo rosso. Ma la notizia era questa: "Il questore: "Sarà
una giornata pacifica, dalle notizie che abbiamo non ci saranno
scontri": oh bella, e allora tutta 'sta canea mediatica?
Effettivamente, la Repubblica del 17 febbraio, oltre che con l'appello
di Bertinotti alla "Assoluta non violenza al corteo" apre con un "Il
questore: temo incidenti": ma è lo stesso di ieri, ci chiediamo?
A pag. 3 campeggia un bel "L'allarme del questore: "Temo incidenti".
Ah, allora si sarà proprio sbagliato, ieri... Il fatto è
che se si legge il pezzo "dal nostro inviato" Enrico Bonerandi, si
scopre che il questore ha dichiarato: "Vedo più
tranquillità che a dicembre, quando peraltro non successe
nulla". Dato che con la tranquillità del questore non si
scaldano gli animi, il "nostro inviato" si vede costretto a glossare
l'ordinanza "di 16 pagine in cui analizza la situazione vicentina in
termini assai più foschi". Conclusione: "Insomma, siamo quasi
allo stato di guerra". Ah, ecco... Meno male...
Sempre sabato 17 febbraio, La Stampa apre con: "Vicenza, fuga dalla
città blindata", titolo con chiari echi cinematografici ed
apocalittici. Infatti a pag. 4 e 5 si fronteggiano, sotto l'eloquente
titolo "La protesta – tutti contro tutti", a pag. 4 il celerino
con didascalie sul suo equipaggiamento ed un articolo sulla natura
"umana" dello stesso, un "impiegato pubblico" come tanti; a pag. 5, un
figuro tutto nero con maschera antigas, tra i fumi dei lacrimogeni,
mentre sta per lanciare qualcosa: insomma, un piccolo black bloc, come
ci spiega a margine della foto la didascalia: "Black Bloc (sic)
Anarcoidi senza sede o struttura ma con forme di protesta violenta sono
facili da infiltrare". In effetti il titolo di pag. 5 è "Storia
d'Italia e d'infiltrati"...
Alla fine, la manifestazione è andata come tutti sanno. Benissimo.
La Stampa del 18 febbraio schiuma livore: "Bella marcia ma la base si
fa", apre in prima pagina. A pag. 31 Barbara Spinelli deve ammettere:
"I toni assai allarmati di Amato e Rutelli hanno contribuito a creare
connessioni che per ora esistono solo negli opuscoli neo-brigatisti".
La Repubblica, più furbetta, titola: "Vicenza sconfigge la
paura" e Giuseppe D'Avanzo a pag. 32 ammette: "Un clima di timore e di
angoscia è stato alla vigilia alimentato – anche
inconsapevolmente, anche spensieratamente, forse – da un pastone
opaco che metteva insieme notizie diverse ed emergenze diseguali". Ma
senti senti: lavora nello stesso giornale di Custodero? Ma come si fa a
dire "inconsapevolmente... spensieratamente"? Ed ancora: "Se guardiamo
indietro agli ultimi giorni, si può osservare come il governo
Prodi abbia ceduto alla tentazione di liberarsi della sfida lanciata da
Vicenza lavorando al registro dell'allarme sociale". Nell'opera si sono
particolarmente distinti il ministro di polizia Amato e il margherito
Rutelli. Che sopratutto il primo ci si sia messo a soffiare sul
fuoco... Stupisce chi? Le somme vanno tirate: "Chi è stato
invece a Vicenza ha potuto rendersi conto che nulla di quel che ha
agitato il dibattito pubblico per sette giorni era concreto e reale".
Bella frase, va ripetuta e ripetuta: "Nulla di quel che ha agitato il
dibattito pubblico per sette giorni era concreto e reale". Lo sapevamo
perfettamente, grazie. Succede sempre quando un movimento popolare si
emancipa da ogni tutela e cerca in autonomia la strada per il proprio
futuro. Nel mondo reale, anche prima della rivoluzione, Amato e la sua
banda di direttori e giornalisti diffusori di veline di questura si
dimetterebbero almeno per decenza. Ma nel mondo reale, appunto.
Il cronista