Umanità Nova, n.8 del 4 marzo 2007, anno 87

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Trapani: rogo al CPT

Il rogo divampato ieri notte all'interno del Centro di permanenza temporanea "Serraino Vulpitta" di Trapani ripropone in tutta la sua drammaticità le inaccettabili condizioni di vita in cui versano gli immigrati reclusi nonché la natura fortemente repressiva di queste strutture dalle quali le persone cercano sempre di scappare anche a rischio della vita.
L'ultima azione eclatante portata avanti dai migranti nel CPT di Trapani era stato lo sciopero della fame attuato tra le fine di dicembre e l'inizio di gennaio di quest'anno per rivendicare il diritto alla libertà e lanciare l'allarme sulle pessime condizioni di vivibilità del campo di internamento trapanese.
Quanto accaduto la scorsa notte torna a smentire le rassicurazioni della Commissione ministeriale sui CPT (che pochi mesi fa aveva visitato il "Serraino Vulpitta" e si era espressa in termini lusinghieri nei confronti della struttura detentiva) il cui rapporto conclusivo diffuso poche settimane fa conferma l'intento mistificatorio dell'attuale governo che, lungi dal chiudere i CPT, vorrebbe introdurre pretestuose distinzioni tra immigrati cui infliggere la detenzione e immigrati ai quali far vivere una condizione di libertà vigilata purché siano produttivi.
Per fortuna il rogo della scorsa notte non ha provocato vittime, ma non possiamo non ricordare che sette anni fa un episodio del genere portò alla morte di sei immigrati.
Non vogliamo che una cosa del genere accada ancora né a Trapani, né da nessun'altra parte.
I Centri di permanenza temporanea vanno chiusi immediatamente: tornano a chiederlo e a pretenderlo, ancora una volta, proprio gli immigrati.
Coordinamento per la Pace - Trapani

Massa: processo a 8 compagni

Martedì 20 febbraio, in tribunale a Massa, è cominciato ed è stato dopo pochi minuti rinviato al 15 maggio (a causa di un difetto di notifica rilevato dalla difesa), il processo contro 8 compagni anarchici massesi, versiliesi e spezzini "colpevoli" del reato di omesso preavviso di manifestazione in luogo pubblico. Tutto ebbe inizio il 3 luglio del 2004 a Marina di Massa quando, in occasione di un'esibizione delle frecce tricolori, decidemmo di esprimere in piazza il nostro NO a questo "spettacolo" ed al militarismo in tutte le sue espressioni. Come abbiamo scritto nel volantino diffuso nei giorni del processo, le "frecce tricolori sono quegli aerei che con il loro decollo e le loro piroette del cavolo bruciano in pochi minuti enormi quantità di denaro pubblico: quello che non si trova per i servizi sociali, per gli ospedali, per le pensioni, per le scuole pubbliche. Le frecce tricolori sono quegli aerei che spesso fanno la loro bella esibizione nei cieli del belpaese, guidati da piloti militari che, quando i superiori comandano, sono pronti a volare su altri paesi ed a sganciare bombe che provocano morte e distruzione. Le frecce tricolori sono il fiore all'occhiello dell'aeronautica italiana. Abbiamo letto e sentito questa frase ogni volta che questi costosissimi e inutili aggeggi volanti sono entrati in azione sopra le teste di chi, evidentemente, non ha di meglio da fare che stare a guardare a bocca aperta quattro stronzi che volano...". Contro le fecce tricolori e contro la politica governativa fatta di spese militari in continuo aumento, di interventi neocoloniali fuori e sempre più controllo sociale interno, quel giorno d'estate uscimmo dal silenzio con un volantinaggio massiccio ed uno striscione che in poche parole riassumeva il nostro sentire: "Bombe sull'Iraq e sui civili durante la settimana, acrobazie il sabato". Per questa iniziativa antimilitarista ci vennero recapitati in seguito dodici decreti penali di condanna (più di 600 euro a testa!) a cui in 8 abbiamo fatto opposizione e così, oggi, veniamo processati. Ribadendo il rifiuto e l'opposizione al marciume e alla retorica militarista e patriottarda, sono necessarie alcune considerazioni sulla questione della libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. Per esprimerti e dire semplicemente la tua su qualunque questione (in questo caso un volantinaggio contro le frecce tricolori, ma può essere un presidio contro un licenziamento sul lavoro o contro la guerra etc.etc.), devi darne preventivo avviso all'Autorità di Pubblica Sicurezza, che può, eventualmente, impedire lo svolgimento dell'iniziativa. Si tratta di una legge risalente al ventennio fascista e rimasta in vigore anche con l'avvento della Repubblica. Evidentemente coloro che detengono il potere non possono fare a meno di controllare, schedare, reprimere chi (gruppo, movimento o semplice individuo che sia) agisce, protesta, lotta autonomamente, spontaneamente, senza tutori ed appoggi istituzionali. Davanti a questa realtà è quindi importante affermare, con la pratica, che nessuna legge e nessun tribunale può fermare la libertà di espressione e di manifestazione.
Uno degli 8

Torino: continua il processo agli antifascisti

Nell'aula 3 del Pala(in)giustizia di Torino prosegue la sfilata di poliziotti al processo che vede alla sbarra 10 antifascisti torinesi, rei di aver partecipato, il 18 giugno del 2005, ad un corteo caricato dalla forze del disordine statale. La manifestazione era la risposta di piazza all'incursione notturna della settimana precedente all'interno della casa occupata "Barocchio", dove, nella notte tra il 10 e l'11 giugno, una squadraccia fascista si era introdotta ferendo a coltellate due occupanti. Uno dei due, colpito all'intestino da un fendente, venne operato d'urgenza. Solo per caso non ci scappò il morto. Il castello accusatorio che il PM Tatatngelo ha montato nei confronti di 10 antifascisti è particolarmente grave, poiché l'accusa orchestrata dall'accorto PM è quella di "devastazione e saccheggio", un'accusa che, codice alla mano, vale dagli 8 ai 15 anni di reclusione. I vari testi che si sono susseguiti hanno confermato le loro accuse nei confronti degli antifascisti alla sbarra, insistendo in modo particolare sul ruolo del compagno Tobia Imperato, descritto come "guida" nel confronto con la polizia sfociato poi nella carica finale. Altri poliziotti hanno invece dichiarato che i due compagni arrestati immediatamente dopo l'inizio della carica erano armati e pronti a colpire. Di uno dei due, Silvio, hanno dichiarato che avesse un giunto in tasca e lo stesse scagliando contro le forze del disordine statale, di un altro, Massimiliano, i testi D'Angelo e Maestro avrebbero dichiarato che brandiva un robusto tubo metallico sì che sarebbero stati necessari due uomini per immobilizzarlo. A Torino l'espressione "vedere un tubo" significa non vedere niente: evidentemente il digos D'Angelo a forza di "vedere un tubo" ha cominciato ad avere delle visioni.
La prossima udienza è fissata per il 24 aprile.
Euf.

Torino: Pietro Ferrero è con noi

Il 24 febbraio i fascisti di Fiamma Tricolore avevano annunciato un corteo contro la politica economica del governo. I tricolorati avevano detto che sarebbero partiti da piazza XVIII dicembre e, dopo un corteo di qualche centinaio di metri, avrebbero concluso la manifestazione con un comizio del loro segretario, Romagnoli, nei giardini di piazza Lamarmora. Il corteo di Fiamma doveva partire proprio nei pressi della targa che ricorda i martiri della Camera del lavoro, uccisi dai fascisti di Brandimarte il 18 dicembre del 1922. Tra loro Pietro Ferrero, anarchico, segretario della Fiom e della Camera del lavoro, torturato a morte dai fascisti.
In seguito alle pressioni di varie forze istituzionali della sinistra la questura ha negato la piazza ai fascisti, facendoli radunare circa un centinaio di metri più indietro, in corso Bolzano, nei pressi della Questura, per poi proseguire sino a piazza Lamarmora.
Nella notte di giovedì nella piazza XVIII dicembre, nella zona di concentramento dei fasci e ai giardini Lamarmora sono comparse varie scritte firmate FAI oppure A cerchiata (Torino è antifascista, fasci appesi, fasci al rogo, fasci merde, Pietro Ferrero vive).
L'"assemblea antifascista" (autonomi, post disobbedienti, giovani comunisti...) aveva indetto per venerdì 23 un presidio/conferenza stampa in piazza XVIII dicembre cui hanno preso parte circa 30 persone. In serata con quello che il quotidiano "La Stampa" ha definito un "blitz degli squatter" piazza Lamarmora veniva occupata a sorpresa dagli anarchici, che montavano un gazebo e stendevano uno striscione con la scritta "Torino è antifascista - Pietro Ferrero è con noi". Il presidio, animato soprattutto degli squatter, andava avanti per l'intera nottata: da segnalare la "strana" assenza delle forze del disordine statale, che si limitavano a identificare quelli che si allontanavano. Forse il questore sperava che i fascisti facessero loro il lavoro sporco: niente di nuovo nella storia dei rapporti tra fascisti e questura. Poiché i fasci non hanno fatto il favore di levare loro le castagne dal fuoco alle 8 e trenta del mattina la polizia in assetto antisommossa ha circondato la ventina di anarchici presenti al presidio intimando lo sgombero e rovesciando il banchetto dei libri. Alle 9 del mattino lo sgombero era finito.
Nel pomeriggio l'assemblea antifascista aveva dato appuntamento in piazza Statuto. Questa piazza è a qualche centinaio di metri da piazza XVIII dicembre. La quale a sua volta è a qualche centinaio di metri dal punto di concentramento dei Fiamma Tricolorati. Difficile dire quanti fossero i fascisti: secondo alcune testimonianze e secondo La Stampa sarebbero stati circa un migliaio, secondo altre testimonianze e sulla base dei commenti delusi sui loro forum, molti meno.
In piazza Statuto, poco dopo le 15 la polizia effettuava una breve carica, distribuendo qualche manganellata, per respingere dentro la piazza qualche decina di persone che si era spostata in via Garibaldi. Dal microfono gli autonomi facevano proclami altisonanti con i quali dichiaravano che i fascisti non avrebbero sfilato per il centro e che invece gli antifascisti lo avrebbero fatto comunque.
In realtà, come sarà ben presto chiaro, i fascisti si indirizzeranno verso la Crocetta per finire il corteo con un comizio davanti all'Unione Industriali.
In piazza Statuto le tensione era alta, poiché i più ritenevano che il corteo sarebbe stato impedito dalla polizia: in realtà un consigliere regionale di Rifondazione aveva trattato con la questura il corteo antifascista in modo che partisse dopo che i fascisti si erano allontanati in direzione opposta. Intorno alle 17 un corteo di diverse centinaia di persone parte e, dopo aver a lungo circumnavigato il centro, si dirige verso via Po, supera piazza Lamarmora e si conclude in piazza Arbarello.
cronista

Carrara liberata: i fascisti non entrano in piazza

Come già segnalato sabato 24 scorso i fascisti si erano dati appuntamento a Carrara per svolgere una manifestazione regionale dal significativo titolo "Liberiamo Carrara", manifestazione che nelle intenzioni avrebbe dovuto partire dalla centralissima piazza Matteotti ma che loro, non si capisce per quale motivo, si ostinano a chiamare piazza Farini, proprio sotto la sede del Germinal, per poi attraversare in corteo le vie del centro.
Chiara quindi la provocazione nei nostri confronti.
Con i compagni della zona è stato deciso di mantenere la sede come punto di riferimento della giornata, ed è per questo motivo che il Germinal è rimasto aperto fin dalle dieci di mattina.
È stato deciso di non organizzare ufficialmente alcuna contromanifestazione, ma di affidarsi al passaparola tra compagni dato che le altre forze politiche di sinistra, Rifondazione in testa, si sono ben guardate di prendere una qualsiasi posizione riguardo alla giornata.
Così in una città blindata da polizia e carabinieri, erano anni che non se ne vedevano tanti, il tamtam inizia a funzionare, all'inizio siamo una ventina, poi cinquanta, cento verso le quattro.
Dalle finestre della sede viene esposto uno striscione con su scritto "che fine ha fatto Matteotti?" riferito sia al martire socialista, che al nome della piazza, che alle illustri assenze degli antifascisti istituzionali: a Carrara si usa come modo di dire ad indicare una persona di difficile reperibilità... le trombe del primo maggio iniziano ad intonare i nostri canti e piano piano Carrara inizia a rispondere all'appello.
Alla fine circa quattrocento persone vigilano affinché i fascisti non entrino in piazza, e così è: si presentano infiocchettati di tricolori e abbondantemente scortati dalla polizia sotto la galleria che dalla piazza del Comune porta in piazza Matteotti e li resteranno sempre meno convinti per circa un ora soverchiati dai compagni finché con la coda tra le gambe torneranno indietro sempre scortati come bravi scolaretti in gita.
La loro grande manifestazione si risolve con una passeggiata al coperto di venti metri in totale.
Stamani i giornali titolano di tensione in piazza, scene da anni settanta , qualcuno inorridisce per una bottiglia di birra gentilmente offerta da un compagno in maniera forse poco ortodossa... ma anche gli smemorati bugiardelli locali sono tornati a chiamare la piazza inviolata Giacomo Matteotti, anzi che Farini come nei giorni scorsi.
dielle

Bologna: manifestazione dei migranti

Il 24 febbraio circa 500 persone, in massima parte "stranieri extracomunitari", hanno sfilato da piazza XX Settembre fino alla prefettura di Bologna, facendo tappa all'INPS, alla CISL, alla CGIL. La manifestazione era stata organizzata dal Coordinamento Migranti di Bologna e provincia con l'adesione delle associazioni migranti e antirazziste.
Il palazzo del governo come quello dei sindacati concertativi erano segnalati come sedi di chi specula sulle, e sfrutta le, condizioni di sottomissione degli immigrati volute dalla legislazione razzista dei governi di centro-sinistra-destra.
La manifestazione ha avuto una buona riuscita se si tiene conto della "guerra aperta" che ha fatto la CGIL (segnatamente l'ufficio stranieri) per impedirla; dimostrando la capacità di autonomia e di autorganizzazione di centinaia di lavoratori immigrati.
Una nota, diffusa in serata, a firma dell'Unione Sindacale Italiana e della Federazione Anarchica Italina (entrambe di Bologna), sottolinea la solidarietà (già espressa anche dalla commissione antirazzista della FAI) degli anarchici e dei libertari alle lotte per l'emancipazione del proletariato immigrato, incitando i migranti a proseguire sulla strada dell'autonomia e dell'autoorganizzazione.
Una bella premessa per la buona riuscita della manifestazione che si svolgerà sabato prossimo, 3 marzo, contro i CPT.
redb

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