La natura devastatrice del capitalismo sta per manifestarsi ancora una
volta in Sicilia, più precisamente nella Val di Noto, nella zona
sudorientale a metà tra le province di Siracusa e Ragusa. Sembra
infatti che la compagnia petrolifera statunitense Panther Oil sia in
procinto di iniziare le trivellazioni alla ricerca del greggio in un
progetto faraonico che comporterebbe la distruzione di uno degli angoli
più importanti dell'isola da un punto di vista ambientale,
paesaggistico e culturale.
Tutto ebbe inizio nel 2000 con la legge regionale n. 14/2000 che
recepì la direttiva comunitaria 94/22/CE del parlamento europeo
«relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle
autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi». Successivamente, un disciplinare della Regione
siciliana, frutto di un accordo con l'Assessorato all'industria, diede
carta bianca alle compagnie petrolifere di operare in modo quasi
incontrastato sul territorio della Val di Noto. Da allora diverse
multinazionali hanno messo piede in Sicilia per le ottime condizioni
determinate da questo nuovo quadro normativo.
Dopo una richiesta di permessi da parte di quattro compagnie
petrolifere, l'allora assessore all'industria, Marina Noè,
firmò nel marzo 2004 quattro decreti che diedero il via libera
alla «ricerca e all'estrazione di idrocarburi gassosi e
liquidi» in tutta la Sicilia orientale ad altrettante compagnie
petrolifere (Eni, Sarcis, Edison e Panther Resources) e nelle quattro
province di Catania, Siracusa, Ragusa ed Enna.
Dalla premessa del disciplinare si leggeva che «la concessione
comprende anche il diritto a costruire, esercire e mantenere un
sistema, parziale o completo, di serbatoi e di condotte. [...] Tale
sistema può comprendere, fra l'altro, le stazioni di spinta
iniziale o intermedie e i relativi serbatoi, macchinari annessi, le
condotte principali e secondarie». In pratica, la
possibilità di trasformare la Val di Noto in un enorme complesso
estrattivo gas-petrolifero, per un totale di 1603 kmq pari al 6,2%
dell'intero territorio regionale.
Agli albori della vicenda, i sindaci dei comuni della Val di Noto si
limitarono ad affiggere un avviso all'albo pretorio e così, nei
60 giorni previsti dalla legge per eventuali reclami, la cittadinanza
non fu mai adeguatamente informata.
Nel gennaio 2005 nacque il Comitato contro le trivellazioni promosso
dagli operatori turistici della zona, dalle associazioni ambientaliste,
cittadini, politici e singoli rappresentanti della classe politica
siciliana. Il comitato cominciò a sollevare la questione di
incompatibilità delle iniziative estrattive con il modello
turistico-agricolo che il territorio si era dato e dei gravi guasti
ambientali prodotti inevitabilmente dallo sfruttamento dei giacimenti
gas-petroliferi.
Tra l'aprile e il dicembre 2005 si è combattuta una battaglia a
suon di documenti politici firmati da sindaci ed enti locali per
fermare la devastazione e che si è espressa su un piano
meramente legale fatto di carte bollate e ricorsi al Tar prodotti
più o meno trasversalmente dal ceto politico regionale per
tentare di ostacolare il progetto delle trivellazioni petrolifere in
Val di Noto.
L'Assemblea della regione siciliana (a maggioranza di centrodestra)
è sempre riuscita a cavarsela con una certa disinvoltura
bocciando tutte le iniziative politico-burocratiche volte a rallentare
(se non proprio a impedire) l'inizio dei lavori. Ovviamente, il
parlamento siciliano non ha fatto altro che esercitare il proprio
potere istituzionale giocando sui numeri e facendo leva anche
sull'acquiescenza di esponenti locali di centrosinistra che, come l'ex
sindaco di Ragusa Solarino, non hanno esitato a concedere le
autorizzazioni comunali previste per iniziare le trivellazioni.
All'inizio del 2006, la mobilitazione istituzionale (se così si
può definire) è cresciuta con la sottoscrizione di una
mozione antitrivellazioni cofirmata dai più importanti comuni
della Val di Noto ai quali si è poi aggiunta la Provincia
regionale di Siracusa. Ovviamente la lotta si è espressa ancora
a suon di carte bollate, ricorsi al Tar e mobilitazioni di avvocati.
Oggi il problema è divenuto urgente poiché uomini della
Panther Oil si sono recati in quell'area per avviare le loro
attività chiedendo ad alcuni proprietari di cedere porzioni di
terreni di 0,6 ettari per impiantare i loro cantieri a 4 Km da Noto e
l'inizio dei lavori potrebbe non tardare ad arrivare. Proprio per
questo il Comitato NoTriv ha lanciato una manifestazione prevista per
il 17 marzo per esprimere un segnale di contrarietà alle manovre
speculative legate all'estrazione del petrolio nella zona. È
possibile consultare i materiali fin qui prodotti dal Comitato e gli
aggiornamenti sulle prossime iniziative cliccando sul sito www.notriv.it
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