Umanità Nova, n.10 del 18 marzo 2007, anno 87

Afganistan: il giornalista rapito
Il valore della vita


Giovedì 8 marzo, il quotidiano la Repubblica ha pubblicato l'appello redatto dal Committee to protect journalist che chiede la liberazione immediata del giornalista, a quanto sembra rapito dai Talebani, Daniele Mastrogiacomo: "È solo un reporter, liberatelo subito". Naturalmente speriamo anche noi nella sua liberazione, ma non come reporter o giornalista, ma semplicemente come essere umano. Perché, in realtà, nessuna professione è soltanto una professione e, il giornalismo, in particolare può essere, come a lunghe volte lo è Stato (basti qui ricordare il caso di Soledad e Baleno), un'arma e tra le più micidiali. Dire quindi che uno è solo un giornalista o un reporter non fa di lui o di lei un presunto innocente, ma costituisce il più delle volte un'aggravante, tanto più per un giornale, come "la Repubblica" che ha sempre sostenuto le missioni di guerra a cui ancora una volta l'Italia si trova ad attendere nel quadro dell'imperialismo internazionale. Il direttore di "La Repubblica" Ezio Mauro, scriveva ieri, 7 marzo, nel suo editoriale: "Davanti a un uomo inerme nelle mani dei guerriglieri, armato solo della sua penna e di un taccuino, sentiamo tutti ancora una volta – noi in più con l'angoscia per un amico la sproporzione tra le contraddizioni di una guerra e il destino di una persona. Nel ricatto di quel sequestro, c'è lo spazio intero della nostra libertà e della nostra sovranità, dunque dell'autonomia della politica occidentale e delle sue scelte."
Mi spiace signor Ezio Mauro, ma dietro quel rapimento c'è il ricatto di una guerra bestiale promossa e voluta dagli Stati Uniti e sostenuta da tutti gli eserciti occidentali per combattere, ma qui ci credete solo voi, quel terrorismo che lo stesso Occidente ha usato per i suoi fini. Lei, come i suoi colleghi sanno, il pretesto della guerra è stato l'11 settembre, giornata funesta alla quale come Lei e i Suoi colleghi ben sanno, hanno partecipato diverse nazionalità, di cui la più numerosa era composta dagli amici occidentali, i sauditi, e, come sapete altrettanto bene, nessuna delle "nazioni" implicate nell'11 settembre è stata colpita dalla vendetta americana. La guerra al terrorismo è un pretesto e chi si occupa, non in maniera ipocrita, di pace lo sa da tempo.
Lei parla di sovranità occidentale, ma cosa vuol dire sovranità nel caso di occupazione manu militari di terre, risorse, governi, se non un nuovo colonialismo guerrafondaio? E l'angoscia per le migliaia di morti afgani, bambini, donne, uomini, vecchi (di cui solo una trentina solo qualche giorno fa) desta solo la misera preoccupazione di comandanti navigati come il ministro d'Alema?
Suvvia siamo sinceri: per voi le vite umane contano in maniera diversa, radicalmente diversa: qui valgono oro, là sterco. Per i "nostri" ci indigniamo, ci mobilitiamo, anche fosse soltanto uno, là non varrebbero un milione di morti per destare le Vostre comode coscienze.
Come Le ripeto spero che Daniele Mastrogiacomo venga liberato, al più presto, ma spero che altrettanto presto liberiate quelle popolazioni dal vostro terrore, dalla vostra presunzione, dal vostro disprezzo. 

Pietro Stara

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