Umanità Nova, n.10 del 18 marzo 2007, anno 87

Torino
Bombe, immondizia, chiacchiere e manganello


In un'intervista al quotidiano La Stampa del 12 marzo il sindaco di Torino, Chiamparino, si lamenta della scarsa attenzione del governo verso la città della Mole. La scelta di Milano come sede dell'Expo, l'invio di rinforzi di polizia nel capoluogo lombardo sono un segnale che preoccupa il sindaco "vetrinista" del capoluogo piemontese. Non manca neppure la stoccata sul Tav, entrato nell'agenda di Prodi solo dopo la crisi di governo e la stretta a destra.
Nell'intervista a "La Stampa" si condensano tutti i motivi chiave della Torino in versione Chiampa: grandi opere con contorno di cantieri a go go, ordine pubblico e eventi-vetrina. Cemento, manganello e circo. Una sintesi inedita che, almeno sul piano elettorale, pare funzionare. Sergio è il sindaco più votato dai tempi del piccista Novelli, detto "crisantemo" per la spiccata attitudine a piangere sui mali del mondo. Se Novelli incarnava il modello della sinistra dal volto umano, populista e socialdemocratica, Chiamparino è l'immagine della sinistra legge e ordine, quella che alla fine degli anni '70 si faceva le ossa distribuendo in città questionari che spingevano alla delazione nei confronti di tutti coloro che, per stili di vita, fossero sospetti di simpatie per la lotta armata. Di quell'epoca il buon Sergio non si è certo scordato, vista la verve con la quale ha stigmatizzato una serata con il reduce Scalzone in un centro sociale torinese. Vien da chiedersi come mai la stessa verve non l'abbia mostrata per il corteo di Fiamma Tricolore svoltosi a Torino il 24 febbraio.

La sindrome securitaria
Il buon Chiampa, dopo la sconfitta sull'Expo e i guai che gli stanno procurando quei piantagrane dei No Tav, sta puntando su legge e ordine. Non pago delle grandi pulizie fatte in occasione delle olimpiadi continua a puntare su politiche di stampo disciplinare.
A Torino, alla faccia delle mille vetrine che ne segnano lo spazio, si vive di merda: si fa fatica ad arrivare alla fine del mese, il lavoro, quando c'è, è precario, migrante, in affitto. E continua ad ammazzare. Le statistiche lo dicono chiaro: in questa città, come nel resto d'Italia, i morti di lavoro superano di gran lunga le vittime della criminalità. La sindrome securitaria nutrita di paure reali o sapientemente costruite pervade l'immaginario sociale e accresce il consenso intorno ai piccoli sceriffi urbani che, trasversalmente a destra come a sinistra, fanno leva sui mostri che contribuiscono ad creare. L'insicurezza reale, quella fatta di lavoro che non c'è e di servizi che non ci sono o costano, scompare di fronte ai mille fantasmi sapientemente evocati da politici e media.
Chiamparino in fondo non è che la punta di un iceberg securitario che ghiaccia questa città stringendola in una morsa di paura e polizia.
Significativo il mostruoso dispositivo politico – mediatico scatenatosi dopo l'ultima "impresa" della cosiddetta FAI informale che, nella notte tra il 4 e il 5 marzo, ha fatto saltare tre cassonetti nell'immondizia alla Crocetta, non però nella elegante zona delle villette, chiusa al traffico e piena di telecamere, ma nella parte più popolare a due passi dal mercato, dove gli appartamenti dei palazzi sono dignitosi ma certo non lussuosi.
Il fracasso su Tv e giornali ha raggiunto il suo apice dopo il recapito di una "rivendicazione" ai quotidiani cittadini. In perfetto stile mammasantissima promettono di colpire di giorno, di uccidere a caso gli abitanti del quartiere, se il CPT di corso Brunelleschi non dovesse chiudere. Torino non è Baghdad e la bomba mediatica esplode in tutta la sua violenza.
Le locandine dei quotidiani locali strillano a piena voce che la "Federazione anarchica" minaccia di colpire, il Tg 3 apre allo stesso modo, i vari cronachisti partono con il consueto rosario di collegamenti, illazioni, criminalizzazioni. Alla rivendicazione si accompagna un documento che la stampa utilizza per infinite congetture.
Come avvenuto poche settimane prima, in occasione dell'arresto di 15 presunti BR, questa vicenda diviene l'occasione per scatenare un'offensiva nei confronti dei movimenti che si oppongono alla guerra, alle leggi razziste e ai Cpt, alla devastazione ambientale.
Ma non solo. Stampa e Torino Cronaca si spingono oltre, arrivando ad indicare con tanto di nomi e cognomi i presunti appartenenti alla congrega degli "informali" piemontesi. Inchiesta, processo e sentenza: manca solo l'esecuzione della condanna.

Dalla farsa alla tragedia?
Una farsa di cattivo gusto minaccia di trasformarsi in tragedia. Se anche le minacce "informali" dovessero restare su carta resta il fatto i vari sceriffi d'Italia non potrebbero chiedere di meglio dello spauracchio dell'anarchico bombarolo e crudele, che colpisce indiscriminatamente chi avesse la sventura di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una bella iniezione di carburante nel motore sempre acceso della paura. Per quel che mi riguarda non posso che osservare che paura e terrore ben si addicono a chi comanda, ben poco a chi, da anarchico, vorrebbe distruggere il dominio nelle sue fondamenta simboliche e reali. Il terrore e la paura sono strumenti dello Stato, di tutti gli stati, o di chi, Stato vuol farsi. Minacciare e, non accada mai, realizzare stragi indiscriminate, colpendo a caso, è pratica tipica del dominio, non certo di chi lo combatte.
Tutta questa "immondizia" sparsa in giro non può che far incazzare chi a Torino vive e da anni ha contribuito a costruire la FAI – la Federazione Anarchica Italiana, poiché nel fumo mediatico e propagandistico tutto si confonde e, certo, chi utilizza un acrostico uguale, gode della confusione e spera nel ridicolo. Pare indubbio che chi tanto si accanisce con i cassonetti per poter meglio far esplodere le proprie "bombe di carta", rivendicazioni e documenti, che altrimenti passerebbero nel silenzio che meritano, sa condurre con abilità il proprio gioco mediatico, utilizzando i cliché stantii ma consolidati con cui il pennello giornalistico è solito raffigurare gli anarchici. I media e i politici ci descrivono come demoni feroci o ingenui utopisti, a seconda della convenienza del momento. Di volta in volta troppo buoni o troppo cattivi gli anarchici spariscono nella loro concretezza politica e sociale per divenire maschere nel teatrino dei media.
Questa mondezza offre il destro ad un attacco agli anarchici e, con loro, ai movimenti di opposizione, agli uomini ed alle donne che, senza se e senza ma, si oppongono alla guerra, al militarismo, alla predazione e distruzione dell'ambiente, alla pretesa autoritaria di imporre scelte non condivise su temi fondamentali per la vita ed il futuro di intere popolazioni.
Sappiamo che i meccanismi repressivi non hanno certo bisogno di pretesti per scatenarsi: lo dimostrano le migliaia di procedimenti penali che investono tutti coloro che si oppongono alle politiche governative ed all'ordine gerarchico e predatorio in cui siamo forzati a vivere. Ma sappiamo anche che la repressione non fa paura a chi lotta e i vari tentativi criminalizzazione delle aree non istituzionali non sono mai riusciti a scalfire movimenti solidi come quello contro il Tav. L'ennesima emergenza terrorismo mira a riuscire dove le campagne repressive sono sinora fallite: spaccare l'opposizione sociale. Si punta a mettere in difficoltà movimenti che, nei momenti più alti, come nel dicembre 2005 in Val Susa, hanno saputo ribellarsi insorgendo contro la violenza dello stato. Il terreno pare fertile per provocazioni e montature: purtroppo la lunga teoria di stragi che ha insanguinato questo paese lo dimostra sin troppo bene.
In questo paese stanno crescendo movimenti autogestiti, capaci di autonomia, che sanno portare l'agenda politica fuori dai palazzi, nelle strade e nelle piazze, dando voce a chi non ce l'ha, assumendo in prima persona la facoltà di decidere.
Spaccare questi movimenti è per il governo una priorità, poiché solo dividendo può sperare di creare i presupposti per un'imposizione "morbida" di scelte di guerra, devastazione ambientale, perpetuazione di politiche razziste e discriminatorie.

Torino nonostante gli arredi e le luci sprofonda sempre più nell'opacità Chiamparinesca.
Il Cpt di corso Brunelleschi venne aperto nel '99, quando un governo guidato dall'attuale ministro degli esteri, l'ineffabile D'Alema, scatenava una tempesta di bombe e fuoco sulle popolazioni della Serbia e del Kosovo. Terrore di Stato con la benedizione dell'ONU.
La lotta contro questa prigione per migranti, vanto del capoluogo piemontese per l'efficienza nel sedare le rivolte e per la rapidità delle deportazioni, non si è mai fermata. Dall'estate scorsa sono in corso lavori per il suo raddoppio, alla faccia delle dichiarazioni di qualche sinistra anima bella in giacca ministeriale che ne auspica il "superamento". L'immondizia sparsa alla Crocetta non fa che rendere invisibili il lager e le deportazioni quotidiane. Le ragioni di chi lotta contro leggi e istituzioni razziste restano sullo sfondo di fronte al fracasso dell'ennesima "emergenza" terrorismo. Ne consegue che il terrorismo, quello dello stato che incarcera ed espelle, viene completamente occultato.
Intanto Chiampa, sulla Stampa, si lagna perché Prodi manda più sbirri a Milano che a Torino.

Maria Matteo

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