Umanità Nova, n.11 del 25 marzo 2007, anno 87

Il fantasma del lavoro
Il conflitto sociale nel tritacarne del governo "amico"


Il conflitto sociale continua ad essere il grande assente del dibattito politico, al cui centro stanno gli equilibri interni alla maggioranza di governo, la riforma elettorale, la politica estera, l'assenza di laicità dello stato. Non stupisce che questo governo metta la sordina alle tensioni che percorrono una società che si impoverisce come la nostra. Infatti, le formazioni politiche che lo compongono hanno forti radici nelle tre confederazioni CGIL-CISL-UIL, che costituiscono per molti non solo un retroterra di esperienza, ma pure bacino elettorale. Tanto comune nell'Unione il passaggio dal politico al sindacale e viceversa che Bertinotti e Marini a capo di Camera e Senato sono la miglior icona del governo stesso, assieme al ministro del lavoro Damiano, sindacalista e politico DS a tutto tondo.
Il conflitto sociale dove scoppia, come nei call center l'anno scorso, va smorzato e silenziato, arrivando ad approvare norme salvapadroni in legge finanziaria per svuotare i verbali degli ispettori dello stesso Ministero del lavoro che imponevano centinaia di assunzioni a tempo indeterminato di precari: grazie ad un accordo sindacale, i lavoratori co.co.co. e co.co.pro. potranno essere assunti a termine rinunciando ad una causa di lavoro al termine della quale avrebbero potuto essere assunti a tempo indeterminato: la certezza di un accordo al ribasso a fronte dell'alea di una causa per l'obiettivo massimo.
Interessante che l'intervento legislativo arrivi in soccorso di chi usa ed ha usato a piene mani del lavoro interinale e dei co.co.co. del Pacchetto Treu (L. 196/97) e delle tante forme di contratti flessibili e precari della Legge Biagi (L. 30/03), nel momento in cui viene colpito da accertamenti degli stessi apparati dello stato (Ispettorato del lavoro). Ed è il ministro-sindacalista Damiano che si fa promotore dell'inserimento di un certo comma tra le centinaia e centinaia di norme della finanziaria in modo da consentire a CGIL-CISL-UIL di recuperare, grazie ad accordi nazionali, quel terreno che avevano perduto per le lotte dei lavoratori che si erano emancipati per un attimo dalla loro "tutela e protezione".
Il fenomeno che si è verificato è un cortocircuito tutto interno all'ordinamento giuridico e alle istituzioni: la precarietà fatta norma viene smascherata da un soggetto istituzionale (Ispettorato), ma un altro soggetto istituzionale (Ministero, cui il primo fa pure capo) modifica il quadro normativo per riprendere il controllo della situazione che la lotta dal basso dei lavoratori aveva fatto implodere, denudando lo stato di fatto, l'esercizio del puro comando di impresa, alla base delle norme gabellate per "modernizzatrici" del mercato del lavoro: il citato Pacchetto Treu e la Legge Biagi.
Se così vanno le cose, non solo ora, ma sempre, uccidere un professore di diritto del lavoro, come accadde con Dantona, consigliere del ministro del lavoro Bassolino, o lo stesso Biagi, ispiratore del c.d. Libro Bianco sul mercato del lavoro da cui si materializzò poi la Legge 30/03, serve solo a dare la patente del martirio a cattive idee strumentali a ratificare la riconquistata supremazia del capitale sul lavoro. Giacché il diritto è sempre postumo e sancisce un riassetto dei rapporti di forza tra attori sociali. È per la debolezza dei lavoratori che certe norme sono state approvate; non sono state le norme ad indebolire i lavoratori, piuttosto il contrario.
Così, simbolicamente, il vuoto, l'assenza di conflitto sociale, trova nella morte di chi velò con norme giuridiche l'assenza stessa, uno specchio in cui il nulla rimanda il nulla, eternizza l'astrazione del lavoro vivo in capitale. Ridare vita al conflitto o riconsegnare il conflitto alla vita impone di rompere la gabbia della norma giuridica che si presenta al lavoro vivo come unico orizzonte, svelando il conflitto tra lavoro e capitale che il conflitto tra norme vuole immunizzare e obliare.

W.B.

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