Ci deve essere qualcosa di più nella pervicacia con la quale la
gerarchia cattolica, sotto la poderosa spinta di Ratzinger, sta
sottoponendo il popolo dei credenti, e dei suoi politici di
riferimento, a un bombardamento morale che non si è visto
neanche a Lipsia nell'ultima guerra. Sulle questioni cosiddette etiche
- difesa della famiglia e del matrimonio, limitazione della
fecondazione assistita, condanna dell'omosessualità, eutanasia,
sacralizzazione del feto con funerale religioso, ecc. – si sta
infatti verificando una sorta di accanimento terapeutico con il quale
le gerarchie romane cercano di salvare il salvabile di un pensare
collettivo che sempre più mostra di sottrarsi ai suoi dettami
retrivi e punitivi. E ci deve essere qualcosa di più anche nel
fatto che la Chiesa romana, per riaffermare la sacralità di un
sacramento sempre meno celebrato dai suoi stessi fedeli, stia giocando
in Italia la partita più dura, schierando la squadra migliore,
come se la salvezza morale di una provenzale o di un andaluso avesse
minore rilevanza che non quella di un calabrese o di una veneta. Pare
chiaro, infatti, che negli altri paesi a forte maggioranza cattolica
(Spagna e Francia soprattutto) tale battaglia non abbia fatto
registrare i toni ultimativi che registriamo oggi da noi.
Evidentemente ci deve essere qualcosa d'altro, qualcosa che coincide,
forse non casualmente, con la fine del ventennale mandato di Ruini alla
guida dei vescovi italiani e con il conseguente cambiamento della
strategia con la quale il Vaticano cerca di mantenere il suo secolare
controllo sul paese. Se infatti Ruini aveva teorizzato, e soprattutto
realizzato, la fine dell'esperienza del partito unico dei cattolici,
con il loro spalmamento in tutti i partiti, nessuno escluso, oggi
questa strategia, avendo raggiunto gli obiettivi che si era proposta,
pare giunta al punto finale. Se, infatti, in questi anni di sostanziale
transizione e rimescolamento delle carte del potere, la diaspora
cattolica ha fatto sì che in ogni partito, dal più
piccolo al più grande, il dettato papale e il magistero vaticano
trovassero una rispondenza più concreta ed efficace che non se
si fosse rimasti al vecchio partito unico, ormai i frutti che si
potevano raccogliere sono stati raccolti tutti, per cui si rende
nuovamente attuale un cambiamento di strategia che preveda la rinascita
del partito unico dei cattolici. Insomma, dopo una breve illusione,
torneremo davvero tutti a morire democristiani!?!
A interrogarsi su questa ipotesi alcune considerazioni.
La prima, che il posizionamento al centro della politica italiana con
la rimessa in discussione del bipolarismo potrà anche non
verificarsi – o almeno così vuole, al momento, la
Confindustria - ma è certo che per questo obiettivo stanno
premendo molte delle componenti cattoliche nei vari partiti. Una
strategia ancora in divenire, dunque, ma che potrebbe permettere la
pesante ingerenza del Vaticano su alcune fra le più decisive
tematiche civili e sociali del nostro paese.
La seconda nasce dalla domanda sul perché la chiesa stia
premendo così fortemente sulla questione etica. E
dall'impressione che non può trattarsi solo di un fatto
dottrinale o morale, perché altrimenti non si spiegherebbe la
scarsa resistenza della chiesa in altri paesi a maggioranza cattolica
nei quali la lotta contro stravolgimenti "etici" e giuridici ben
più radicali dei nostri, è stata condotta, come si
diceva, in maniera più morbida e arrendevole.
La terza è sul "passaggio delle consegne". Passaggio che si
riflette non solo nell'avvicendamento fra Ruini e il suo successore, ma
soprattutto nella nuova politica impostata da Ratzinger, molto
più rigida dal punto di vista dottrinale. La controffensiva del
clero italiano, disposto addirittura a scendere in piazza sull'esempio
dei movimenti civili – è scontata l'ironia sulle dame di
San Vincenzo con il passamontagna e la molotov in una mano e il rosario
nell'altra - sembra segnare il definitivo passaggio dal volemose
bene di un Wojtila appagato dalla sconfitta del comunismo sovietico e
meno tormentato dal drammatico futuro dell'umanità, al
significativo "contestati purché non ignorati", vera e propria
dichiarazione d'intenti del clero italiano tesa a rimettere la palla al
centro sulla questione dell'importanza secolare, e non solo spirituale,
della chiesa, nella società. Oggi in Italia, per vedere come
vanno le cose, e forse domani altrove.
Ma intanto partiamo da qui. L'insistenza con la quale il prete rimarca
il valore e l'importanza del ruolo della famiglia tradizionale e
dell'istituzione matrimoniale come basi fondanti della sua influenza
spirituale, ci fa capire che sarà su questo difficile terreno,
sul quale la Chiesa ha ancora un'importante presenza, che dovremo
confrontarci, visto anche il clamoroso successo con il quale i vescovi
hanno da poco affondato il referendum sulla fecondazione assistita.
È evidente che la chiesa, se vogliamo stare sul piano della
coerenza, non può permettersi di fare la morale a nessuno: sulla
questione della sacralità e indissolubilità del
matrimonio meno male che c'è la Sacra Rota, la quale, anche se
recentemente è stata bacchettata – ma forse solo pro forma
– dal papa, assolve pienamente la funzione di cassa di
compensazione di contraddizioni altrimenti insanabili; su quella di
divorziati e separati, ai quali è permesso continuare a fare
quello che credono, che tanto, se mostreranno di essere pentiti,
saranno sempre riaccolti nel generoso seno materno di Roma; su quella
dell'omosessualità, condannata come pratica immonda e malattia
dell'anima, ma che rimane, senza tema di smentite, diffusa nell'alto e
basso clero maschile e femminile, come narrano le cronache degli Stati
Uniti, dove la potenza degli studi legali che trattano le cause
collettive ha fatto scoppiare un bubbone inimmaginabile; su quella
della pedofilia, anch'essa insopprimibile tentazione per legioni di
religiosi che evidentemente hanno una concezione tutta loro del famoso
"lasciate che i bambini vengano a me". E mettiamoci pure la questione
delle interruzioni di gravidanza, rifiutate nelle strutture pubbliche
dai bravi medici obiettori, ma praticate, purché "terapeutiche",
in quasi tutte le cliniche private proprietà di qualche ordine o
congrega.
Ebbene, se proprio su questo terreno in cui intende dar battaglia, la
chiesa è moralmente così debole, vuol dire che la posta
in gioco è altissima. Che forse, come ha capito Ratzinger a
differenza di Wojtila, troppo preso dalla ossessiva costruzione della
propria immagine, si tratta della sopravvivenza stessa della
istituzione, almeno come guida e referente spirituale di una Europa
cristiana messa in pericolo dalle invasioni dei barbari. Non avrebbe
nessuna importanza, in definitiva, che il prete razzoli male, anzi che
ratzoli da fare schifo, l'importante è che possa ancora
dimostrare, in questa epoca di pensiero debole e superficiale, di
essere il pensiero forte, legittimato a guidare e condizionare le
menti. E questo spiega, tra l'altro, come anche fra i cosiddetti laici
si sia formata una indecente cordata di parassiti, attaccati al ventre
molle della Chiesa per dare più vigore alle loro tesi
reazionarie e razziste. E poco importa se questo sarà, ancora
una volta, a discapito della libertà, non solo dei credenti,
forse disposti a sacrificarla in nome di Cristo, ma di tutti coloro che
non hanno alcuna intenzione né di credere né di dare
retta a chi crede.
Se questo è il progetto del prossimo futuro, può davvero
essere credibile la ricomparsa di una balena bianca, più forte e
più grande di prima, creata dal nulla per riportare al centro
l'asse politico e sociale del paese. E in Italia, cosa c'è di
più centrale del Centro di Roma?
MoM