La "guerra infinita al terrorismo" iniziata nel 2001 ha travolto le
barriere del linguaggio e la pretesa universalistica della
modernità, trascinandoci giorno per giorno sempre più in
basso, sempre più permeando l'immaginario e costringendo tutti a
declinare parole inusitate, nuove nell'agghiacciante indifferenza con
cui sono pronunciate, pura tecnica con la pretesa
dell'oggettività.
Il dibattito sul rifinanziamento delle missioni militari italiane
all'estero ha segnato un altro passo nel cammino di mistificazione
della realtà indotta dalla guerra. Ricordiamo che già ai
tempi dei bombardamenti NATO sulla Serbia e della presidenza del
consiglio D'Alema, si parlò di "guerra umanitaria", come se i
due termini non fossero in radicale contrasto. Per la guerra del Golfo
si parlò di "operazione di polizia internazionale"; e poi di
"missili intelligenti". Infine, dopo le torri gemelle del settembre
2001, di "guerra permanente", a segnare il passaggio del mondo in un
perenne stato di eccezione, che tale è la guerra: il mondo
precipita in un ossimoro. Il presidente del consiglio della "guerra
umanitaria" è oggi ministro degli esteri e le armi per fare la
guerra in Afganistan sono diventate "attrezzature adeguate" di cui
dotare i mercenari, i soldati di mestiere, spediti sotto comando
americano a dare il loro contributo di orrore tra le montagne dell'Asia
centrale in un paese devastato da decenni di guerra. E si parla di
"regole di ingaggio" per dire che in guerra si spara e si parla di
"attrezzature adeguate" che lo stato maggiore andrà ad
individuare e discuterà con il governo, giacché la guerra
non è certo "un pranzo di gala" e ci si deve presentare
adeguatamente "attrezzati" a darle e a prenderle...
Intanto, negli Stati Uniti un giudice dichiara l'ex ministro della
guerra Donald Rumsfeld, vero criminale di guerra a piede libero, "non
punibile" secondo la legge americana per le torture, accertate, dei
prigionieri di Abu Ghraib; a chiederne l'incriminazione erano state due
associazioni per i diritti civili. Ma quel che è successo in
Iraq, a Guantanamo, in chissà quali e quante prigioni segrete
sparse sul globo, non può essere perseguito perché, in
primo luogo, ha colpito soggetti non cittadini americani, soggetti ai
quali, essendo per di più i fatti commessi all'estero, non si
può applicare la tutela dovuta a chi ha passaporto americano; in
secondo luogo, Rumsfeld ha agito nell'esercizio della sua
attività di governo (sic) e gli atti di governo non sono
sindacabili, altrimenti chiunque potrebbe dolersi dell'azione del
governo e bloccarne i disegni con la scusa della lesione di suoi
diritti. Dice il giudice: spiacente, ho accertato che tortura
c'è stata (visto come siamo trasparenti e garantisti noi
americani, siamo mica l'Unione Sovietica di Stalin...), ma purtroppo le
nostre leggi sono altrettanto chiare nel dire che non siamo mica tutti
uguali (cioè noi lo siamo e voi siete diversi, cioè
possiamo fare di voi il cazzo che ci pare...). E questo è
l'alleato che i nostri partiti di sinistra e destra non han voluto
lasciar solo in Afganistan a lottare per la libertà (?) di noi
tutti...
Guerra, morte, mistificazione, piccoli uomini feroci e stupidi,
indifferenti al dolore altrui, politici di una provincia dell'impero
tutti presi dalle loro lotte tragiche e ridicole, tragiche per noi,
ridicole per tutti. Il senso si è perso nelle parole violentate,
nei corpi torturati e dilaniati da bombe idiote usate da idioti. Sotto
un cielo sempre più fosco, dire NO a questa guerra è
l'unica saggezza ed è una necessità: per restare uomini,
per restare liberi.
W.B.