"...la situazione non è brillante"
(D'Alema a Washington, a proposito dell'Afganistan)
È vero: in Afghanistan la situazione non appare brillante. Ad
appannare la scena vi è, per gli afgani, una guerra che continua
a produrre lutti e rovine in proporzioni tali da demolire ogni retorica
di pace, mentre per le forze militari occupanti Usa e Nato incombe il
clima della sconfitta e della guerra di logoramento.
Anche in Vietnam, un trentennio fa, ogni giorno e ogni notte i
terribili bombardieri B.52 scaricavano tonnellate di bombe su
città e villaggi, mentre cacciabombardieri Phantom e Freedom
Fighter sganciavano napalm e "agente orange" su ogni zona vietcong;
eppure gli Stati Uniti persero la guerra e con essa il controllo
dell'area a favore dell'odiato "nemico comunista".
L'offensiva preventiva di questo inizio di primavera con epicentro la
provincia di Helmand, accompagnata da oltre cinquanta azioni aeree di
bombardamento al giorno, aldilà della propaganda bellicista, non
appare in grado di invertire gli esiti di una guerra combattuta,
vanamente, ormai da sei anni, con un bilancio tragico per la
popolazione afgana: secondo fonti indipendenti, non meno di 50 mila
vittime; nel solo 2006, in Afghanistan ci sono stati almeno 6.000
morti, ossia il doppio delle vittime degli attentati dell'Undici
settembre, mentre in questo inizio d'anno, secondo le valutazioni
più ottimistiche, ammontano già ad oltre mille.
Per i quotidiani resoconti ufficiali, sono centinaia i guerriglieri
"talebani" caduti nei combattimenti, ma poi negli ospedali si allineano
i corpi esamini o straziati di civili di ogni età, vittime di
una logica che definire terroristica non è più una
forzatura dialettica ma un'evidenza.
Emblematico l'ennesimo bollettino dal fronte: 26 marzo - Almeno 19
ribelli sono morti nella provincia di Helmand, nel sud
dell'Afghanistan, in un bombardamento degli aerei Nato di cui era stato
chiesto ieri l'intervento dall'esercito afgano. Da Kabul il ministero
della Difesa ha fatto sapere che negli ultimi quattro giorni sono stati
uccisi 99 ribelli…
Nessuna possibilità di verifica dell'informazione, mentre invece
da più parti è stato denunciato il metodo con cui i
cadaveri vengono "arruolati" tra i combattenti, ad uso e consumo della
propaganda.
In questi anni, ogni operazione con la sua suggestiva denominazione
(Anaconda, Leone di montagna, Colpo da campione, Valanga, Tempesta in
montagna, Libertà lampo, Assalto alla montagna, Medusa, Furia
della montagna, ed ora Achille) è stata di volta in volta
presentata come risolutiva, ma poi non ha conseguito esiti
significativi nel controllo di un territorio, esteso appena due volte
l'Italia, ma storicamente inespugnabile.
Esilissimo il velo morale con cui si cerca ancora di coprire
l'occupazione Usa e Nato: gli esiti dell'esportazione della democrazia
sono altrettanto evidenti, a partire da un governo corrotto e feroce,
presieduto dal fedele ex consulente locale della compagnia petrolifera
statunitense Unocal e della stessa Cia, Hamid Karzai, il cui fratello
Walid è ritenuto uno dei principali trafficanti d'oppio del
paese. D'altra parte, il resto dell'esecutivo non appare migliore se,
oltre alle donne rivoluzionarie del RAWA, persino una parlamentare
afgana, Malalai Joya, sostiene che ''gli Stati Uniti hanno abbattuto un
regime criminale solo per sostituirlo con un altro regime criminale''.
Per aver pronunciato tale verità, la deputata democratica ha
dovuto andarsene velocemente dall'Afganistan, cercando asilo assai
lontano, dopo aver ricevuto pesantissime minacce di ritorsione.
In un simile contesto, persino le gerarchie statunitensi e britanniche
stanno cercando una via d'uscita, trattando con i signori della guerra,
tollerando il narcotraffico e ricercando intese con settori talebani.
Illuminante a riguardo la testimonianza del parlamentare indipendente
Bashardost Ramazan, pubblicata su Il Manifesto del 18 marzo scorso,
utile per comprendere anche in quale ambito è maturato lo
scambio tra 5 prigionieri talebani e il giornalista italiano
Mastrogiacomo: "Circa sei mesi fa il generale David Richards, dal 4
maggio 2006 comandante inglese delle truppe internazionali in
Afganistan, ha consegnato senza combattere il distretto di Musa Qala,
nella provincia di Helmand ai talebani che l'hanno occupato senza
sparare un colpo; Richards aveva dichiarato di aver raggiunto un
accordo coi capi tribali della zona, ma tutti sanno che invece sono
talebani (…) Il distretto di Musa Qala fu riconquistato con le
armi quando le forze internazionali sono passate sotto comando Usa. Non
è nemmeno un mistero che più di una volta che gli Usa
hanno pagato i talebani per evitare che attaccassero i soldati
americani".
Eppure, come un disco rotto, le argomentazioni a sostegno della proroga
e del rafforzamento dell'impegno militare italiano, continuano a
riferirsi ad un paese che non c'è. Un paese da cui, anche da
noi, arrivano clandestinamente i fuggitivi, ai quali non si vuole
neppure riconoscere la condizione di profugo di guerra.
La guerra infatti, ormai, è una parola cancellata dal vocabolario della politica nazionale.
U.F.