Umanità Nova, n.12 dell'8 aprile 2007, anno 87

Afganistan-1
Assedianti sotto assedio


"...la situazione non è brillante"
(D'Alema a Washington, a proposito dell'Afganistan)

È vero: in Afghanistan la situazione non appare brillante. Ad appannare la scena vi è, per gli afgani, una guerra che continua a produrre lutti e rovine in proporzioni tali da demolire ogni retorica di pace, mentre per le forze militari occupanti Usa e Nato incombe il clima della sconfitta e della guerra di logoramento.
Anche in Vietnam, un trentennio fa, ogni giorno e ogni notte i terribili bombardieri B.52 scaricavano tonnellate di bombe su città e villaggi, mentre cacciabombardieri Phantom e Freedom Fighter sganciavano napalm e "agente orange" su ogni zona vietcong; eppure gli Stati Uniti persero la guerra e con essa il controllo dell'area a favore dell'odiato "nemico comunista".
L'offensiva preventiva di questo inizio di primavera con epicentro la provincia di Helmand, accompagnata da oltre cinquanta azioni aeree di bombardamento al giorno, aldilà della propaganda bellicista, non appare in grado di invertire gli esiti di una guerra combattuta, vanamente, ormai da sei anni, con un bilancio tragico per la popolazione afgana: secondo fonti indipendenti, non meno di 50 mila vittime; nel solo 2006, in Afghanistan ci sono stati almeno 6.000 morti, ossia il doppio delle vittime degli attentati dell'Undici settembre, mentre in questo inizio d'anno, secondo le valutazioni più ottimistiche, ammontano già ad oltre mille.
Per i quotidiani resoconti ufficiali, sono centinaia i guerriglieri "talebani" caduti nei combattimenti, ma poi negli ospedali si allineano i corpi esamini o straziati di civili di ogni età, vittime di una logica che definire terroristica non è più una forzatura dialettica ma un'evidenza.
Emblematico l'ennesimo bollettino dal fronte: 26 marzo - Almeno 19 ribelli sono morti nella provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan, in un bombardamento degli aerei Nato di cui era stato chiesto ieri l'intervento dall'esercito afgano. Da Kabul il ministero della Difesa ha fatto sapere che negli ultimi quattro giorni sono stati uccisi 99 ribelli…
Nessuna possibilità di verifica dell'informazione, mentre invece da più parti è stato denunciato il metodo con cui i cadaveri vengono "arruolati" tra i combattenti, ad uso e consumo della propaganda.
In questi anni, ogni operazione con la sua suggestiva denominazione (Anaconda, Leone di montagna, Colpo da campione, Valanga, Tempesta in montagna, Libertà lampo, Assalto alla montagna, Medusa, Furia della montagna, ed ora Achille) è stata di volta in volta presentata come risolutiva, ma poi non ha conseguito esiti significativi nel controllo di un territorio, esteso appena due volte l'Italia, ma storicamente inespugnabile.
Esilissimo il velo morale con cui si cerca ancora di coprire l'occupazione Usa e Nato: gli esiti dell'esportazione della democrazia sono altrettanto evidenti, a partire da un governo corrotto e feroce, presieduto dal fedele ex consulente locale della compagnia petrolifera statunitense Unocal e della stessa Cia, Hamid Karzai, il cui fratello Walid è ritenuto uno dei principali trafficanti d'oppio del paese. D'altra parte, il resto dell'esecutivo non appare migliore se, oltre alle donne rivoluzionarie del RAWA, persino una parlamentare afgana, Malalai Joya, sostiene che ''gli Stati Uniti hanno abbattuto un regime criminale solo per sostituirlo con un altro regime criminale''.
Per aver pronunciato tale verità, la deputata democratica ha dovuto andarsene velocemente dall'Afganistan, cercando asilo assai lontano, dopo aver ricevuto pesantissime minacce di ritorsione.
In un simile contesto, persino le gerarchie statunitensi e britanniche stanno cercando una via d'uscita, trattando con i signori della guerra, tollerando il narcotraffico e ricercando intese con settori talebani. Illuminante a riguardo la testimonianza del parlamentare indipendente Bashardost Ramazan, pubblicata su Il Manifesto del 18 marzo scorso, utile per comprendere anche in quale ambito è maturato lo scambio tra 5 prigionieri talebani e il giornalista italiano Mastrogiacomo: "Circa sei mesi fa il generale David Richards, dal 4 maggio 2006 comandante inglese delle truppe internazionali in Afganistan, ha consegnato senza combattere il distretto di Musa Qala, nella provincia di Helmand ai talebani che l'hanno occupato senza sparare un colpo; Richards aveva dichiarato di aver raggiunto un accordo coi capi tribali della zona, ma tutti sanno che invece sono talebani (…) Il distretto di Musa Qala fu riconquistato con le armi quando le forze internazionali sono passate sotto comando Usa. Non è nemmeno un mistero che più di una volta che gli Usa hanno pagato i talebani per evitare che attaccassero i soldati americani".
Eppure, come un disco rotto, le argomentazioni a sostegno della proroga e del rafforzamento dell'impegno militare italiano, continuano a riferirsi ad un paese che non c'è. Un paese da cui, anche da noi, arrivano clandestinamente i fuggitivi, ai quali non si vuole neppure riconoscere la condizione di profugo di guerra.
La guerra infatti, ormai, è una parola cancellata dal vocabolario della politica nazionale.

U.F.

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