Umanità Nova, n.12 dell'8 aprile 2007, anno 87

Milano: Moratti Day
Il feticcio della sicurezza


Prova di forza della Moratti a Milano che si propone come leader nazionale e prepara la strada ad una sua candidatura a ruoli istituzionali più importanti; e dopo quello di presidente della RAI e di Ministro dell'Istruzione, non ci può essere che quello di capo di governo in sostituzione di un Berlusconi ormai in fase di cottura.
Questa, in estrema sintesi, la lettura che si può fare a fronte di una manifestazione costruita sul feticcio della "sicurezza", un feticcio agitato da più parti, con maggiore o minore virulenza e del quale la Moratti ha colto l'aspetto più soft, più "culturale", infarcendolo di concetti come "solidarietà". In realtà Moratti rappresenta il versante moderato di un fronte che vede nei leghisti alla Borghezio l'ala più estrema, ma i contenuti sono gli stessi, così come gli obiettivi; cambia solo lo stile, uno stile adeguato alla metropoli, ma che rimane sostanzialmente populista, rivolto alla pancia dei commercianti e degli artigiani e alle paure di una popolazione che sta progressivamente invecchiando e che è disorientata nei confronti della velocità dei mutamenti sociali in corso.
Presentandosi come portavoce dei cittadini (e abbandonando le intenzioni "bipartisan" che hanno caratterizzato i primi mesi del suo incarico) Moratti ha compiuto un'operazione di attacco politico che ha di fatto costretto l'opposizione istituzionale ad una rincorsa dal fiato corto, concretizzatasi in una catena umana tra Comune e Prefettura (sic). Poco importa, in questo contesto, che il centro-destra governi questa città dai tempi della caduta di Craxi e di suo cognato, Pillitteri, una quindicina di anni or sono; che abbia il saldo controllo della regione, che sia in sostanza il principale responsabile del degrado della qualità della vita di Milano, un degrado che alimenta il senso di insicurezza di parte della cittadinanza, con un riflesso oggettivo sull'intera metropoli. Come poco importa che il numero complessivo di reati - definiti tali dalla legislazione vigente - siano in realtà in diminuzione; che la mafia dei colletti bianchi spadroneggi; che i racket della grande criminalità domini il traffico della droga e delle armi; che gran parte degli omicidi e delle violenze avvengano in famiglia. Quella che importa è la cosiddetta microcriminalità, i piccoli furti, i borseggi, lo spaccio al minuto, tutte le "attività", in sostanza, frutto di emarginazione e di degrado sociale alle quali si accompagna una criminalizzazione "a prescindere" delle comunità rom alle quali vengono imposte condizioni di vita degne dell'apartheid.
Basta d'altronde seguire la stampa leghista e l'informazione regionale del TG3 per cogliere quali siano i cavalli di battaglia di questi perbenisti: presentare sempre gli immigrati come fonte di disturbo e di disagio, amplificare gli episodi di violenza ai "lumbard" e alle loro proprietà e minimizzare quelli che hanno come vittime gli immigrati (soprattutto le morti bianche, i fenomeni di riduzione in schiavitù, lo sfruttamento intensivo, la prostituzione indotta).
Questo è il terreno sul quale Moratti ed i suoi hanno agito, il terreno classico di ogni reazionario e di ogni conservatore per imporre e mantenere il proprio ordine e la propria gerarchia. Con stile ovviamente, come si confà a chi appartiene ad una delle più potenti famiglie meneghine.
Non deve stupire, in questo contesto, che il ministro Amato si sia dato immediatamente da fare per rispondere alla chiamata della Moratti, né che il presidente Napolitano abbia sostanzialmente avvallato l'emergenza sbandierata dalla sindaca.
Quando l'aumento delle forze di polizia diviene, per i promotori, la soluzione della questione sociale, il confine tra destra e sinistra si confonde, si fa labile, nell'affermazione di un blocco d'ordine sociale che ha negli immigrati, nei giovani, nei precari il proprio bersaglio.
Inutile aggiungere che per combattere il degrado la strada deve andare in tutt'altra direzione, la direzione della risoluzione della questione sociale, del soddisfacimento dei bisogni essenziali, dell'equa distribuzione della ricchezza sociale, della libertà individuale e collettiva, nella ricostruzione della comunità solidale e nel riconoscimento dell'altro. Una strada in salita, almeno qui nella Milano da digerire, ma una strada obbligata che tanti stanno seguendo con energia e volontà: la Milano con il cuore in mano ed il socialismo (quello vero) in testa.

max.var.

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