Umanità Nova, n.12 dell'8 aprile 2007, anno 87

Il divino Steve e il santo Karol
La corte dei miracoli


Ansa n. 1 delle 17,56 del 30 marzo: «Il 'divino' Steve da disoccupato a santone in India»
Ansa n. 2 delle 18,32 del 30 marzo: «Suora guarita con intercessione di Giovanni Paolo II»
A conferma della serietà della nota agenzia giornalistica, rispettata la par condicio in tema di santi, santoni e diavolerie del genere.

Steve Cooper detto Pamela, uno squattrinato transessuale britannico (di questi tempi pare che i transessuali siano molto richiesti) ha iniziato in India una nuova e decisamente più soddisfacente esistenza. Infatti, dopo essere andato a vivere in una comunità di eunuchi, la sua somiglianza con una locale divinità indù gli ha portato fortuna perché la semplice apposizione delle sue mani sulle tempie delle donne sterili, accompagnata dalla formula "la divinità è qui", pare renderle finalmente fertili. Naturalmente, come per tutti i miracoli, non mancano le più serie testimonianze, nonostante Justin Cooper asserisca che suo fratello Pamela in tanti anni non aveva mai accennato a tali straordinari poteri. Testimonianze attendibili, comunque, come quella di Rekha che, dopo aver viaggiato per giorni, è rimasta incinta subito dopo essere stata semplicemente toccata da Pamela. E se non è un miracolo questo…!
Come si ricorderà, la folla accorsa in piazza San Pietro a salutare la morte di Wojtila, tra una ola e l'altra domandò con insistenza, in base agli universali principi che "ogni lasciata è persa" e "non fare domani quello che potresti fare oggi", che il papa polacco fosse fatto "santo subito". Naturalmente le nuove gerarchie, per non innervosire i fedeli, dichiararono che non sarebbe stato necessario aspettare i canonici cinque anni ma che, in via eccezionale, i tempi sarebbero stati più brevi. Per trovare un miracolo, anzi il miracolo necessario ad attestare la santità del brav'uomo, il postulatore della causa si è dunque messo all'opera, e grazie a una esperienza bimillenaria nel settore, a tempo di record il miracolo… eccolo qua! Una suorina francese, grazie all'intercessione del papa e alle congiunte preghiere della confraternita delle Piccole Suore della maternità cattolica, è guarita dal giorno alla notte da una grave forma di Parkinson, la stessa malattia che aveva guastato l'esistenza anche al pontefice.
Tacendo delle preoccupazioni della Roche, produttrice del Madopar, antiparkinson di prima scelta, per questa temibile, e diciamolo pure, sleale concorrenza, e sorvolando anche sul fatto che, se proprio dobbiamo dirlo, il miracolo di Pamela sembra essere più difficile e prodigioso di quello di Karol, le due vicende si prestano ad alcune considerazioni. Ma perché non si pensi maliziosamente che sia un miscredente e ce l'abbia coi miracoli in quanto tali, premetto che ritengo ognuno libero di credere a quanto gli pare. Se tanto gli eunuchi indiani quanto i preti romani trovano gente che dà loro retta, si muovano come credono: se le pratiche miracolistiche non diventano circonvenzione d'incapace, sono fatti loro. Tanto più che, in tempi di liberalizzazioni e antitrust, lavorano in concorrenza, visto che gli strumenti di lavoro sono gli stessi: una mano imposta qua, una preghiera là, un'apparizione su, una profezia giù. Si tratta solo di scegliere cosa è più adatto alla bisogna.
Semmai la questione è un'altra. Come sappiamo, oggi si sta giocando su più fronti la partita Occidente contro Resto del mondo e si fa un gran parlare di "pericolosità del relativismo culturale", di "scontro di civiltà", di bisogno di "ritrovare le proprie radici culturali" – ovviamente superiori a quelle altrui - di "necessità di esportare la democrazia occidentale" e compagnia cantante. E l'insistenza con la quale la Chiesa pretende l'inserimento delle radici cristiane fra i fondamenti della costituzione europea, dimostra che questa "cultura superiore" non può e non deve fare a meno dell'apporto del cristianesimo.
A questo punto, sorge, spontanea, la domanda: ma fra la storia di Pamela e quella di Karol, che differenza c'è? Come non mettere sullo stesso piano il bisogno di soprannaturale delle donne indiane e quello delle suorine francesi? Come ignorare che nella comunità degli eunuchi e in quella del Vaticano si sfrutta abilmente la credulità popolare? Come non vedere in entrambi i casi il desiderio e il bisogno di rafforzare subdolamente le fondamenta della propria ecclesia? Considerato poi che l'importanza storica fra i due personaggi è imparagonabile, l'accostamento è ancora più stridente. Insomma, se non fosse che il desiderio del miracolismo è così insopprimibile nel prete da fare parte del suo dna, si potrebbe parlare di autogol a favore del Resto del Mondo.
Ma, come sappiamo, e quotidianamente ci viene ricordato, il prete, per mestiere, ne sa una più del diavolo. E quanto a dialettica, è difficile metterlo alle corde. E infatti il suo ragionamento è tanto semplice quanto inconfutabile: ma come, signori miei, non vedete dove sta l'ubi consistam, quale e quanta è la differenza? Le donnine indiane, è chiaro, sono delle selvagge superstiziose, le suorine francesi, al contrario, hanno avuto la grazia della fede. Sic est e andate in pace!

Ah, dimenticavo! Ansa n. 3 delle 21,26 del 31 marzo: «Lacrime dalla statua della madonna a Reggio Calabria». Non si può mai stare tranquilli.

MoM

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