Ansa n. 1 delle 17,56 del 30 marzo: «Il 'divino' Steve da disoccupato a santone in India»
Ansa n. 2 delle 18,32 del 30 marzo: «Suora guarita con intercessione di Giovanni Paolo II»
A conferma della serietà della nota agenzia giornalistica,
rispettata la par condicio in tema di santi, santoni e diavolerie del
genere.
Steve Cooper detto Pamela, uno squattrinato transessuale britannico (di
questi tempi pare che i transessuali siano molto richiesti) ha iniziato
in India una nuova e decisamente più soddisfacente esistenza.
Infatti, dopo essere andato a vivere in una comunità di eunuchi,
la sua somiglianza con una locale divinità indù gli ha
portato fortuna perché la semplice apposizione delle sue mani
sulle tempie delle donne sterili, accompagnata dalla formula "la
divinità è qui", pare renderle finalmente fertili.
Naturalmente, come per tutti i miracoli, non mancano le più
serie testimonianze, nonostante Justin Cooper asserisca che suo
fratello Pamela in tanti anni non aveva mai accennato a tali
straordinari poteri. Testimonianze attendibili, comunque, come quella
di Rekha che, dopo aver viaggiato per giorni, è rimasta incinta
subito dopo essere stata semplicemente toccata da Pamela. E se non
è un miracolo questo…!
Come si ricorderà, la folla accorsa in piazza San Pietro a
salutare la morte di Wojtila, tra una ola e l'altra domandò con
insistenza, in base agli universali principi che "ogni lasciata
è persa" e "non fare domani quello che potresti fare oggi", che
il papa polacco fosse fatto "santo subito". Naturalmente le nuove
gerarchie, per non innervosire i fedeli, dichiararono che non sarebbe
stato necessario aspettare i canonici cinque anni ma che, in via
eccezionale, i tempi sarebbero stati più brevi. Per trovare un
miracolo, anzi il miracolo necessario ad attestare la santità
del brav'uomo, il postulatore della causa si è dunque messo
all'opera, e grazie a una esperienza bimillenaria nel settore, a tempo
di record il miracolo… eccolo qua! Una suorina francese, grazie
all'intercessione del papa e alle congiunte preghiere della
confraternita delle Piccole Suore della maternità cattolica,
è guarita dal giorno alla notte da una grave forma di Parkinson,
la stessa malattia che aveva guastato l'esistenza anche al pontefice.
Tacendo delle preoccupazioni della Roche, produttrice del Madopar,
antiparkinson di prima scelta, per questa temibile, e diciamolo pure,
sleale concorrenza, e sorvolando anche sul fatto che, se proprio
dobbiamo dirlo, il miracolo di Pamela sembra essere più
difficile e prodigioso di quello di Karol, le due vicende si prestano
ad alcune considerazioni. Ma perché non si pensi maliziosamente
che sia un miscredente e ce l'abbia coi miracoli in quanto tali,
premetto che ritengo ognuno libero di credere a quanto gli pare. Se
tanto gli eunuchi indiani quanto i preti romani trovano gente che
dà loro retta, si muovano come credono: se le pratiche
miracolistiche non diventano circonvenzione d'incapace, sono fatti
loro. Tanto più che, in tempi di liberalizzazioni e antitrust,
lavorano in concorrenza, visto che gli strumenti di lavoro sono gli
stessi: una mano imposta qua, una preghiera là, un'apparizione
su, una profezia giù. Si tratta solo di scegliere cosa è
più adatto alla bisogna.
Semmai la questione è un'altra. Come sappiamo, oggi si sta
giocando su più fronti la partita Occidente contro Resto del
mondo e si fa un gran parlare di "pericolosità del relativismo
culturale", di "scontro di civiltà", di bisogno di "ritrovare le
proprie radici culturali" – ovviamente superiori a quelle altrui
- di "necessità di esportare la democrazia occidentale" e
compagnia cantante. E l'insistenza con la quale la Chiesa pretende
l'inserimento delle radici cristiane fra i fondamenti della
costituzione europea, dimostra che questa "cultura superiore" non
può e non deve fare a meno dell'apporto del cristianesimo.
A questo punto, sorge, spontanea, la domanda: ma fra la storia di
Pamela e quella di Karol, che differenza c'è? Come non mettere
sullo stesso piano il bisogno di soprannaturale delle donne indiane e
quello delle suorine francesi? Come ignorare che nella comunità
degli eunuchi e in quella del Vaticano si sfrutta abilmente la
credulità popolare? Come non vedere in entrambi i casi il
desiderio e il bisogno di rafforzare subdolamente le fondamenta della
propria ecclesia? Considerato poi che l'importanza storica fra i due
personaggi è imparagonabile, l'accostamento è ancora
più stridente. Insomma, se non fosse che il desiderio del
miracolismo è così insopprimibile nel prete da fare parte
del suo dna, si potrebbe parlare di autogol a favore del Resto del
Mondo.
Ma, come sappiamo, e quotidianamente ci viene ricordato, il prete, per
mestiere, ne sa una più del diavolo. E quanto a dialettica,
è difficile metterlo alle corde. E infatti il suo ragionamento
è tanto semplice quanto inconfutabile: ma come, signori miei,
non vedete dove sta l'ubi consistam, quale e quanta è la
differenza? Le donnine indiane, è chiaro, sono delle selvagge
superstiziose, le suorine francesi, al contrario, hanno avuto la grazia
della fede. Sic est e andate in pace!
Ah, dimenticavo! Ansa n. 3 delle 21,26 del 31 marzo: «Lacrime
dalla statua della madonna a Reggio Calabria». Non si può
mai stare tranquilli.
MoM