Il Mon 863 è un mais della prima generazione di organismi
geneticamente modificati. Di questi ogm possiamo distinguere due
categorie: della prima fanno parte quelli in grado di tollerare un
pesticida (circa il 70% è in grado di resistere all'erbicida
Roundup), mentre nella seconda troviamo quelli che riescono a produrre
un pesticida (per lo più le tossine prodotte in natura dal
Bacillus Thuringensis denominate, appunto, Bt con funzione
insetticida). Gli organismi geneticamente modificati di seconda
generazione, sviluppati dopo il 1998, sono caratterizzati dalla
capacità di ottenere entrambi i risultati.
Per quelli che rappresenteranno la terza e la quarta generazione, si
prevede la possibilità di renderli resistenti ad uno o due
erbicidi ed in grado di sintetizzare un paio d'insetticidi.
L'inserzione del transgene, secondo molti ricercatori, può
comunque determinare effetti genetici "invisibili", cioè di cui
non sono immediatamente rilevabili le conseguenze. Secondo l'ipotesi
riduzionistica dei sostenitori degli ogm, tale rischio non sarebbe
maggiore di quello conseguente alle tradizionali tecniche
d'ibridizzazione fatto che porta a ritenerli "sostanzialmente
equivalenti". Un'ipotesi che, pur non essendo dimostrata, ha permesso
di evitare, nel nord America, sia la sperimentazione su tempi lunghi,
prima che gli ogm venissero coltivati in pieno campo, sia
l'etichettatura dei prodotti derivati, una volta giunti nel circuito
commerciale.
Per il Mon863 l'obiettivo era di produrre una variante
dell'insetticida, denominato CryBb1, in tutti gli organi della pianta.
Questa tossina è specificatamente indirizzata contro la
Diabrotica. La Diabrotica virgifera è un coleottero dannoso per
diverse piante coltivate, particolarmente per il mais, molto difficile
da eliminare con i presidi fitosanitari attualmente a disposizione. La
notizia interessante è che questa specie era assente dal
continente europeo fino alla fine degli anni '90. Sembra che
l'invasione sia partita durante la guerra Balcanica, probabilmente
sfruttando un passaggio del ponte aereo militare statunitense….
un altro regalo della missione militare…e, che culo, torna pure
utile agli interessi della multinazionale che ha prontamente proposto
l'antidoto transgenico.
Il mais MON 863 è uno degli ultimi prodotti geneticamente
manipolati valutati sulla base del Regolamento 258/97/CE, poi superato
dal Regolamento 1829/2003/CE, in vigore dall'aprile del 2004.
Già dalle prove di laboratorio, commissionate dalla stessa
Monsanto, emergevano dati che indicavano significative differenze tra i
gruppi di topi alimentati con il mais transgenico e quelli usati come
controllo. I parametri anomali riguardavano in particolare il fegato e
alcuni valori ematici, con diversi esiti anche correlati al sesso delle
povere cavie.
Nella successiva interpretazione dei dati la Monsanto e la maggioranza
dei comitati scientifici interpellati non ritenevano biologicamente
significative le anomalie riscontrate (da sottolineare che l'accesso ai
dati era permesso solo ai tossicologi approvati dalla stessa Monsanto,
ufficialmente per garantire il segreto industriale).
Singolare ma vero, nel processo autorizzativo non sono previsti studi
indipendenti, l'accesso ai dati delle sperimentazioni eseguite per
conto dell'azienda che richiede la commercializzazione dell'ogm
è riservato e non pubblico, non ci sono indicazioni precise
sulle procedure da seguire in laboratorio. Nel caso in questione la
sperimentazione è stata condotta per soli 90 giorni (un tempo
troppo breve per accertare effetti a lungo termine). Infine, le
sostanze di cui s'induce la produzione tramite ogm dovrebbero essere
sottoposte a test in vitro su tessuti umani per valutarne,
preventivamente, l'eventuale tossicità. Qualora i dati raccolti
nelle prove sperimentali dovessero sollevare dubbi, il minimo sarebbe
ripetere i controlli di laboratorio garantendo, per l'interpretazione
finale, una sorta di contraddittorio tra enti scientificamente
riconosciuti e non legati alle imprese che richiedono le autorizzazioni.
Niente di tutto ciò è previsto dalle norme dell'Unione
Europea che in altri settori, invece, spacca il capello in quattro.
Se poi consideriamo che il processo necessario per permettere l'uso di
un insetticida tradizionale prevede una fase sperimentale in cui vanno
eseguiti test per tre mesi su tre diverse specie animali, per una di
queste il trattamento prosegue per un anno mentre per la rimanente dura
ben due anni (e non saranno certo questi i procedimenti più
restrittivi applicabili visto che si tratta sempre di prodotti
sintetizzati dalle solite multinazionali), non si comprende per quale
motivo per un insetticida prodotto da un ogm non si debba almeno
seguire la stessa procedura.
In realtà lo sappiamo bene, la lobby del transgenico gode di
ottime protezioni e rappresenta un'opportunità di profitto
troppo sostanziosa per essere rallentata da qualche interesse pubblico
come la garanzia della salute o la tutela dell'ambiente.
In questo quadro, dove lo strapotere economico sembra prevalere su ogni
atteggiamento di ragionevolezza, uno studio curato da Gilles-Eric
Séralini del Criigen (Comitato per la ricerca indipendente
sull'ingegneria genetica) in via di pubblicazione su Archives of
Environmental Contamination and Toxicology presenta però una
nuova interpretazione dei vecchi dati sulla tossicità animale
del mais MON863.
La ricerca, che verrà pubblicata sul numero di maggio della
rivista, ma i cui risultati sono stati anticipati da Greenpeace, ha
riesaminato i dati dello uno studio condotto dalla stessa Monsanto al
momento della richiesta di autorizzazione alla messa in commercio, come
accennato prima, la ventesima concessa in Europa (13.01.2006 Reg.(EC)
No. 258/97Art. 7).
I dati riguardano topi alimentati o con MON863, in diverse proporzioni,
o con mais non modificato. Come detto, i dati completi dello studio
erano inizialmente rimasti segreti, ma, dopo l'autorizzazione al
commercio, un tribunale tedesco aveva imposto la divulgazione dei
risultati completi.
Ora Séralini e colleghi li hanno riesaminati utilizzando diversi
metodi statistici, e mostrano che nei topi alimentati con il mais
modificato si osservano variazioni, piccole ma legate al dosaggio,
sulla crescita: i maschi pesavano il 3,3% in meno, le femmine il 3,7
per cento in più. Inoltre diverse misure indirette, come
l'aumento dei trigliceridi (dal 24 al 40 per cento in più nei
topi femmina) e la minore concentrazione di fosforo e sodio nelle urine
(del 31-35 per cento nei topi maschi), indicano la tossicità per
il fegato e i reni del mais ogm.
Queste differenze d'interpretazione sono legate al fatto che le analisi
statistiche condotte dal centro elaborazioni statistiche della stessa
Monsanto è stato condotto con evidenti errori concettuali e di
metodo.
Non abbiamo prove per poter lanciare accuse più pesanti, ma in
Europa Monsanto ha testato dei mais geneticamente modificati ancora
prima dell'invasione dell'inarrestabile Diabrotica, quando
apparentemente non ce n'era alcun bisogno. La rapidità di
reazione della multinazionale è stata quantomeno
sospetta… un'altra strategia per costringere il Vecchio
Continente ad abbracciare una volta per tutte la scelta degli organismi
geneticamente modificati?
MarTa
http://www.criigen.org/