Umanità Nova, n.14 del 29 aprile 2007, anno 87

Letture
Gaetano Bresci: un tessitore anarchico

F.Santin e M. Riccomini, Gaetano Bresci: un tessitore anarchico, M.I.R. Edizioni, 2006, formato 23x33 cm, pagg. 64, euro 12,00.

"È lodato chi libera il popolo dal tiranno": a scriverlo non fu certo un sovversivo, ma Tommaso D'Aquino. Ancor prima di lui il diritto al tirannicidio fu rivendicato da Cicerone e persino da vari filosofi dell'Antica Grecia; eppure ricordare chi lo ha praticato espone puntualmente ad accuse di filo terrorismo, anche se ormai si parla di storia.
Gaetano Bresci, l'anarchico che il 29 luglio del 1900 giustiziò a Monza il re Umberto I, è sicuramente stato ricordato in molti modi: saggi biografici, manifesti, articoli di giornale, numeri unici, canzoni, manifestazioni; a Prato, sua città natale, gli è stata dedicata persino una strada e a Carrara un monumento, ovviamente di marmo. Adesso però c'è pure un bel libro, disegnato e narrato, che sarebbe inadeguato definire semplicemente un racconto a fumetti, pur con tutto il rispetto e l'amore che si può avere per questo genere di espressione.
Il lavoro grafico di Fabio Santin, col suo elegante ma energico bianco e nero, grazie anche all'appassionata complicità testuale di Marco Riccomini, concittadino di Bresci, che ne ha curato la sceneggiatura, è senz'altro qualcosa di più; così come lo fu a suo tempo, anche se con aspetti diversi, il volume sulla storia dell'anarchico Errico Malatesta che, peraltro, fu legato da amicizia con l'attentatore di Monza.
Se il critico Piero Zanotto, su Il Gazzettino, ha scritto che in questo volume "l'anarchico Bresci si muove come in un noir", a me sembra piuttosto avere le apparenze "noir et rouge" di un viaggio non solo nel tempo, dato che comunque si parla di un fatto avvenuto oltre un secolo addietro, ma anche attraverso luoghi, personaggi, eventi ed anche immaginari diversi, perché comunque Bresci è stato e in parte rimane anche un mito popolare, oltre che un compagno rivendicato per tutti gli anarchici.
Una leggenda che persino quanti hanno avversato e condannato tale gesto di vendetta sociale, hanno in qualche modo contribuito ad alimentare.
Così Fabio e Marco sono riusciti ad intrecciare un'attenta ricostruzione storica e una dimensione fantastica, dentro cui s'incontrano figure realmente esistite ma anche immaginarie, comunque in sintonia con quel "tessitore anarchico" la cui vita sembra a sua volta ispirata da un romanzo.
Bresci fu infatti, prima ancora che il tirannicida che colpì a morte casa Savoia, un operaio che conobbe l'avventura drammatica dell'emigrazione aldilà dell'oceano e un individuo animato da brucianti sentimenti e convinzioni, condannato a concludere tragicamente la propria esistenza.
E, sul filo della storia e della fantasia, la storia potrebbe persino continuare, tra i bassifondi dell'East Side dove, alla fine dell'Ottocento si concentravano gli italiani immigrati negli Stati Uniti, intersecandosi con altri protagonisti e altri accadimenti.
Basti pensare, ad esempio, a Joe Petrosino, il celebre poliziotto italo-americano passato alla storia per aver combattuto la fantomatica Mano Nera, ritenuta l'antesignana di Cosa Nostra. In realtà la sua carriera di sbirro fu assai meno limpida ed eroica di quanto ci hanno mostrato alcune ricostruzioni giornalistiche e televisive. Proprio a seguito dell'attentato di Monza, Petrosino s'infiltrò negli ambienti anarchici di Paterson da cui il proveniva Bresci e, nel corso dell'indagine, utilizzando i suoi metodi già famigerati, sottopose a duro interrogatorio Sophie Knieland, compagna dell'anarchico pratese, maltrattandola pesantemente. Quindi nel 1908, il capo della polizia Bingham e lo stesso Petrosino organizzarono una squadra speciale di agenti "con licenza di uccidere", col fine dichiarato di "stritolare la Mano Nera e gli anarchici", usufruendo anche di cospicui finanziamenti elargiti da banchieri, ricchi imprenditori e capitalisti tra i quali, secondo indiscrezioni dell'epoca, pure J.D. Rockefeller e A. Carnegie.
Per questo, quando il 12 marzo 1909, Petrosino venne assassinato a Palermo da anonimi sicari, Errico Malatesta, intervistato a Londra dal corrispondente del New York Times su tale morte, ebbe a dichiarare: "Posso soltanto dire che in considerazione di quanto ho dovuto subire per colpa della polizia, la morte di Petrosino mi lascia del tutto indifferente".
Chissà, potrebbe essere una traccia…

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