Per definizione (ONU) le piccole armi sono quelle armi che possono
essere trasportate da una o due persone, montate su un veicolo leggero
o trasportate da un animale. Queste armi non sono comprese tra quelle
oggetto degli accordi di controllo e limitazione degli armamenti. Sono
comprese nelle piccole armi (small arms) le armi bianche, le pistole, i
fucili, le pistole mitragliatrici, le carabine, i fucili d'assalto con
calibro minore di 20 mm. Fanno parte, invece, delle armi leggere (light
weapons) i bazooka, le granate, i mortai leggeri, i missili anticarro
spalleggiabili, i fucili anticarro, i missili antiaereo spalleggiabili,
le mine disseminabili manualmente. Nell'agosto del 1999 un rapporto
dell'ONU sosteneva che il 90% dei morti e dei feriti nei conflitti
degli anni Novanta, per lo più donne, bambini ed anziani, era da
attribuirsi all'impiego delle piccole armi. Nella maggior parte dei
conflitti combattuti nell'arco di un decennio (95%) si sono impiegate
esclusivamente armi leggere. Se pensiamo, ad esempio, alla loro
facilità di trasporto (una pistola mitragliatrice pesa circa 1 -
1,2 kg) ed al loro costo relativamente contenuto (con 50 milioni di
dollari, ovvero il costo di un aereo da caccia, è possibile
equipaggiare un piccolo esercito con 200.000 fucili d'assalto, alla
loro facilità di impiego e di manutenzione, siamo perfettamente
in grado di capire come le armi leggere siano gli strumenti di morte
più diffusi e micidiali nei conflitti presenti nella gran parte
del mondo: oltre 250.000 ragazzi/e di età inferiore ai 18 anni
hanno combattuto in 33 degli ultimi conflitti e in 26 di essi vi hanno
partecipato ragazzi al di sotto dei 15 anni. E per di più non si
riesce a calcolarne la quantità e la diffusione: le stime delle
Nazioni Unite parlano di un numero che oscillerebbe tra i 500 milioni
ed 1 miliardo. In Afganistan, ad esempio, prima dello scoppio del
conflitto internazionale si stimava che girassero qualcosa come 10
milioni di piccole armi. E che dire del corno d'Africa (Etiopia,
Eritrea, Somalia, Sudan e Gibuti) dove se ne calcolerebbero circa 3
milioni di pezzi in gran parte provenienti dall'ex Unione Sovietica e
dall'Italia? O come non pensare che nell'Africa Occidentale ve ne sono
più di 7 milioni di "esemplari" e che nel solo Mozambico, su 15
milioni di abitanti, si stima siano disponibili circa 10 milioni tra
fucili, mitragliatrici, pistole ed altre armi di provenienza sovietica,
cinese e sudafricana? Secondo gli studi condotti dal Sipri di Stoccolma
e dall'IISS di Londra la sola presenza, come deposito, od il transito
di grandi quantità di armi leggere in diversi stati africani ha
consentito la regionalizzazione ed il diffondersi del conflitto in
questi stessi paesi: lo Zimbawe, il Ruanda, l'Angola, la Namibia, il
Chad e l'Uganda sono stati coinvolti nel conflitto del Congo; l'Egitto
nel Sudan; l'Eritrea e l'Etiopia - entrambe appoggiate militarmente
dagli Stati Uniti - e l'Uganda nel Sudan meridionale; Guinea Bissau,
Liberia, Nigeria e Senegal nei conflitti dell'Africa occidentale. Come
dicevo in precedenza è assai difficile stimare la
quantità e la produzione delle piccole armi soprattutto
perché la loro collocazione sul mercato avviene, per il 40%,
attraverso il mercato nero: in Italia, tanto per fare un esempio che ci
riguarda da vicino, la stessa legge 185/90 (revisione del 1995),
così strenuamente difesa dai pacifisti nostrani, esclude dal
novero dei prodotti sottoposti a controllo i pezzi delle piccole armi
forgiati, fusi e semilavorati. Questo significa, semplicemente, che
l'assemblaggio finale viene trasferito all'estero, dove le maglie dei
controlli e le remore "morali" sono sicuramente più cedevoli. La
Beretta Holding, tanto per rimanere ancora in "casa", stimava che
l'esportazione (1993 - 1999) di armi leggere ad uso militare coprisse
il 30% delle esportazioni totali: se però si fa un raffronto tra
la produzione reale di armi da guerra (comprese quelle dedicate alle
varie polizie internazionali) che si quantificava per un ammontare di
circa 30-40 miliardi annui, di cui almeno l'80% rivolti all'estero e le
autorizzazioni annuali concesse dal governo italiano, sempre sulla base
della 185/90, all'esportazioni di armi, stimabile intorno ai 1 - 4
miliardi di lire, si può facilmente intuire che sia sempre
esistita una zona "grigia" di esportazione di armi portatili civili con
finalità militari. D'altra parte l'impiego duale (civile e
militare) nella produzione di componenti d'arma copre trasversalmente
le piccole e le grandi fabbricazioni. Un altro dato emerge dall'ultimo
rapporto internazionale sul settore, "Small Arm Survey 2004",
presentato ufficialmente a Ginevra e discusso in via preliminare il 24
giugno 2004 nella sede Onu di New York, in una riunione internazionale
sulla "rintracciabilità" delle armi piccole e leggere.
Un concetto, quello della "rintracciabilità", che si fonda sulla
marcatura, la registrazione dei dati e lo scambio di informazioni, e
consente agli Stati di controllare la circolazione mondiale delle
cosiddette Salw (small and lights weapons). La rintracciabilità,
fin dall'estate del 2003, è stato un principio sostenuto dal
ministro dell'Interno Pisanu ed è all'ordine del giorno del
Dipartimento di Pubblica sicurezza. Secondo lo "Small Arm Survey",
dunque, l'Italia, in base agli ultimi dati disponibili (2001) si
attesta al secondo posto per valore di piccole armi esportate -
pistole, carabine, fucili e fucili mitragliatori - con un ammontare di
298,7 milioni di dollari; per gli Usa la cifra è pari a 741,4
milioni mentre al terzo posto si trova il Belgio con 234 milioni.
Il Gran Galà nostrano delle piccole armi si è tenuto a
Brescia, come ogni anno (26a edizione), all'esposizione denominata EXA:
per capire i numeri della fiera sulle piccole armi possiamo dire che ci
sono stati più di 800 espositori, oltre 40.000 visitatori per un
comparto che occupa 5.000 unità e che ha un giro di affari
stimato in 2 miliardi di euro con 704.405 pezzi prodotti. L'edizione di
questo anno porta due eccezionali novità: "D-Fence" e "Area
Shop". La zona "D-Fence" è stata però riservata solo agli
operatori di settore: "una serie di stand, chiusi in una sorta di
mini-padiglione, dedicati a tutti gli strumenti e le attrezzature
normalmente utilizzati dalle Forze dell'ordine ed in dotazione ai corpi
istituzionali italiani ed esteri" dice la brochure. L'area vietata ai
non addetti è però ben conosciuta per i suoi risultati:
"Vessazioni e intimidazioni da parte della polizia" (in Tunisia),
"diffusi pestaggi e saccheggi compiuti dalle Forze di sicurezza" (in
Tanzania), "coinvolgimento delle Forze federali nelle sparizioni di
persone" (in Russia) e "brutalità e uso eccessivo della forza da
parte delle Forze di polizia negli Stati Uniti". Forse anche per
questo, come avverte il sito di Exa 2007, "data la particolare natura
dei prodotti rappresentati e la loro inusuale specializzazione, l'area
non sarà accessibile al pubblico, ma solo agli operatori
accreditati all'ingresso". Si sa invece che "la scelta di istituire
questo spazio risponde alle richieste di un settore significativo della
realtà economica bresciana e non solo, e va nella direzione di
soddisfare quella necessità di maggiore sicurezza per i
cittadini". Visto che non si tratta dei produttori di "articoli
casalinghi" di Lumezzane, c'è da pensare che il "significativo
settore della realtà economica bresciana" che ha chiesto
l'introduzione di questa novità siano gli stessi produttori di
armi promotori di Exa capeggiati dal Consorzio Armaioli Bresciani che
però farebbe soprattutto "repliche di armi antiche e per
collezionismo" - niente a che fare dunque con "strumenti e attrezzature
per le Forze dell'ordine". Non resta da pensare, quindi, che la
decisione sia stata dettata dal maggiore promotore e sponsor di Exa: la
Fabbrica d'armi Pietro Beretta S.p.A. - ma meglio sarebbe dire la
Beretta Holding, la cui produzione di Gardone Valtrompia (circa 1.500
armi al giorno) "copre quasi tutta la gamma delle armi portatili" fino
a "fucili militari automatici". Ma le novità non sono finite!
Quest'anno, per la prima volta, per la gioia degli avventori,
c'è stata l'"Area Shop", "un'apposita area esclusiva nella quale
sarà possibile fare acquisti nei giorni di svolgimento
dell'evento".
In Italia fabbricano armi, per la gioia dei nostro PIL, dei nostri
produttori e di molti concittadini esaltati dai buoni andamenti del
mercato; da altre parti (anche nel nostro bel paese) le stesse armi
vengono usate liberamente ed efficacemente. Grande stupore ed
indignazione collettiva per la strage nel campus americano; poca
indignazione e nessuno stupore per coloro che producono e vendono
questi giocattoli di morte. La solita doppia morale di un paese doppio:
così come ci dobbiamo sorbire le quotidiane omelie di una Chiesa
che dovrebbe avere soltanto la buona creanza di tacere viste le tali e
tante presenze "scomode" al suo interno (4.392
(quattromilatrecentonovantadue) i sacerdoti accusati di violenza su
minore soltanto negli Stati Uniti); così come ci dobbiamo
sorbire le prediche di sedicenti non violenti che inviano truppe
militari e di guerra in tutto il mondo, allo stesso modo ci tocca
asciugare le lacrime a tanti coccodrilli, che dopo essersi ingoiati con
piacere gli aumenti di produttività nel settore armiero,
piangono lucciconi "amari" sui morti dei loro lauti pasti.
Pietro Stara