Umanità Nova, n.14 del 29 aprile 2007, anno 87

Piccole armi, grandi massacri, enormi guadagni
Giocattoli di morte


Per definizione (ONU) le piccole armi sono quelle armi che possono essere trasportate da una o due persone, montate su un veicolo leggero o trasportate da un animale. Queste armi non sono comprese tra quelle oggetto degli accordi di controllo e limitazione degli armamenti. Sono comprese nelle piccole armi (small arms) le armi bianche, le pistole, i fucili, le pistole mitragliatrici, le carabine, i fucili d'assalto con calibro minore di 20 mm. Fanno parte, invece, delle armi leggere (light weapons) i bazooka, le granate, i mortai leggeri, i missili anticarro spalleggiabili, i fucili anticarro, i missili antiaereo spalleggiabili, le mine disseminabili manualmente. Nell'agosto del 1999 un rapporto dell'ONU sosteneva che il 90% dei morti e dei feriti nei conflitti degli anni Novanta, per lo più donne, bambini ed anziani, era da attribuirsi all'impiego delle piccole armi. Nella maggior parte dei conflitti combattuti nell'arco di un decennio (95%) si sono impiegate esclusivamente armi leggere. Se pensiamo, ad esempio, alla loro facilità di trasporto (una pistola mitragliatrice pesa circa 1 - 1,2 kg) ed al loro costo relativamente contenuto (con 50 milioni di dollari, ovvero il costo di un aereo da caccia, è possibile equipaggiare un piccolo esercito con 200.000 fucili d'assalto, alla loro facilità di impiego e di manutenzione, siamo perfettamente in grado di capire come le armi leggere siano gli strumenti di morte più diffusi e micidiali nei conflitti presenti nella gran parte del mondo: oltre 250.000 ragazzi/e di età inferiore ai 18 anni hanno combattuto in 33 degli ultimi conflitti e in 26 di essi vi hanno partecipato ragazzi al di sotto dei 15 anni. E per di più non si riesce a calcolarne la quantità e la diffusione: le stime delle Nazioni Unite parlano di un numero che oscillerebbe tra i 500 milioni ed 1 miliardo. In Afganistan, ad esempio, prima dello scoppio del conflitto internazionale si stimava che girassero qualcosa come 10 milioni di piccole armi. E che dire del corno d'Africa (Etiopia, Eritrea, Somalia, Sudan e Gibuti) dove se ne calcolerebbero circa 3 milioni di pezzi in gran parte provenienti dall'ex Unione Sovietica e dall'Italia? O come non pensare che nell'Africa Occidentale ve ne sono più di 7 milioni di "esemplari" e che nel solo Mozambico, su 15 milioni di abitanti, si stima siano disponibili circa 10 milioni tra fucili, mitragliatrici, pistole ed altre armi di provenienza sovietica, cinese e sudafricana? Secondo gli studi condotti dal Sipri di Stoccolma e dall'IISS di Londra la sola presenza, come deposito, od il transito di grandi quantità di armi leggere in diversi stati africani ha consentito la regionalizzazione ed il diffondersi del conflitto in questi stessi paesi: lo Zimbawe, il Ruanda, l'Angola, la Namibia, il Chad e l'Uganda sono stati coinvolti nel conflitto del Congo; l'Egitto nel Sudan; l'Eritrea e l'Etiopia - entrambe appoggiate militarmente dagli Stati Uniti - e l'Uganda nel Sudan meridionale; Guinea Bissau, Liberia, Nigeria e Senegal nei conflitti dell'Africa occidentale. Come dicevo in precedenza è assai difficile stimare la quantità e la produzione delle piccole armi soprattutto perché la loro collocazione sul mercato avviene, per il 40%, attraverso il mercato nero: in Italia, tanto per fare un esempio che ci riguarda da vicino, la stessa legge 185/90 (revisione del 1995), così strenuamente difesa dai pacifisti nostrani, esclude dal novero dei prodotti sottoposti a controllo i pezzi delle piccole armi forgiati, fusi e semilavorati. Questo significa, semplicemente, che l'assemblaggio finale viene trasferito all'estero, dove le maglie dei controlli e le remore "morali" sono sicuramente più cedevoli. La Beretta Holding, tanto per rimanere ancora in "casa", stimava che l'esportazione (1993 - 1999) di armi leggere ad uso militare coprisse il 30% delle esportazioni totali: se però si fa un raffronto tra la produzione reale di armi da guerra (comprese quelle dedicate alle varie polizie internazionali) che si quantificava per un ammontare di circa 30-40 miliardi annui, di cui almeno l'80% rivolti all'estero e le autorizzazioni annuali concesse dal governo italiano, sempre sulla base della 185/90, all'esportazioni di armi, stimabile intorno ai 1 - 4 miliardi di lire, si può facilmente intuire che sia sempre esistita una zona "grigia" di esportazione di armi portatili civili con finalità militari. D'altra parte l'impiego duale (civile e militare) nella produzione di componenti d'arma copre trasversalmente le piccole e le grandi fabbricazioni. Un altro dato emerge dall'ultimo rapporto internazionale sul settore, "Small Arm Survey 2004", presentato ufficialmente a Ginevra e discusso in via preliminare il 24 giugno 2004 nella sede Onu di New York, in una riunione internazionale sulla "rintracciabilità" delle armi piccole e leggere.
Un concetto, quello della "rintracciabilità", che si fonda sulla marcatura, la registrazione dei dati e lo scambio di informazioni, e consente agli Stati di controllare la circolazione mondiale delle cosiddette Salw (small and lights weapons). La rintracciabilità, fin dall'estate del 2003, è stato un principio sostenuto dal ministro dell'Interno Pisanu ed è all'ordine del giorno del Dipartimento di Pubblica sicurezza. Secondo lo "Small Arm Survey", dunque, l'Italia, in base agli ultimi dati disponibili (2001) si attesta al secondo posto per valore di piccole armi esportate - pistole, carabine, fucili e fucili mitragliatori - con un ammontare di 298,7 milioni di dollari; per gli Usa la cifra è pari a 741,4 milioni mentre al terzo posto si trova il Belgio con 234 milioni.
Il Gran Galà nostrano delle piccole armi si è tenuto a Brescia, come ogni anno (26a edizione), all'esposizione denominata EXA: per capire i numeri della fiera sulle piccole armi possiamo dire che ci sono stati più di 800 espositori, oltre 40.000 visitatori per un comparto che occupa 5.000 unità e che ha un giro di affari stimato in 2 miliardi di euro con 704.405 pezzi prodotti. L'edizione di questo anno porta due eccezionali novità: "D-Fence" e "Area Shop". La zona "D-Fence" è stata però riservata solo agli operatori di settore: "una serie di stand, chiusi in una sorta di mini-padiglione, dedicati a tutti gli strumenti e le attrezzature normalmente utilizzati dalle Forze dell'ordine ed in dotazione ai corpi istituzionali italiani ed esteri" dice la brochure. L'area vietata ai non addetti è però ben conosciuta per i suoi risultati: "Vessazioni e intimidazioni da parte della polizia" (in Tunisia), "diffusi pestaggi e saccheggi compiuti dalle Forze di sicurezza" (in Tanzania), "coinvolgimento delle Forze federali nelle sparizioni di persone" (in Russia) e "brutalità e uso eccessivo della forza da parte delle Forze di polizia negli Stati Uniti". Forse anche per questo, come avverte il sito di Exa 2007, "data la particolare natura dei prodotti rappresentati e la loro inusuale specializzazione, l'area non sarà accessibile al pubblico, ma solo agli operatori accreditati all'ingresso". Si sa invece che "la scelta di istituire questo spazio risponde alle richieste di un settore significativo della realtà economica bresciana e non solo, e va nella direzione di soddisfare quella necessità di maggiore sicurezza per i cittadini". Visto che non si tratta dei produttori di "articoli casalinghi" di Lumezzane, c'è da pensare che il "significativo settore della realtà economica bresciana" che ha chiesto l'introduzione di questa novità siano gli stessi produttori di armi promotori di Exa capeggiati dal Consorzio Armaioli Bresciani che però farebbe soprattutto "repliche di armi antiche e per collezionismo" - niente a che fare dunque con "strumenti e attrezzature per le Forze dell'ordine". Non resta da pensare, quindi, che la decisione sia stata dettata dal maggiore promotore e sponsor di Exa: la Fabbrica d'armi Pietro Beretta S.p.A. - ma meglio sarebbe dire la Beretta Holding, la cui produzione di Gardone Valtrompia (circa 1.500 armi al giorno) "copre quasi tutta la gamma delle armi portatili" fino a "fucili militari automatici". Ma le novità non sono finite! Quest'anno, per la prima volta, per la gioia degli avventori, c'è stata l'"Area Shop", "un'apposita area esclusiva nella quale sarà possibile fare acquisti nei giorni di svolgimento dell'evento".
In Italia fabbricano armi, per la gioia dei nostro PIL, dei nostri produttori e di molti concittadini esaltati dai buoni andamenti del mercato; da altre parti (anche nel nostro bel paese) le stesse armi vengono usate liberamente ed efficacemente. Grande stupore ed indignazione collettiva per la strage nel campus americano; poca indignazione e nessuno stupore per coloro che producono e vendono questi giocattoli di morte. La solita doppia morale di un paese doppio: così come ci dobbiamo sorbire le quotidiane omelie di una Chiesa che dovrebbe avere soltanto la buona creanza di tacere viste le tali e tante presenze "scomode" al suo interno (4.392 (quattromilatrecentonovantadue) i sacerdoti accusati di violenza su minore soltanto negli Stati Uniti); così come ci dobbiamo sorbire le prediche di sedicenti non violenti che inviano truppe militari e di guerra in tutto il mondo, allo stesso modo ci tocca asciugare le lacrime a tanti coccodrilli, che dopo essersi ingoiati con piacere gli aumenti di produttività nel settore armiero, piangono lucciconi "amari" sui morti dei loro lauti pasti.

Pietro Stara

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