Uno dei vizi italici più duri a morire è il
sensazionalismo. Tutte le volte che in Italia un governo fa trapelare
qualche indiscrezione circa i propri orientamenti o, più
tecnicamente, approva un disegno di legge su cui ancora bisogna
discutere in parlamento, si scatena puntuale una baraonda mediatica con
la quale produrre la convinzione che quell'orientamento o quella
proposta di discussione siano già legge dello stato.
Il 24 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge
delega, una bozza Amato-Ferrero, che modifica la disciplina in materia
di immigrazione. Per la sua definitiva approvazione da parte del
parlamento i tempi si prevedono fisiologicamente lunghi (anche
più di un anno), ma il clamore con cui il disegno è stato
accolto è indicativo del clima di campagna elettorale permanente
che il governo vuole sviluppare per tenere buoni immigrati e movimento
antirazzista.
Sulle pagine di questo giornale siamo più volte tornati sulle
manovre governative in tema di immigrazione. Questo disegno di legge
altro non è che la sistemazione in chiave giuridica delle
conclusioni cui era pervenuta la Commissione De Mistura sui CPT nel cui
rapporto erano già state tracciate le linee per la riforma della
Bossi-Fini. È il caso di dirlo, allora: a volte ritornano.
Ritorna la Turco-Napolitano con i suoi vecchi arnesi sui quali era nata
proprio la Bossi-Fini, e le numerose carote che vengono agitate per
dimostrare la bontà del nuovo dispositivo nascondono tutte dei
durissimi bastoni.
Le semplificazioni burocratiche o l'allungamento della durata dei
permessi di soggiorno non sono provvedimenti di cui i ministri Amato e
Ferrero dovrebbero compiacersi. Si tratta del minimo indispensabile che
si sarebbe dovuto garantire da sempre. Lo stesso vale per quanto
riguarda la proposta di abolizione del contratto di soggiorno:
auspicabile, ma il bluff è dietro l'angolo.
In questo disegno non c'è alcuna volontà di sganciare
l'immigrato dal suo ruolo di lavoratore e, dunque, di soggetto
produttivo da spremere. La nuova legge puzza di vecchio a partire dal
demenziale meccanismo della sponsorizzazione: un immigrato potrà
entrare in Italia se ci sarà un datore di lavoro pronto a
garantire economicamente per lui, un ente istituzionale o un sindacato,
oppure - incredibilmente - l'immigrato potrà autosponsorizzarsi
se dimostrerà di avere i soldi per il tempo necessario a
trovarsi un lavoro. Tenendo conto della realtà delle cose, e
delle condizioni drammatiche in cui la maggior parte dei migranti versa
al momento in cui mettono piede in Italia, questa proposta appare non
solo impraticabile ma addirittura offensiva. Tanto più che solo
due sono le categorie di immigrati per le quali le porte sono
sensibilmente più aperte: le colf e le badanti (per il cui
ingresso il governo è disposto a derogare rispetto alle quote
triennali previste dal disegno di legge) che fanno sempre comodo alla
borghesia italiana, e i cosiddetti "talenti" ovvero l'élite
economico-intellettuale dei flussi migratori.
Professionisti, ricercatori, artisti e bella gente saranno ben accolti
senza dover dare troppe spiegazioni: un'odiosa discriminazione di
classe che ha in Sarkozy un illustre predecessore oltre le Alpi (vedi
Umanità Nova n 17 del 14/05/2006).
L'ispirazione classista di questa suddivisione tra immigrati buoni e
immigrati cattivi trova il suo logico coronamento nella mancata
soppressione dei Centri di permanenza temporanea destinati a recludere
i non meglio precisati refrattari alla identificazione. Va da sé
che i meccanismi dell'espulsione e del respingimento alla frontiera
continueranno a esserci perché ci saranno sempre immigrati
identificati come clandestini.
In attesa che si possa discutere di qualcosa di più concreto e
operativo di un disegno di legge delega, è opportuno rilanciare
da subito le lotte e le mobilitazioni antirazziste per smontare
immediatamente questo disegno di legge che non apporta miglioramenti
sostanziali e non si configura nemmeno come un provvedimento di respiro
riformista. Si tratta, al contrario, di una brodaglia avvelenata e
riscaldata che guarda al passato e non perde di vista l'orizzonte
repressivo sul quale il governo italiano e tutti i governi europei
hanno deciso di puntare per allargare e irrobustire le frontiere della
fortezza Europa alla quale milioni di immigrati torneranno a spingere
prestissimo.
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