Umanità Nova, n.15 del 6 maggio 2007, anno 87

Immigrazione: la bozza Amato-Ferrero
Maschere e illusioni del governo



Uno dei vizi italici più duri a morire è il sensazionalismo. Tutte le volte che in Italia un governo fa trapelare qualche indiscrezione circa i propri orientamenti o, più tecnicamente, approva un disegno di legge su cui ancora bisogna discutere in parlamento, si scatena puntuale una baraonda mediatica con la quale produrre la convinzione che quell'orientamento o quella proposta di discussione siano già legge dello stato.
Il 24 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge delega, una bozza Amato-Ferrero, che modifica la disciplina in materia di immigrazione. Per la sua definitiva approvazione da parte del parlamento i tempi si prevedono fisiologicamente lunghi (anche più di un anno), ma il clamore con cui il disegno è stato accolto è indicativo del clima di campagna elettorale permanente che il governo vuole sviluppare per tenere buoni immigrati e movimento antirazzista.
Sulle pagine di questo giornale siamo più volte tornati sulle manovre governative in tema di immigrazione. Questo disegno di legge altro non è che la sistemazione in chiave giuridica delle conclusioni cui era pervenuta la Commissione De Mistura sui CPT nel cui rapporto erano già state tracciate le linee per la riforma della Bossi-Fini. È il caso di dirlo, allora: a volte ritornano. Ritorna la Turco-Napolitano con i suoi vecchi arnesi sui quali era nata proprio la Bossi-Fini, e le numerose carote che vengono agitate per dimostrare la bontà del nuovo dispositivo nascondono tutte dei durissimi bastoni.
Le semplificazioni burocratiche o l'allungamento della durata dei permessi di soggiorno non sono provvedimenti di cui i ministri Amato e Ferrero dovrebbero compiacersi. Si tratta del minimo indispensabile che si sarebbe dovuto garantire da sempre. Lo stesso vale per quanto riguarda la proposta di abolizione del contratto di soggiorno: auspicabile, ma il bluff è dietro l'angolo.
In questo disegno non c'è alcuna volontà di sganciare l'immigrato dal suo ruolo di lavoratore e, dunque, di soggetto produttivo da spremere. La nuova legge puzza di vecchio a partire dal demenziale meccanismo della sponsorizzazione: un immigrato potrà entrare in Italia se ci sarà un datore di lavoro pronto a garantire economicamente per lui, un ente istituzionale o un sindacato, oppure - incredibilmente - l'immigrato potrà autosponsorizzarsi se dimostrerà di avere i soldi per il tempo necessario a trovarsi un lavoro. Tenendo conto della realtà delle cose, e delle condizioni drammatiche in cui la maggior parte dei migranti versa al momento in cui mettono piede in Italia, questa proposta appare non solo impraticabile ma addirittura offensiva. Tanto più che solo due sono le categorie di immigrati per le quali le porte sono sensibilmente più aperte: le colf e le badanti (per il cui ingresso il governo è disposto a derogare rispetto alle quote triennali previste dal disegno di legge) che fanno sempre comodo alla borghesia italiana, e i cosiddetti "talenti" ovvero l'élite economico-intellettuale dei flussi migratori.
Professionisti, ricercatori, artisti e bella gente saranno ben accolti senza dover dare troppe spiegazioni: un'odiosa discriminazione di classe che ha in Sarkozy un illustre predecessore oltre le Alpi (vedi Umanità Nova n 17 del 14/05/2006).
L'ispirazione classista di questa suddivisione tra immigrati buoni e immigrati cattivi trova il suo logico coronamento nella mancata soppressione dei Centri di permanenza temporanea destinati a recludere i non meglio precisati refrattari alla identificazione. Va da sé che i meccanismi dell'espulsione e del respingimento alla frontiera continueranno a esserci perché ci saranno sempre immigrati identificati come clandestini.
In attesa che si possa discutere di qualcosa di più concreto e operativo di un disegno di legge delega, è opportuno rilanciare da subito le lotte e le mobilitazioni antirazziste per smontare immediatamente questo disegno di legge che non apporta miglioramenti sostanziali e non si configura nemmeno come un provvedimento di respiro riformista. Si tratta, al contrario, di una brodaglia avvelenata e riscaldata che guarda al passato e non perde di vista l'orizzonte repressivo sul quale il governo italiano e tutti i governi europei hanno deciso di puntare per allargare e irrobustire le frontiere della fortezza Europa alla quale milioni di immigrati torneranno a spingere prestissimo.

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