Umanità Nova, n.15 del 6 maggio 2007, anno 87

Partito democratico: umanesimo senza eguaglianza
La retorica del buonismo



La nascita del Partito Democratico per fusione di DS e Margherita è un fatto politico che segna un approdo e delinea sviluppi non scontati. L'approdo è quello della creazione di una forza moderata che ha chiuso con il conflitto sociale, visto solo come perturbativo. La società ha nel capitalismo il suo modo di produrre e nel liberalismo la sua forma politica; il meccanismo di inclusione/esclusione sociale passa attraverso la gestione dei diritti individuali, da offrire formalmente a più soggetti possibile, senza intervenire su quanto effettivamente determina gerarchia e sperequazione sociale, cioè il rapporto capitale/lavoro. È come se l'art. 3 della Costituzione fosse spezzato e i suoi due commi (il primo che parla di eguaglianza formale e il secondo che parla di eguaglianza sostanziale da promuovere non bastando certo il riconoscimento formale per superare le diseguaglianze di fatto) prendessero strade diverse. Per i promotori del Partito Democratico i diritti civili sono il motore dell'agire politico, sono il cuore della democrazia e vanno esportati perché in essi sta la verità. In realtà per il Pd la nostra società è semplicemente da governare, da amministrare, in quanto modo di produrre capitalistico e liberalismo politico già ce li abbiamo; dosi di cattolicesimo sociale di vecchio stampo DC servono a temperare la mano invisibile del mercato nei suoi errori, mentre il modello tosco-emiliano di compenetrazione enti locali-ex municipalizzate-cooperative, insomma, il partito dei consiglieri di amministrazione che fa capo a Bersani (il quale infatti si è subito candidato anche lui a guida della neonata formazione politica) tempera lo strapotere dell'industria privata entrando in diretta concorrenza nella gestione sopratutto dei grandi appalti e delle risorse pubbliche (acqua, gas, elettricità). Ma se all'interno "la storia è finita" e quindi non esiste alcuno spazio di trasformazione del modello di società, verso l'esterno i "democratici", con la scusa della bontà e giustezza, del dono che portano, cioè i famosi "diritti dell'uomo", sono naturalmente guerrafondai e fautori dell'intervento armato: la guerra è giusta perché fatta nel nome dei diritti dell'uomo che un nemico dis-umano vuole inculcare; l'Occidente è portatore di un messaggio di valore universale, appunto quello dei diritti individuali e deve compiere fino in fondo la sua missione. Giacché i diritti dell'uomo sono frutto del personalismo cristiano che è fondamento, radice, dell'Occidente stesso, la loro affermazione è benedetta: del resto, non esistono valori in sé laici ed è quindi giusto che la Chiesa (cattolica) abbia il monopolio dei valori e della sfera delle relazioni interpersonali, non economiche (ci pensa il liberismo) e non politiche (ci pensa il liberalismo). Il Pd sta quindi dentro la parabola che si è compiuta negli ultimi venti anni, non solo in Italia, ma nel resto d'Europa, anni durante i quali l'egemonia politico-culturale americana si è totalmente e liberamente dispiegata, senza contrappesi. Emblematicamente, uno dei maggiori fautori del Pd è il presidente del consiglio dei bombardamenti sulla Serbia, quello della "guerra umanitaria", l'attuale ministro degli esteri D'Alema.
Per continuare con l'immagine dei due commi dell'art. 3 della Costituzione, certo a sinistra del Pd si apre un processo di ricompattamento per il cui programma, come ha scritto su Il Manifesto Diego Novelli, il sindaco comunista di Torino delle "giunte rosse" della fine anni '70 nonché la stessa Rossana Rossanda, basta e avanza proprio il secondo comma dell'art. 3, quello dell'eguaglianza sostanziale da promuovere per la realizzazione della persona. In questo senso, ogni rifondazione di una prospettiva e prassi comunista verrebbe riassorbita in un discorso socialdemocratico "forte": con il che si ratificherebbe solo l'esistente. Sarà interessante vedere come in CGIL-CISL-UIL influirà la nascita dei due schieramenti, stante l'osmosi tra ceto politico-amministrativo e sindacale. Quel che appare è il chiarificarsi dei poli che sono sempre esistiti all'interno dell'attuale maggioranza di governo, senza che in effetti nessuno sia certo del seguito elettorale delle rispettive operazioni di accorpamento. Dall'esterno non si può che registrare l'ulteriore spostamento a destra del baricentro della politica istituzionale e l'esplicitarsi del progetto di puro governo dell'esistente che da tempo perseguono maggioranza DS e Margherita, con la società a fare da mero oggetto dell'attività di governo di ceti politico-sindacali diversi più in apparenza che nella sostanza, ceti che dalla società e dal territorio drenano risorse per la loro sopravvivenza e riproduzione.

W.B.

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