La nascita del Partito Democratico per fusione di DS e Margherita
è un fatto politico che segna un approdo e delinea sviluppi non
scontati. L'approdo è quello della creazione di una forza
moderata che ha chiuso con il conflitto sociale, visto solo come
perturbativo. La società ha nel capitalismo il suo modo di
produrre e nel liberalismo la sua forma politica; il meccanismo di
inclusione/esclusione sociale passa attraverso la gestione dei diritti
individuali, da offrire formalmente a più soggetti possibile,
senza intervenire su quanto effettivamente determina gerarchia e
sperequazione sociale, cioè il rapporto capitale/lavoro.
È come se l'art. 3 della Costituzione fosse spezzato e i suoi
due commi (il primo che parla di eguaglianza formale e il secondo che
parla di eguaglianza sostanziale da promuovere non bastando certo il
riconoscimento formale per superare le diseguaglianze di fatto)
prendessero strade diverse. Per i promotori del Partito Democratico i
diritti civili sono il motore dell'agire politico, sono il cuore della
democrazia e vanno esportati perché in essi sta la
verità. In realtà per il Pd la nostra società
è semplicemente da governare, da amministrare, in quanto modo di
produrre capitalistico e liberalismo politico già ce li abbiamo;
dosi di cattolicesimo sociale di vecchio stampo DC servono a temperare
la mano invisibile del mercato nei suoi errori, mentre il modello
tosco-emiliano di compenetrazione enti locali-ex
municipalizzate-cooperative, insomma, il partito dei consiglieri di
amministrazione che fa capo a Bersani (il quale infatti si è
subito candidato anche lui a guida della neonata formazione politica)
tempera lo strapotere dell'industria privata entrando in diretta
concorrenza nella gestione sopratutto dei grandi appalti e delle
risorse pubbliche (acqua, gas, elettricità). Ma se all'interno
"la storia è finita" e quindi non esiste alcuno spazio di
trasformazione del modello di società, verso l'esterno i
"democratici", con la scusa della bontà e giustezza, del dono
che portano, cioè i famosi "diritti dell'uomo", sono
naturalmente guerrafondai e fautori dell'intervento armato: la guerra
è giusta perché fatta nel nome dei diritti dell'uomo che
un nemico dis-umano vuole inculcare; l'Occidente è portatore di
un messaggio di valore universale, appunto quello dei diritti
individuali e deve compiere fino in fondo la sua missione.
Giacché i diritti dell'uomo sono frutto del personalismo
cristiano che è fondamento, radice, dell'Occidente stesso, la
loro affermazione è benedetta: del resto, non esistono valori in
sé laici ed è quindi giusto che la Chiesa (cattolica)
abbia il monopolio dei valori e della sfera delle relazioni
interpersonali, non economiche (ci pensa il liberismo) e non politiche
(ci pensa il liberalismo). Il Pd sta quindi dentro la parabola che si
è compiuta negli ultimi venti anni, non solo in Italia, ma nel
resto d'Europa, anni durante i quali l'egemonia politico-culturale
americana si è totalmente e liberamente dispiegata, senza
contrappesi. Emblematicamente, uno dei maggiori fautori del Pd è
il presidente del consiglio dei bombardamenti sulla Serbia, quello
della "guerra umanitaria", l'attuale ministro degli esteri D'Alema.
Per continuare con l'immagine dei due commi dell'art. 3 della
Costituzione, certo a sinistra del Pd si apre un processo di
ricompattamento per il cui programma, come ha scritto su Il Manifesto
Diego Novelli, il sindaco comunista di Torino delle "giunte rosse"
della fine anni '70 nonché la stessa Rossana Rossanda, basta e
avanza proprio il secondo comma dell'art. 3, quello dell'eguaglianza
sostanziale da promuovere per la realizzazione della persona. In questo
senso, ogni rifondazione di una prospettiva e prassi comunista verrebbe
riassorbita in un discorso socialdemocratico "forte": con il che si
ratificherebbe solo l'esistente. Sarà interessante vedere come
in CGIL-CISL-UIL influirà la nascita dei due schieramenti,
stante l'osmosi tra ceto politico-amministrativo e sindacale. Quel che
appare è il chiarificarsi dei poli che sono sempre esistiti
all'interno dell'attuale maggioranza di governo, senza che in effetti
nessuno sia certo del seguito elettorale delle rispettive operazioni di
accorpamento. Dall'esterno non si può che registrare l'ulteriore
spostamento a destra del baricentro della politica istituzionale e
l'esplicitarsi del progetto di puro governo dell'esistente che da tempo
perseguono maggioranza DS e Margherita, con la società a fare da
mero oggetto dell'attività di governo di ceti politico-sindacali
diversi più in apparenza che nella sostanza, ceti che dalla
società e dal territorio drenano risorse per la loro
sopravvivenza e riproduzione.
W.B.