Il forsennato attacco dell'organo ufficiale dello stato vaticano contro
un comico è l'ennesimo tentativo della chiesa cattolica di
imporre la propria legge negando e censurando qualsiasi opinione
contraria.
Il comico Andrea Rivera è reo di aver ricordato dal palco del
concerto del Primo Maggio due verità innegabili: che la chiesa
nega l'evoluzionismo e che, sempre la chiesa, ha negato i funerali
cattolici a Piergiorgio Welby dopo averli concessi ai boia Pinochet e
Francisco Franco ed aver dato sepoltura nella cripta della basilica di
Sant'Apollinare (vicino Piazza Navona) a Renatino De Pedis, capo della
Banda della Magliana, per non meglio precisati "meriti cattolici".
Accusare di terrorismo chi dice una piccola e scomoda verità
spiega quale sia concezione di libertà che la chiesa cattolica
porta avanti da un paio di millenni: la stessa che ha condannato al
rogo chi ha affermato la sfericità della terra, l'eliocentrismo,
l'evoluzionismo ed i diritti degli individui.
Così come nel mondo si accusano di "terrorismo" intere
popolazioni per avere la scusa di muovergli guerra, massacrarle,
depredarle e sottometterle, in Italia si accusa di terrorismo un povero
comico, peraltro cattolico, per poter muovere guerra alla
libertà d'espressione.
L'intimidazione è l'unica risposta che la chiesa sa dare alle critiche che le vengono mosse.
Si terrorizza chiunque non sia allineato ai desiderata vaticani
imponendogli la censura (meglio se nella discreta forma
dell'autocensura) quando parla in pubblico. Questo è il solo
terrorismo che promana da questa vicenda!
Non sorprendono neanche le reazioni dei leader delle tre centrali
sindacali. Senza alcun pudore si sono sentiti in dovere di prendere le
distanze, non solo da Rivera, ma dal primo maggio stesso ("il primo
maggio non è il luogo adatto per fare politica"; "frasi
inopportune, tanto più in una giornata come questa"). Il primo
maggio, lo ricordiamo, nacque come giornata di lotta per ricordare gli
anarcosindacalisti condannati a morte in seguito ad uno sciopero fatto
a Chicago il primo maggio del 1886. Questi signori evidentemente
ritengono che la data del primo maggio serva a glorificare San Giuseppe
Artigiano (celebrazione inventata dalla chiesa nel 1970).
D'altro canto come pretendere che siano rispettati i più banali
diritti alla libertà d'espressione da parte di chi ha svenduto i
diritti faticosamente conquistati dai lavoratori, condannando i
più anziani alla perdita del potere d'acquisto dei propri salari
e pensioni e i più giovani al precariato a vita?
Né miglior figura hanno fatto i politici sempre pronti alla
riverenza alla chiesa, come nel caso dell'esenzione ICI, dei
finanziamenti a scuole, università ed ospedali cattolici, delle
regalie con i fondi pubblici (i soldi per i preti li trovano sempre).
Ora i politici si preparano alla processione per il "family day",
tentativo clericale di negare a 5 milioni di coppie conviventi non
sposate, il diritto ad assistersi in caso di malattia o di continuare
ad abitare sotto lo stesso tetto in caso di morte del partner
intestatario dell'appartamento.
Quelli che scenderanno in piazza il prossimo 12 maggio lo faranno per
negare un diritto ad altri, non per affermarne uno proprio!
Garantire alcuni diritti alle coppie conviventi non significa toglierli
a chi è sposato. Quest'altra banale verità non viene mai
ricordata ai sostenitori della "sacralità" della famiglia.
Se la chiesa cattolica credesse davvero in ciò che dice, si
limiterebbe a minacciare l'inferno per le coppie non sposate, non
avrebbe alcun bisogno di invocare una legge per negare il diritto
all'affettività di chi non si riconosce nei suoi dogmi.
Gli insulti proferiti dall'ineffabile monsignor Bagnasco che ha
dichiarato che "nell'aberrazione" delle coppie di fatto "c'è il
germoglio della pedofilia" servono solo a nascondere la vacuità
degli argomenti addotti.
Vacuità degli argomenti che, dopo aver insultato tutti i
conviventi, li porta a far passare un sano invito a vergognarsi come
chissà quale attentato di lesa maestà.
Se monsignor Bagnasco ed il Papa vogliono fare politica e legiferare si
devono rassegnare ad essere criticati: per fortuna non c'è
più il papa re, anche se qualche politico lo vorrebbe far
tornare.
Qualora passassero i Dico, i cattolici non sarebbero obbligati a
convivere, così come non sono obbligati a divorziare. La paura
della chiesa è che lo facciano e che capiscano che una vita
libera e senza dogmi è molto migliore di quella, fatta di sensi
di colpa e pentimenti, che gli prospetta la loro religione.
Fricche