Umanità Nova, n.16 del 13 maggio 2007, anno 87

Italia, Francia, Gran Bretagna
Democrazia autoritaria e identitaria


In Italia, Francia, Inghilterra qualcosa si muove e il baricentro della politica istituzionale si sposta un altro poco a destra. Sono tempi duri, c'è la guerra, la crisi economica strisciante che colpisce i ceti sociali medio-bassi, i quali, in mancanza di punti di riferimento altri, vanno a cercare nell'identità nazionale/locale e nella difesa del loro sempre più scarso potere d'acquisto fragili punti di riferimento. Son tempi duri e per Prodi D'Alema Rutelli non esiste un altro mondo possibile: esistono solo liberismo economico e liberalismo politico, con spruzzate superficiali di cattolicesimo sociale e di buonismo veltroniano. Gli uomini son tutti uguali, hanno gli stessi diritti: il diritto di votare e il diritto di comprare. Mica si parla di altro: tutto il mondo deve poter votare e poter comprare. Quindi i diritti (questi, beninteso) si possono esportare in punta di baionetta e così si ripete un classico della ideologia e della politica occidentale. L'occidente, la terra del tramonto, porta la luce al mondo: la civiltà di Roma, poi il cristianesimo, poi la civiltà della ragione e quella dei diritti, la cultura contro alla barbarie: ma anziché strumento di convivenza tra diversi, la libertà è diventata la clava dell'omologazione e della distruzione delle identità non conformi. Così oggi in Italia qualcuno dando vita al Partito Democratico pensa di ricavare alla politica uno spazio di puro governo delle libere forze sociali, scimmiottando la fallimentare politica di Tony Blair, seppellita in questi giorni in Inghilterra dalla valanga conservatrice ed autonomista, una politica che tanti guasti ha fatto anche in Europa con l'apertura di credito indiscriminata ai paesi dell'ex URSS guidati da governi il cui unico merito è la totale adesione al modello liberale e liberista, mentre veniva impedito anche il minimo sviluppo di un'Europa sociale e l'Inghilterra si confermava il più fidato alleato di un governo statunitense proiettato in una folle escalation bellica. In Francia, intanto, viene eletto presidente della repubblica l'uomo del pugno di ferro contro immigrati, sans papier, banlieue; l'uomo della francesità e del populismo spinto, della civiltà del lavoro contro la finanza e altre amenità simili. A forza di seminar paura ed insicurezza si raccoglie bisogno di sicurezza e di certezze: il capitale precarizza le condizioni di vita, fino a riportare la guerra ad essere l'orizzonte permanente della vita quotidiana, in cui la vita si sente messa a repentaglio in modo decisivo e radicale. Le tante piccole insicurezze quotidiane, la distruzione di ogni legame sociale, l'idea che solo lasciando libero ciascuno di arricchirsi il più possibile si possa render migliore la società, come se l'aritmetica di benessere e disagio possa dare un risultato comunque positivo, come se fossero solo i numeri che fanno di un paese un'azienda, come tale da gestire, sfruttando al massimo chi la abita. Con ogni evidenza il tipo di democrazia che ha tenuto banco nel secolo scorso è gravemente malata, perché il suo ruolo di ammortizzatore del conflitto sociale non serve più: il conflitto sociale o non esiste più o è indirizzato altrove o è sublimato o è represso duramente. Di certo, venuta meno l'utilità della democrazia della partecipazione in un'ottica di concorrenza con i modelli socialisti, insomma con il venir meno del compito storico della socialdemocrazia, emerge il profilo di una democrazia autoritaria ed identitaria, basata sull'esclusione anziché sull'inclusione, affarista e bellicista, portatrice nel mondo con le proverbiali cannoniere dei valori universali incarnati dai diritti dell'uomo, presunta versione laica dei valori cristiani. In hoc signo vinces.

W.B.

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