Umanità Nova, n.16 del 13 maggio 2007, anno 87

Rapporto sulle famiglie. La realtà oltre la finzione


Su iniziativa della commissione Affari sociali della Camera dei deputati è stata portata a termine una ricerca sulle condizioni sociali della famiglia in Italia.
Questa indagine, la prima del settore, ha permesso di fotografare l'istituzione sociale per eccellenza – la famiglia – che proprio negli ultimi tempi è stata al centro di dibattiti e polemiche molto aspre. Il quadro che ne viene fuori sancisce inequivocabilmente l'incolmabile distanza fra la realtà della famiglia oggi in Italia e la concezione tradizionale e reazionaria che ne hanno sia la classe dirigente del paese sia le gerarchie vaticane. Un abisso, quello tra la vita vissuta dalla gente e i dettami politico-clericali, che di certo non si potrà colmare finché ci si ostinerà a sacralizzare in termini assolutistici una istituzione sociale che cambia e si trasforma seguendo naturalmente le evoluzioni dell'intero corpo sociale.
Ciò che emerge dall'indagine parlamentare è una situazione di generale crisi della famiglia tradizionale. Dal 1998 al 2003 in Italia le coppie con figli sono diminuite di 1 milione (da 10,5 a 9,6 milioni) mentre, significativamente, le coppie senza figli sono aumentate della stessa quantità (da 3,9 a 4,9 milioni). Le famiglie con cinque o più componenti si sono drasticamente ridimensionate (dall'8,4% al 6,5% nel decennio 1995-2005) e si sono ormai consolidati nuovi modelli familiari: tra i single non vedovi, le coppie di fatto o ricostruite e i genitori soli si arriva a 5 milioni e 200mila famiglie nel 2005, cioè il 23% del totale. I bambini che nascono al di fuori del matrimonio sono sempre di più: tra il 1995 e il 2004 sono aumentati del 70%, mentre – in generale – la famiglia italiana si può considerare la più "vecchia" in Europa considerando l'aumento della presenza degli anziani.
Elemento fondamentale per cogliere i dati rilevati è il dramma costituito dalla mancanza di lavoro e dalla precarietà economica. Tale instabilità si riflette sull'assetto familiare: il mantenimento di un figlio con meno di sei anni accresce i costi della coppia senza figli del 19,4% e questo a fronte dei 1.800 euro che guadagnano in media il 50% delle famiglie. Le audizioni della commissione hanno inoltre evidenziato una eccessiva centralità del lavoro a scapito di altri aspetti della vita famigliare come, ad esempio, la cura delle relazioni. In buona sostanza, le ansie e le preoccupazioni legate a urgenti questioni di quotidiana sopravvivenza inducono a trascurare l'elemento affettivo che dovrebbe essere alla base del legame famigliare. La condizione femminile è paradigmatica: il tasso di occupazione femminile (45,2%) è di gran lunga inferiore alla media europea (60%) e la precarietà affligge maggiormente le donne che non solo percepiscono redditi inferiori a quelli degli uomini, ma non possono neanche usufruire di coperture durante la maternità. Di conseguenza, in Italia, le donne che fanno figli escono con facilità dal mercato del lavoro (accade a una su cinque al primo figlio) o scelgono di passare a un'attività meno remunerativa. La disuguaglianza di genere si misura anche nel ruolo assistenziale cui è ancora costretta la donna, specialmente al Sud: il 77% del tempo complessivamente dedicato al lavoro famigliare è ancora a carico della donna (assistenza a bambini e anziani); di contro, secondo dati Istat, il tempo dedicato dai padri al lavoro familiare nel corso della giornata è cresciuto di appena un quarto d'ora in quattordici anni. Come se non bastasse (e la cronaca ne dà ampia testimonianza ogni giorno che passa) la famiglia è il luogo in cui le donne subiscono più spesso violenza: la subisce il 10-12% della popolazione femminile.
Un'altra caratteristica delle famiglie italiane è il fatto che, tendenzialmente, i figli restano a lungo con i genitori. I giovani celibi e nubili tra i 25 e i 34 anni che continuano a vivere nella famiglia di origine erano il 35,5% nel 1995 e sono diventati il 43,3% nel 2005. E quando (e se) si sceglie di avere un figlio, lo si fa piuttosto tardi: l'età media delle madri residenti in Italia alla nascita dei figli è stata di 30,08 anni nel 2004. I dati sono impietosi anche nel confermare la drammatica attualità della questione meridionale: oltre il 70% delle famiglie povere con figli risiede al Sud, dove è anche più concentrata la disoccupazione e più carente è la rete dei servizi.
L'obiettivo dichiarato dell'indagine promossa dalla commissione è quello di stabilire «una nuova e più efficace iniziativa del parlamento sulle politiche famigliari» attraverso dispositivi di welfare come la detassazione per favorire le famiglie (anche nel pagamento delle bollette), interventi sul lavoro e la precarietà per sostenere il desiderio di maternità e paternità e l'autonomia dei giovani anche con l'istituzione di un reddito minimo di inserimento. A promettere il sol dell'avvenire per la famiglia italiana postmoderna è stato il presidente della Commissione Mimmo Luccà, iscritto a quello stesso partito – la Margherita – che dell'obbedienza e della riverenza ai diktat vaticani ha fatto da sempre il proprio cavallo di battaglia. Non è un caso, infatti, che nel rapporto sulla famiglia italiana non si parli mai di coppie omosessuali e che quelle di fatto siano genericamente menzionate come «non coniugate» a dimostrazione che il parametro cui riferirsi per analizzare e valutare possibili interventi di politica famigliare è, sempre e comunque, il sacro vincolo del matrimonio come Dio comanda.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti