Su iniziativa della commissione Affari sociali della Camera dei
deputati è stata portata a termine una ricerca sulle condizioni
sociali della famiglia in Italia.
Questa indagine, la prima del settore, ha permesso di fotografare
l'istituzione sociale per eccellenza – la famiglia – che
proprio negli ultimi tempi è stata al centro di dibattiti e
polemiche molto aspre. Il quadro che ne viene fuori sancisce
inequivocabilmente l'incolmabile distanza fra la realtà della
famiglia oggi in Italia e la concezione tradizionale e reazionaria che
ne hanno sia la classe dirigente del paese sia le gerarchie vaticane.
Un abisso, quello tra la vita vissuta dalla gente e i dettami
politico-clericali, che di certo non si potrà colmare
finché ci si ostinerà a sacralizzare in termini
assolutistici una istituzione sociale che cambia e si trasforma
seguendo naturalmente le evoluzioni dell'intero corpo sociale.
Ciò che emerge dall'indagine parlamentare è una
situazione di generale crisi della famiglia tradizionale. Dal 1998 al
2003 in Italia le coppie con figli sono diminuite di 1 milione (da 10,5
a 9,6 milioni) mentre, significativamente, le coppie senza figli sono
aumentate della stessa quantità (da 3,9 a 4,9 milioni). Le
famiglie con cinque o più componenti si sono drasticamente
ridimensionate (dall'8,4% al 6,5% nel decennio 1995-2005) e si sono
ormai consolidati nuovi modelli familiari: tra i single non vedovi, le
coppie di fatto o ricostruite e i genitori soli si arriva a 5 milioni e
200mila famiglie nel 2005, cioè il 23% del totale. I bambini che
nascono al di fuori del matrimonio sono sempre di più: tra il
1995 e il 2004 sono aumentati del 70%, mentre – in generale
– la famiglia italiana si può considerare la più
"vecchia" in Europa considerando l'aumento della presenza degli anziani.
Elemento fondamentale per cogliere i dati rilevati è il dramma
costituito dalla mancanza di lavoro e dalla precarietà
economica. Tale instabilità si riflette sull'assetto familiare:
il mantenimento di un figlio con meno di sei anni accresce i costi
della coppia senza figli del 19,4% e questo a fronte dei 1.800 euro che
guadagnano in media il 50% delle famiglie. Le audizioni della
commissione hanno inoltre evidenziato una eccessiva centralità
del lavoro a scapito di altri aspetti della vita famigliare come, ad
esempio, la cura delle relazioni. In buona sostanza, le ansie e le
preoccupazioni legate a urgenti questioni di quotidiana sopravvivenza
inducono a trascurare l'elemento affettivo che dovrebbe essere alla
base del legame famigliare. La condizione femminile è
paradigmatica: il tasso di occupazione femminile (45,2%) è di
gran lunga inferiore alla media europea (60%) e la precarietà
affligge maggiormente le donne che non solo percepiscono redditi
inferiori a quelli degli uomini, ma non possono neanche usufruire di
coperture durante la maternità. Di conseguenza, in Italia, le
donne che fanno figli escono con facilità dal mercato del lavoro
(accade a una su cinque al primo figlio) o scelgono di passare a
un'attività meno remunerativa. La disuguaglianza di genere si
misura anche nel ruolo assistenziale cui è ancora costretta la
donna, specialmente al Sud: il 77% del tempo complessivamente dedicato
al lavoro famigliare è ancora a carico della donna (assistenza a
bambini e anziani); di contro, secondo dati Istat, il tempo dedicato
dai padri al lavoro familiare nel corso della giornata è
cresciuto di appena un quarto d'ora in quattordici anni. Come se non
bastasse (e la cronaca ne dà ampia testimonianza ogni giorno che
passa) la famiglia è il luogo in cui le donne subiscono
più spesso violenza: la subisce il 10-12% della popolazione
femminile.
Un'altra caratteristica delle famiglie italiane è il fatto che,
tendenzialmente, i figli restano a lungo con i genitori. I giovani
celibi e nubili tra i 25 e i 34 anni che continuano a vivere nella
famiglia di origine erano il 35,5% nel 1995 e sono diventati il 43,3%
nel 2005. E quando (e se) si sceglie di avere un figlio, lo si fa
piuttosto tardi: l'età media delle madri residenti in Italia
alla nascita dei figli è stata di 30,08 anni nel 2004. I dati
sono impietosi anche nel confermare la drammatica attualità
della questione meridionale: oltre il 70% delle famiglie povere con
figli risiede al Sud, dove è anche più concentrata la
disoccupazione e più carente è la rete dei servizi.
L'obiettivo dichiarato dell'indagine promossa dalla commissione
è quello di stabilire «una nuova e più efficace
iniziativa del parlamento sulle politiche famigliari» attraverso
dispositivi di welfare come la detassazione per favorire le famiglie
(anche nel pagamento delle bollette), interventi sul lavoro e la
precarietà per sostenere il desiderio di maternità e
paternità e l'autonomia dei giovani anche con l'istituzione di
un reddito minimo di inserimento. A promettere il sol dell'avvenire per
la famiglia italiana postmoderna è stato il presidente della
Commissione Mimmo Luccà, iscritto a quello stesso partito
– la Margherita – che dell'obbedienza e della riverenza ai
diktat vaticani ha fatto da sempre il proprio cavallo di battaglia. Non
è un caso, infatti, che nel rapporto sulla famiglia italiana non
si parli mai di coppie omosessuali e che quelle di fatto siano
genericamente menzionate come «non coniugate» a
dimostrazione che il parametro cui riferirsi per analizzare e valutare
possibili interventi di politica famigliare è, sempre e
comunque, il sacro vincolo del matrimonio come Dio comanda.
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