Che a Cofferati sia venuta in uggia una buona parte della "sua"
Bologna, e con essa dei "suoi" bolognesi, è ormai cosa nota.
Come cosa nota, del resto, è che per molte anime belle della
cosiddetta sinistra emiliana, Cofferati rappresenti oggi la "peggiore
delusione della loro vita". Per chi vive all'ombra delle Due Torri,
infatti, non passa giorno che questo sindaco vice-sceriffo, emulo
invidioso, ahimé, del vice-sindaco sceriffo di Treviso,
Gentilini, non escogiti qualcosa per sferrare delle sonore botte alle
già autoconsunte parti basse dei suoi compagni di partito. E che
per ottenere ciò vada a far male anche alla decantata anima
democratica di Bologna, non è certo cosa che gli turbi il sonno.
Tra le tante decisioni, che qui sarebbe troppo lungo elencare, appare
esemplare quella di intitolare una strada bolognese a Sergio Ramelli,
il militante del Fronte della Gioventù che nel 1975, a Milano,
fu ucciso, forse involontariamente, da due componenti del servizio
d'ordine di Avanguardia Operaia. Su esplicita richiesta, infatti, degli
esponenti bolognesi di AN (ex missini ma sempre fascisti), Cofferati ha
deciso quello che nemmeno Guazzaloca e la sua giunta di centrodestra,
giudicandolo inopportuno, vollero fare.
In questo atto, comunque, non c'è solo l'evidente e maliziosa
intenzione di costringere una volta di più la parte
dell'apparato che "non lo ama" a subire una scelta non condivisa e a
farsi del male. C'è anche, altrettanto evidente, l'utilizzo
strumentale di quel revisionismo storico, a parole aspramente
combattuto da una parte della sinistra, con il quale oggi viene
riscritta, stravolgendone i fatti e la memoria, la storia politica e
sociale dei decenni trascorsi. Una riscrittura, si sa, ora ciecamente
colpevolista, ora oscenamente assolutoria, ma sempre utile, nella sua
mistificante ideologia, per gettare le basi di nuove alleanze, di nuovi
compromessi e di nuove vergognose politiche sociali. Se dietro a questa
decisione ci fosse, infatti, la semplice volontà di rendere
omaggio alla memoria di un giovane ucciso in uno scontro politico, non
si capirebbe perché Bologna non dovrebbe avere, ben più
logicamente, una strada intitolata a Francesco Lo Russo. Ma Francesco,
i suoi ideali e le sue lotte, non servono ai giochi del potere, e
quindi... È sempre di questi giorni, guarda te!, la notizia che
l'istituto milanese Molinari, quello dove Ramelli studiava, ma dove non
era certo riuscito a farsi amare, anzi!, ha deciso, come atto di
"riparazione", di apporre una targa in ricordo del suo ex alunno. Se si
pensa che questo istituto è intitolato all'anarchico Ettore
Molinari, non solo insigne chimico ma anche tra i fondatori, nel 1920,
di questo nostro giornale, c'è davvero da stare allegri.
Dicevamo di Cofferati e Bologna, dunque, ma pure a Roma non è
che stiano tanto bene. Anche nella città eterna, infatti, si
provvederà a scrivere, a breve, un'altra onesta pagina di
memoria negata, ma questa volta ancora più vergognosa e
insultante. Quel pupazzotto disneyano de'noantri che risponde al nome
di Walter Veltroni, nobilmente impegnato, costi quel che costi, a farsi
sempre più amare dai suoi concittadini, ha deciso di dedicare
una strada della capitale al diretto responsabile della morte di
Pinelli, con la motivazione che "il commissario Calabresi, ucciso nel
maggio del 1972, era un uomo delle istituzioni e il suo sacrificio deve
far parte della storia del Paese". Ineccepibile davvero! Che il suo sia
stato un sacrificio sull'altare della ragion di stato (Calabresi era
diventato scomodo per i suoi mandanti e al commando di Lotta Continua
non riesco proprio a credere) è sicuramente vero. Che faccia
parte della storia del Paese, e alla storia più buia e infame,
è altrettanto vero. Che fosse un uomo delle istituzioni,
è ancora più vero. Ed è talmente vero, che pure
questo è uno dei motivi, e non dei più modesti, per cui a
noi, queste istituzioni ci fanno proprio schifo!
MoM