Umanità Nova, n.17 del 20 maggio 2007, anno 87

Bologna, Roma, Milano. Targhe revisioniste


Che a Cofferati sia venuta in uggia una buona parte della "sua" Bologna, e con essa dei "suoi" bolognesi, è ormai cosa nota. Come cosa nota, del resto, è che per molte anime belle della cosiddetta sinistra emiliana, Cofferati rappresenti oggi la "peggiore delusione della loro vita". Per chi vive all'ombra delle Due Torri, infatti, non passa giorno che questo sindaco vice-sceriffo, emulo invidioso, ahimé, del vice-sindaco sceriffo di Treviso, Gentilini, non escogiti qualcosa per sferrare delle sonore botte alle già autoconsunte parti basse dei suoi compagni di partito. E che per ottenere ciò vada a far male anche alla decantata anima democratica di Bologna, non è certo cosa che gli turbi il sonno.
Tra le tante decisioni, che qui sarebbe troppo lungo elencare, appare esemplare quella di intitolare una strada bolognese a Sergio Ramelli, il militante del Fronte della Gioventù che nel 1975, a Milano, fu ucciso, forse involontariamente, da due componenti del servizio d'ordine di Avanguardia Operaia. Su esplicita richiesta, infatti, degli esponenti bolognesi di AN (ex missini ma sempre fascisti), Cofferati ha deciso quello che nemmeno Guazzaloca e la sua giunta di centrodestra, giudicandolo inopportuno, vollero fare.
In questo atto, comunque, non c'è solo l'evidente e maliziosa intenzione di costringere una volta di più la parte dell'apparato che "non lo ama" a subire una scelta non condivisa e a farsi del male. C'è anche, altrettanto evidente, l'utilizzo strumentale di quel revisionismo storico, a parole aspramente combattuto da una parte della sinistra, con il quale oggi viene riscritta, stravolgendone i fatti e la memoria, la storia politica e sociale dei decenni trascorsi. Una riscrittura, si sa, ora ciecamente colpevolista, ora oscenamente assolutoria, ma sempre utile, nella sua mistificante ideologia, per gettare le basi di nuove alleanze, di nuovi compromessi e di nuove vergognose politiche sociali. Se dietro a questa decisione ci fosse, infatti, la semplice volontà di rendere omaggio alla memoria di un giovane ucciso in uno scontro politico, non si capirebbe perché Bologna non dovrebbe avere, ben più logicamente, una strada intitolata a Francesco Lo Russo. Ma Francesco, i suoi ideali e le sue lotte, non servono ai giochi del potere, e quindi... È sempre di questi giorni, guarda te!, la notizia che l'istituto milanese Molinari, quello dove Ramelli studiava, ma dove non era certo riuscito a farsi amare, anzi!, ha deciso, come atto di "riparazione", di apporre una targa in ricordo del suo ex alunno. Se si pensa che questo istituto è intitolato all'anarchico Ettore Molinari, non solo insigne chimico ma anche tra i fondatori, nel 1920, di questo nostro giornale, c'è davvero da stare allegri.
Dicevamo di Cofferati e Bologna, dunque, ma pure a Roma non è che stiano tanto bene. Anche nella città eterna, infatti, si provvederà a scrivere, a breve, un'altra onesta pagina di memoria negata, ma questa volta ancora più vergognosa e insultante. Quel pupazzotto disneyano de'noantri che risponde al nome di Walter Veltroni, nobilmente impegnato, costi quel che costi, a farsi sempre più amare dai suoi concittadini, ha deciso di dedicare una strada della capitale al diretto responsabile della morte di Pinelli, con la motivazione che "il commissario Calabresi, ucciso nel maggio del 1972, era un uomo delle istituzioni e il suo sacrificio deve far parte della storia del Paese". Ineccepibile davvero! Che il suo sia stato un sacrificio sull'altare della ragion di stato (Calabresi era diventato scomodo per i suoi mandanti e al commando di Lotta Continua non riesco proprio a credere) è sicuramente vero. Che faccia parte della storia del Paese, e alla storia più buia e infame, è altrettanto vero. Che fosse un uomo delle istituzioni, è ancora più vero. Ed è talmente vero, che pure questo è uno dei motivi, e non dei più modesti, per cui a noi, queste istituzioni ci fanno proprio schifo!

MoM

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