Il "patto per la sicurezza che il ministro di polizia Giuliano Amato
sta sottoscrivendo in questi giorni con gli amministratori delle
principali città italiane non è la risposta della
politica ai fatti di cronaca dell'ultimo mese che i media hanno
esaltato sottolineando il ruolo in essi di cittadini comunitari
(sopratutto romeni) ed estracomunitari. I media hanno "sbattuto in
prima pagina" i "mostri" venuti da altri mondi, gli alieni che ci
minacciano, dimenticandosi, magari, della bimba polacca ammazzata a
pistolettate dal "bravo" italiano che voleva regolare un conto con il
padre della stessa. La vicenda dei "patti per la sicurezza" è un
caso da manuale di manipolazione dell'informazione. In realtà,
infatti, i patti per la sicurezza erano stati annunciati il 20 marzo.
Oggi che incominciano ad essere firmati, debitamente "personalizzati"
città per città, naturalmente passano per la tempestiva
risposta ad una "emergenza sociale", ma è esattamente il
contrario. I principali quotidiani a diffusione nazionale e i
telegiornali, per almeno un mese hanno battuto giorno dopo giorno il
tasto del pericolo, dell'insicurezza, andando letteralmente a cercare
la notizia dove non c'era e, sopratutto, compiendo l'operazione di
qualificare i reati commessi in base alla nazionalità del reo.
Cioè la nazionalità di un omicida o di un rapinatore
è diventata, in modo strabordante, elemento qualificante la
notizia. Così, nel giro di pochi giorni abbiamo avuto l'omicida
romena con l'ombrello, i sequestratori albanesi con benzina, il rom che
uccide investendola la vittima del furto d'auto. Reati che accadono
quotidianamente in ogni società, che fanno parte della
fisiologia del vivere sociale, diventano una notizia se a commetterli
è uno "straniero". Lo spostamento dei rom fuori le mura del
raccordo anulare a Roma, oggi, ad esempio, dopo questo periodo di
bombardamento mediatico, non sembra "proprio male". Il problema
è che le misure repressive messe in campo hanno una valenza che
va ben oltre quella già grave del razzismo mica tanto
strisciante che le connota. I patti per la sicurezza sono provvedimenti
amministrativi che incidono pesantemente sulle libertà di tutti,
sono un affare tutto interno agli apparati amministrativi e di governo,
sono affari di prefetti, non di parlamento, sono provvedimenti di
polizia che dilatano i poteri di controllo del territorio e delle
persone. E stanno dentro ad un progetto ben preciso e ad una dinamica
di trasformazione della democrazia in marcia da tempo. La cosa è
lampante se si accosta la vicenda dei "patti per la sicurezza" alla
polemica sull'efficienza del parlamento fatta scattare da Prodi, cui
è seguita la dura risposta di Bertinotti: ma l'attenzione va
posta sulla chiosa di D'Alema, secondo il quale l'Italia paga il non
aver fatto ancora le riforme istituzionali. Se la colpa un po' se la
deve prendere Berlusconi che affondò la commissione parlamentare
bicamerale presieduta dallo stesso D'Alema, la riforma costituzionale
della destra bocciata dal referendum popolare dello scorso giugno in
realtà non dispiace al Partito democratico, perché
è tutta incentrata sulla "governabilità", facendo
dell'esecutivo, a danno del parlamento, il perno del sistema
istituzionale ed accentrando nel capo del governo i poteri necessari
per rendere l'azione di governo "rapida ed efficace". E non passi
inosservato il fatto che la recente vicenda delle elezioni francesi
costituisca un termine di paragone diffuso: hanno colpito i temi della
campagna elettorale, incentrati sulla "identità" francese e
sulle ricette per governare l'attuale società occidentale,
ricette non troppo diverse tra i due candidati, nonché il
fascino di un sistema elettorale per l'elezione diretta del presidente
della repubblica e il doppio turno per l'elezione del parlamento che
induce una semplificazione delle forze politiche presenti in
parlamento. Si noti poi la composizione del governo voluto da Sarkozy:
sette donne su quindici ministeri, ad una donna il ministero degli
Interni e ad una donna il ministero della giustizia, una donna per di
più magrebina, simbolo vivente del fatto che "se ci si rimbocca
le maniche e non ci si piange addosso nella vita tutti possono arrivare
ovunque": un messaggio "all'americana" ed infatti nel governo Bush ci
stanno Condy Rice e il ministro della giustizia di origine messicana,
altro esempio di selfmade man. E il messaggio chiaro di Sarkozy
è che tutto deve essere fatto "nell'interesse supremo della
nazione", che gli "egoismi" (sostantivo usato anche da noi in questi
giorni per le richieste degli statali) devono essere messi da parte.
Populismo. Incomincia a delinearsi meglio il profilo della forma di
governo che si va costituendo. Ancora un elemento. Non si contano
più i "comitati spontanei" di cittadini che chiedono "più
sicurezza" e ciò accade sopratutto nei quartieri popolari, dove
quel poco che si ha è più prezioso che altrove e dove
hanno preso piede formazioni di estrema destra e neonaziste come Forza
Nuova, i cui striscioni e bandiere si possono ormai notare ad ogni
presidio o corteo per la "sicurezza". Sono le stesse "truppe di
complemento" che ormai quasi quotidianamente aggrediscono anche al
coltello su e giù per lo stivale, incendiano, pestano, ecc. Non
c'è da sorprendersi. La contingenza economica è nota, la
forbice sociale si sta allargando e dove non si innescano meccanismi di
reazione squisitamente "di classe", il che non può certo
accadere per qualche misteriosa autopoiesi, "la colpa a qualcuno
bisogna darla" ed è sempre accaduto che sono gli altri poveracci
quelli su cui si scarica la rabbia e la frustrazione di chi vede
erodere giorno dopo giorno il suo reddito, le sue condizioni di lavoro,
la qualità della sua vita. Va da sé che una legislazione
come quella attuale in materia di stupefacenti e sull'immigrazione non
può che creare a sua vota criminali di cui riempire le carceri
(un terzo dei detenuti non è italiana; i reati connessi al
commercio e traffico di sostanze stupecanti è in testa alle
statistiche). Ma mentre cresce il nervosismo nelle fabbriche e sugli
altri posti di lavoro per il destino del TFR, delle pensioni, per i
salari sempre troppo bassi, allora sono anche più chiari i patti
per la sicurezza e le gli strepiti dei giornali sulla "minaccia"
costituita dagli stranieri. Bene fanno allora "i nostri ragazzi" a
combattere in Afganistan quello stesso nemico che cerca di toglierci
"il nostro modo di vivere": non possiamo far mancare ai nostri soldati
nulla, hanno bisogno di elicotteri autoblindo, più armi,
più armi... Costi quel che costi, i soldi per queste cose vanno
trovati: e si trovano. Insomma, la macchina infernale della creazione
di un regime è in marcia e lavora sul piano
partitico-istituzionale, sul piano dei massmedia, sul piano sociale.
Chiamatela democrazia autoritaria o identitaria, poco importa. Quel che
conta è che molti degli elementi costitutivi del fascismo stanno
emergendo con una nettezza che lascia adito a pochi dubbi.
Completamente scomparso da ogni discorso e analisi è il
conflitto tra capitale e lavoro, il vero nervo che non può
essere lasciato scoperto e che va seppellito sotto la retorica
perbenista, buonista e ferocemente populista al tempo stesso dei
corifei della democrazia che viene.
W.B.