Umanità Nova, n.18 del 27 maggio 2007, anno 87

Stato di polizia. Patti per la "sicurezza"


Il "patto per la sicurezza che il ministro di polizia Giuliano Amato sta sottoscrivendo in questi giorni con gli amministratori delle principali città italiane non è la risposta della politica ai fatti di cronaca dell'ultimo mese che i media hanno esaltato sottolineando il ruolo in essi di cittadini comunitari (sopratutto romeni) ed estracomunitari. I media hanno "sbattuto in prima pagina" i "mostri" venuti da altri mondi, gli alieni che ci minacciano, dimenticandosi, magari, della bimba polacca ammazzata a pistolettate dal "bravo" italiano che voleva regolare un conto con il padre della stessa. La vicenda dei "patti per la sicurezza" è un caso da manuale di manipolazione dell'informazione. In realtà, infatti, i patti per la sicurezza erano stati annunciati il 20 marzo. Oggi che incominciano ad essere firmati, debitamente "personalizzati" città per città, naturalmente passano per la tempestiva risposta ad una "emergenza sociale", ma è esattamente il contrario. I principali quotidiani a diffusione nazionale e i telegiornali, per almeno un mese hanno battuto giorno dopo giorno il tasto del pericolo, dell'insicurezza, andando letteralmente a cercare la notizia dove non c'era e, sopratutto, compiendo l'operazione di qualificare i reati commessi in base alla nazionalità del reo. Cioè la nazionalità di un omicida o di un rapinatore è diventata, in modo strabordante, elemento qualificante la notizia. Così, nel giro di pochi giorni abbiamo avuto l'omicida romena con l'ombrello, i sequestratori albanesi con benzina, il rom che uccide investendola la vittima del furto d'auto. Reati che accadono quotidianamente in ogni società, che fanno parte della fisiologia del vivere sociale, diventano una notizia se a commetterli è uno "straniero". Lo spostamento dei rom fuori le mura del raccordo anulare a Roma, oggi, ad esempio, dopo questo periodo di bombardamento mediatico, non sembra "proprio male". Il problema è che le misure repressive messe in campo hanno una valenza che va ben oltre quella già grave del razzismo mica tanto strisciante che le connota. I patti per la sicurezza sono provvedimenti amministrativi che incidono pesantemente sulle libertà di tutti, sono un affare tutto interno agli apparati amministrativi e di governo, sono affari di prefetti, non di parlamento, sono provvedimenti di polizia che dilatano i poteri di controllo del territorio e delle persone. E stanno dentro ad un progetto ben preciso e ad una dinamica di trasformazione della democrazia in marcia da tempo. La cosa è lampante se si accosta la vicenda dei "patti per la sicurezza" alla polemica sull'efficienza del parlamento fatta scattare da Prodi, cui è seguita la dura risposta di Bertinotti: ma l'attenzione va posta sulla chiosa di D'Alema, secondo il quale l'Italia paga il non aver fatto ancora le riforme istituzionali. Se la colpa un po' se la deve prendere Berlusconi che affondò la commissione parlamentare bicamerale presieduta dallo stesso D'Alema, la riforma costituzionale della destra bocciata dal referendum popolare dello scorso giugno in realtà non dispiace al Partito democratico, perché è tutta incentrata sulla "governabilità", facendo dell'esecutivo, a danno del parlamento, il perno del sistema istituzionale ed accentrando nel capo del governo i poteri necessari per rendere l'azione di governo "rapida ed efficace". E non passi inosservato il fatto che la recente vicenda delle elezioni francesi costituisca un termine di paragone diffuso: hanno colpito i temi della campagna elettorale, incentrati sulla "identità" francese e sulle ricette per governare l'attuale società occidentale, ricette non troppo diverse tra i due candidati, nonché il fascino di un sistema elettorale per l'elezione diretta del presidente della repubblica e il doppio turno per l'elezione del parlamento che induce una semplificazione delle forze politiche presenti in parlamento. Si noti poi la composizione del governo voluto da Sarkozy: sette donne su quindici ministeri, ad una donna il ministero degli Interni e ad una donna il ministero della giustizia, una donna per di più magrebina, simbolo vivente del fatto che "se ci si rimbocca le maniche e non ci si piange addosso nella vita tutti possono arrivare ovunque": un messaggio "all'americana" ed infatti nel governo Bush ci stanno Condy Rice e il ministro della giustizia di origine messicana, altro esempio di selfmade man. E il messaggio chiaro di Sarkozy è che tutto deve essere fatto "nell'interesse supremo della nazione", che gli "egoismi" (sostantivo usato anche da noi in questi giorni per le richieste degli statali) devono essere messi da parte. Populismo. Incomincia a delinearsi meglio il profilo della forma di governo che si va costituendo. Ancora un elemento. Non si contano più i "comitati spontanei" di cittadini che chiedono "più sicurezza" e ciò accade sopratutto nei quartieri popolari, dove quel poco che si ha è più prezioso che altrove e dove hanno preso piede formazioni di estrema destra e neonaziste come Forza Nuova, i cui striscioni e bandiere si possono ormai notare ad ogni presidio o corteo per la "sicurezza". Sono le stesse "truppe di complemento" che ormai quasi quotidianamente aggrediscono anche al coltello su e giù per lo stivale, incendiano, pestano, ecc. Non c'è da sorprendersi. La contingenza economica è nota, la forbice sociale si sta allargando e dove non si innescano meccanismi di reazione squisitamente "di classe", il che non può certo accadere per qualche misteriosa autopoiesi, "la colpa a qualcuno bisogna darla" ed è sempre accaduto che sono gli altri poveracci quelli su cui si scarica la rabbia e la frustrazione di chi vede erodere giorno dopo giorno il suo reddito, le sue condizioni di lavoro, la qualità della sua vita. Va da sé che una legislazione come quella attuale in materia di stupefacenti e sull'immigrazione non può che creare a sua vota criminali di cui riempire le carceri (un terzo dei detenuti non è italiana; i reati connessi al commercio e traffico di sostanze stupecanti è in testa alle statistiche). Ma mentre cresce il nervosismo nelle fabbriche e sugli altri posti di lavoro per il destino del TFR, delle pensioni, per i salari sempre troppo bassi, allora sono anche più chiari i patti per la sicurezza e le gli strepiti dei giornali sulla "minaccia" costituita dagli stranieri. Bene fanno allora "i nostri ragazzi" a combattere in Afganistan quello stesso nemico che cerca di toglierci "il nostro modo di vivere": non possiamo far mancare ai nostri soldati nulla, hanno bisogno di elicotteri autoblindo, più armi, più armi... Costi quel che costi, i soldi per queste cose vanno trovati: e si trovano. Insomma, la macchina infernale della creazione di un regime è in marcia e lavora sul piano partitico-istituzionale, sul piano dei massmedia, sul piano sociale. Chiamatela democrazia autoritaria o identitaria, poco importa. Quel che conta è che molti degli elementi costitutivi del fascismo stanno emergendo con una nettezza che lascia adito a pochi dubbi. Completamente scomparso da ogni discorso e analisi è il conflitto tra capitale e lavoro, il vero nervo che non può essere lasciato scoperto e che va seppellito sotto la retorica perbenista, buonista e ferocemente populista al tempo stesso dei corifei della democrazia che viene.

W.B.

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti