Era lo scorso primo aprile, quando Giovanni Russo Spena, capogruppo di
Rifondazione comunista al Senato, dichiarava "Al ministro Parisi
diciamo chiaramente che avvertiamo il governo: non cerchi di ciurlare
nel manico, se accederà alle richieste dei militari di inviare
in Afganistan gli elicotteri Mangusta, che sono senza dubbio armi
offensive e non di difesa, noi diremo seccamente no, nel rispetto del
decreto e degli ordini del giorno che abbiamo approvato".
Dopo appena 45 giorni, come previsto, il ministro della Difesa Parisi
ha annunciato l'invio in Afganistan di 5 elicotteri per l'attacco al
suolo A-129 Mangusta, oltre a ulteriori 8 veicoli corazzati da
combattimento Dardo, con relativo cannoncino da 25 mm, e 10 veicoli
blindati Lince assieme a 145 militari di rinforzo.
Altrettanto prevedibilmente (abbiamo vinto l'ipotetica scommessa
giocata su queste pagine l'8 aprile scorso), la decisione - già
presa dal Consiglio supremo della difesa il 2 aprile - è stata
ufficializzata dopo un nuovo attentato contro una pattuglia italiana e
il ferimento di due soldati italiani ad Herat, ed è stata
annunciata dal ministro di fronte alla commissione Esteri e Difesa di
Camera e Senato, con l'appoggio e il plauso delle destre. È
stato precisato che "La spesa preventiva per tale schieramento è
quantificata in 25,9 milioni di euro" e che la relativa copertura
finanziaria "verrà apprestata in sede di adozione del disegno di
legge di assestamento del bilancio per l'anno 2007".
Inoltre Parisi ha riferito attorno alla missione "Pesd" dell'Unione
Europea per la ricostruzione delle forze di polizia afgane: è
previsto lo schieramento di 160 uomini, che inizierà sotto il
semestre di presidenza tedesco per concludersi a metà novembre
2007. "Con tale progetto - sempre secondo Parisi - ci troveremo in una
situazione certamente positiva, con la Nato direttamente impegnata a
sviluppare le capacità dell'esercito e l'Unione Europea
concentrata sulla ricostruzione della polizia".
Per il ministro adesso si tratta di una "politica militare attiva" che,
pur non essendo ancora l'ammissione che i militari italiani sono
impegnati in una combat mission, questa definizione è già
qualcosa di sostanzialmente diverso dalla "missione di pace" di cui
parlava sino a poco tempo fa.
Ancora un po' di pazienza e, forse, sapremo di essere in guerra.
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