Umanità Nova, n.18 del 27 maggio 2007, anno 87

Armi di pace
Elicotteri, carri armati, blindati per l'Afganistan


Era lo scorso primo aprile, quando Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione comunista al Senato, dichiarava "Al ministro Parisi diciamo chiaramente che avvertiamo il governo: non cerchi di ciurlare nel manico, se accederà alle richieste dei militari di inviare in Afganistan gli elicotteri Mangusta, che sono senza dubbio armi offensive e non di difesa, noi diremo seccamente no, nel rispetto del decreto e degli ordini del giorno che abbiamo approvato".
Dopo appena 45 giorni, come previsto, il ministro della Difesa Parisi ha annunciato l'invio in Afganistan di 5 elicotteri per l'attacco al suolo A-129 Mangusta, oltre a ulteriori 8 veicoli corazzati da combattimento Dardo, con relativo cannoncino da 25 mm, e 10 veicoli blindati Lince assieme a 145 militari di rinforzo.
Altrettanto prevedibilmente (abbiamo vinto l'ipotetica scommessa giocata su queste pagine l'8 aprile scorso), la decisione - già presa dal Consiglio supremo della difesa il 2 aprile - è stata ufficializzata dopo un nuovo attentato contro una pattuglia italiana e il ferimento di due soldati italiani ad Herat, ed è stata annunciata dal ministro di fronte alla commissione Esteri e Difesa di Camera e Senato, con l'appoggio e il plauso delle destre. È stato precisato che "La spesa preventiva per tale schieramento è quantificata in 25,9 milioni di euro" e che la relativa copertura finanziaria "verrà apprestata in sede di adozione del disegno di legge di assestamento del bilancio per l'anno 2007".
Inoltre Parisi ha riferito attorno alla missione "Pesd" dell'Unione Europea per la ricostruzione delle forze di polizia afgane: è previsto lo schieramento di 160 uomini, che inizierà sotto il semestre di presidenza tedesco per concludersi a metà novembre 2007. "Con tale progetto - sempre secondo Parisi - ci troveremo in una situazione certamente positiva, con la Nato direttamente impegnata a sviluppare le capacità dell'esercito e l'Unione Europea concentrata sulla ricostruzione della polizia".
Per il ministro adesso si tratta di una "politica militare attiva" che, pur non essendo ancora l'ammissione che i militari italiani sono impegnati in una combat mission, questa definizione è già qualcosa di sostanzialmente diverso dalla "missione di pace" di cui parlava sino a poco tempo fa.
Ancora un po' di pazienza e, forse, sapremo di essere in guerra.

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