Umanità Nova, n.18 del 27 maggio 2007, anno 87

Amato alla Festa della polizia-1
TorqueAmato


Non sappiamo se queste brevi righe, a commento delle esternazioni del ministro dell'interno Giuliano Amato per l'inaugurazione della nuova questura di Grosseto, potranno esser lette, interpretate ed aggiunte ai 215 "casi d'insulti e minacce alle forze dell'ordine", dal momento che il soprannominato "Dottor Sottile" non sembra proprio andar troppo per il sottile. In effetti, la funzione ed il ruolo non è più quello di capo del governo, e si sa che chi presiede alle forze dell'ordine è costretto – per natura – a mostrare la forza, tanto più se la satira lo ha sempre disegnato come un topo, e da quando Spiegel ha disegnato i nazisti del suo romanzo "Maus" con le sembianze di topi di fogna, Giuliano Amato sembra aver preso sul serio il proprio ruolo (anche se tra un topolino di campagna ed una zoccola, una pantegana, c'è una bella differenza).
Un ruolo che –comprendiamo – è fra i meno gratificanti (sembianze a parte) in quanto costretto a difendersi – più che a difendere – dai cittadini ogni qual volta la necessità di Stato obbliga ad intervenire con mano pesante nei confronti di proteste, scioperi, blocchi stradali, occupazioni, unici strumenti in grado di dar voce a chi voce non ha. E così ultimamente a Serre (come prima a Scanzano, in Val di Susa, nella china-town di Milano…), l'ordine di ripristinare l'ordine caricando per disperdere il presidio degli abitanti contro la mega discarica di rifiuti a due passi da un oasi naturale, ha costretto il nostro ad assumere le sembianze di novello Torquemada, braccio A®mato dei poteri forti.
Si sosterrà, però, che l'intervento (questa volta scritto) del ministro degli interni del governo Prodi ha avuto come intento quello di allertare riguardo ad una "campagna d'odio contro la polizia" apparsa sui muri delle città italiane ad opera di una "pianta avvelenata che produce ancora oggi un frutto velenoso […] nei confronti delle forze dell'ordine identificati da un'ideologizzazione estrema come "servi del capitalismo da uccidere"". E sia. Tuttavia le ragioni per scrivere sui muri sono le più disparate e merita interrogarsi sul perché il loro denominatore comune riguarda per la maggior parte le forze dell'ordine, prima di trarre conclusioni affrettate. A meno che non si voglia dimostrare tesi preconfezionate in cui scrivere sui muri è tout-court un'azione terrorista, dopo di ché qualsiasi gabinetto pubblico diventa un covo sovversivo e non basterebbero polizia, carabinieri, guardia di finanza per piantonare stazioni ferroviarie, aeroporti, scuole, ospedali… e non voglia il cielo pure i cessi del parlamento dove – fra i molti inquisiti che, in quegli ambienti maleodoranti, vi bivaccano. – qualcuno abbia a prendersela con la "benemerita".
Certo è che l'immaginario collettivo – nonostante le interminabili serie di fiction televisive concernenti poliziotti, carabinieri, cani da guardia, agenti segreti – è duro a morire. Forse farebbe bene TorqueAmato ad addentrarsi nei vicoli dei quartieri di periferia, sostare nei luoghi di ritrovo (le piazze) della gioventù, frequentare gli stadi di calcio, le discoteche, i bar, per capire cosa non va e dove si annidano i soprusi, le minacce, le violenze. O forse no, perché – sensibile com'è – si spaventerebbe ancor più delle lettere, delle scritte sui muri e dei messaggi sul web che tanto l'hanno impressionato. E allora provi direttamente in Questura, meglio nelle Procure (soprattutto quelle di provincia, del profondo Sud), e si accorgerebbe di una realtà in cui se la Magistratura non si fida delle forze dell'ordine poste al suo servizio… figuriamoci i cittadini.
Invece il ministro dell'interno è solito frequentare i salotti "bene" del potere politico-giudiziario, colloquiare amorevolmente con gli addomesticati giornalisti che lo sollecitano a prendere provvedimenti contro il dilagare della microcriminalità prodotta dall'immigrazione clandestina in un'orgia di pornografia securitaria dove immancabile sarà la presenza delle guest-star Letizia Moratti, Sergio Cofferati, Walter Veltroni…
A noi, abituati alla responsabilità di una lotta quotidiana e collettiva contro i soprusi dei poteri forti (specialmente se armati) sappiamo riconoscere chi avvelena la società con il disprezzo, il razzismo, l'odio, l'intolleranza; chi in nome della legge si fa giustizia e chi della giustizia fa il terreno di coltura per la convivenza civile. Questione di pelle o di divisa? "Dottor Sottile" o "TorqueAmato"? 

gianfranco marelli

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