Umanità Nova, n.18 del 27 maggio 2007, anno 87

Dibattito
A proposito di Oaxaca, Chiapas e poder popular


Gli autori di questo testo esprimono critiche all'articolo "I passi falsi della APPO", pubblicato sul numero 8 di UN a pagina 7. Qualora ve lo siate perso lo trovate al seguente indirizzo
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2007/un08/art4641.html
Abbiamo chiesto a Pepsy, nostro collaboratore, autore di quest'articolo e fedele cronista delle vicende di Oaxaca, di intervenire a sua volta ma Pepsy non ha ritenuto di approfittarne.

Nell'articolo "I passi falsi della APPO" (Umanità Nova 4 marzo) in cui si analizzano alcuni sviluppi del movimento popolare nello Stato messicano di Oaxaca, si arriva ad accomunare in qualche modo il poder popular così come concepito dalla APPO (1) con quello in vigore a Cuba ed in Venezuela.
Non condividiamo questa posizione politica in quanto ci pare che, oltre ad essere generica e forzata, sia anche piuttosto liquidatoria, almeno allo stato attuale della esperienza insurgente oaxachena. Il regime di Chavez e quello castrista sono forme di oppressione di classe e statali con caratteristiche populistiche e dittatoriali, che sono veramente altra roba rispetto alle nuove esperienze insorgenti anticapitalistiche messicane come quella di Oaxaca o come la limitrofa - e simile sotto vari aspetti - esperienza zapatista in Chiapas. Da un lato abbiamo un feroce potere costituito che proclama strumentalmente dall'alto il "poder popular" e che si nasconde demagogicamente dietro le parole d'ordine: "rivoluzione e socialismo"; dall'altro abbiamo movimenti popolari con caratteristiche insurrezionali genuine quanto magmatici e ancora piene di potenzialità sul piano politico.

Un filo rosso/nero
Se si analizzano sia l'esperienza insorgente oaxachena che quella chiapaneca, si vede come ambedue presentino dei limiti filostatalisti. Pensiamo ad esempio alle dichiarazioni da parte dell'EZLN sulla necessità di "una nuova costituzione statale" o alla necessità espressa dall'APPO di "riformare lo stato", con tutto il corredo di opzioni elettoraliste "tattiche" o meno, avanzate da alcuni settori politici, che come anarchici rigettiamo. Tuttavia occorre rilevare positivamente che in entrambe queste due realtà è anche presente una forte tensione libertaria: il protagonismo diretto popolare, l'azione diretta da parte degli oppressi, il federalismo, la critica dell'autorità e il rifiuto della "presa del potere" in nome di un potere popolare diffuso, tendenzialmente orizzontale.
Si tratta di tensioni spurie e contraddittorie, ma importanti, che attingono più o meno consapevolmente al bagaglio storico politico-culturale dell'anarchismo. Spesso i protagonisti di queste tendenze sociali e politiche non riconoscono questo legame, oppure lo riconoscono in maniera vaga e confusa, tuttavia esso esiste.
Evidenziando e valorizzando questo filo rosso/nero, occorrerebbe affinare e attualizzare sempre più la proposta anarchica calandola nei contesti concreti.

Luci e ombre
Ci pare che oggi lo zapatismo e l'"appismo", nel ricollegarsi in qualche modo alla Rivoluzione messicana d'inizio del secolo scorso, ne assimilino certe tendenze popolari autogestionarie e libertarie e al contempo certe derive filostataliste. La questione è di certo estremamente contraddittoria e complessa, anche perché in quei contesti si inserisce il comunitarismo indios con tutto il suo portato di alterità positiva rispetto all'ordine costituito - fatta anche di una plurisecolare e diversa cultura da ri-conoscere con interesse e rispetto- ma anche con i suoi limiti di natura arcaico/patriarcale, con tanto di concezioni associative etico-organicistiche - diciamo pure: pre-liberali - limitanti la sfera delle libertà individuali.
Si pensi a questo proposito alla questione di certi diritti fondamentali delle donne ancora di fatto non del tutto realizzati e alla questione del proibizionismo su alcol e droghe imposto nelle comunità zapatiste. Inoltre i movimenti indios esprimono un autonomismo che, se da un lato presenta significativi elementi culturali antistatalisti, dall'altro sembra non disdegnare dei compromessi istituzionali con il potere, compromessi puntualmente traditi dalla controparte.
Quindi se da un lato è fondamentale - e va riconosciuto - l'apporto delle antiche comunità locali ai movimenti anticapitalistici, con la loro ferma volontà di autodeterminazione - e il loro fondamentale diritto ad una vita libera e autodiretta - dall'altro riteniamo pericoloso quello scivolare verso fuorvianti e acritiche posizioni terzomondiste, ancora in voga in vari settori politici organizzati, in cui "tutto ciò che è proprio dei popoli oppressi e sfruttati del sud del mondo" e di per sè valido. E diciamo questo avendo ovviamente ben presente il dramma esistenziale che vivono queste popolazioni, colpite brutalmente dall'accumulazione capitalistica barbara e genocida. Va poi sottolineato che in particolare all'interno dell'APPO c'è un fronte politico assai variegato e su posizioni contrastanti: vi sono varie forze liberatarie, magoniste e zapatiste, ma anche forze marxiste, cattoliche e variamente riformiste. Insomma... complessivamente una situazione a luci e ombre.

Conclusioni
Nonostante queste ombre riteniamo che sia essenziale valorizzare e sostenere criticamente ma attivamente e senza ideologismi le variegate esperienze di democrazia diretta assembleare che si ripresentano a varie latitudini, fondamentalmente per il protagonismo diretto e sovvertitore che esprimono i proletari in lotta contro l'ordine costituito. Si tratta di esperienze che costantemente riaffiorano nelle lotte insurrezionali, e questo si è verificato in maniera inedita anche con i Caracoles Zapatisti in Chiapas e altrettanto con la Comune di Oaxaca. In quest'ultimo caso con un importante apporto ideale e metodologico dato dal movimento magonista oaxachegno - il CIPO-RFM (2) - fortemente attivo nell'APPO, movimento che per certi versi si ricollega al progetto libertario promosso dall'anarchico Ricardo Flores Magon, rivoluzionario in prima fila durante la Rivoluzione messicana negli anni dieci del secolo scorso. È quel CIPO-RFM che in questo momento, sta tenendo alta la bandiera dell'astensionismo elettorale e sta contrastando, tutt'altro che isolato, le tendenze istituzionaliste.
È significativo che la APPO come tale non si presenti alle elezioni amministrative locali e che nei documenti finali delle assemblee nazionali del 10/11 febbraio e 17 marzo (3) trovino pari dignità le posizioni astensioniste e quelle elettoraliste "tattiche".
Crediamo che vada sostenuta la battaglia di questi/e compagni/e piuttosto che cimentarsi in accostamenti francamente fuori luogo tra il "poder popular" concepito dalla APPO e la dittatura castrista o il populismo chavista.

Alex del Gruppo Anarchico "Kronstadt" Volterra-Siena e Claudio Individualità FAI di Pisa

(1) A.P.P.O.: raggruppamento di 365 organizzazioni sociali e politiche dello stato messicano di Oaxaca.
(2) CIPO-RFM: organizzazione indigena di tendenza libertaria anche se non ortodossamente anarchica.
(3) Vedi su: www.asambleapopulardeoaxaca.com/boletines

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