Gli autori di questo testo esprimono
critiche all'articolo "I passi falsi della APPO", pubblicato sul numero
8 di UN a pagina 7. Qualora ve lo siate perso lo trovate al seguente
indirizzo
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2007/un08/art4641.html
Abbiamo chiesto a Pepsy, nostro
collaboratore, autore di quest'articolo e fedele cronista delle vicende
di Oaxaca, di intervenire a sua volta ma Pepsy non ha ritenuto di
approfittarne.
Nell'articolo "I passi falsi della APPO" (Umanità Nova 4 marzo)
in cui si analizzano alcuni sviluppi del movimento popolare nello Stato
messicano di Oaxaca, si arriva ad accomunare in qualche modo il poder
popular così come concepito dalla APPO (1) con quello in vigore
a Cuba ed in Venezuela.
Non condividiamo questa posizione politica in quanto ci pare che, oltre
ad essere generica e forzata, sia anche piuttosto liquidatoria, almeno
allo stato attuale della esperienza insurgente oaxachena. Il regime di
Chavez e quello castrista sono forme di oppressione di classe e statali
con caratteristiche populistiche e dittatoriali, che sono veramente
altra roba rispetto alle nuove esperienze insorgenti anticapitalistiche
messicane come quella di Oaxaca o come la limitrofa - e simile sotto
vari aspetti - esperienza zapatista in Chiapas. Da un lato abbiamo un
feroce potere costituito che proclama strumentalmente dall'alto il
"poder popular" e che si nasconde demagogicamente dietro le parole
d'ordine: "rivoluzione e socialismo"; dall'altro abbiamo movimenti
popolari con caratteristiche insurrezionali genuine quanto magmatici e
ancora piene di potenzialità sul piano politico.
Un filo rosso/nero
Se si analizzano sia l'esperienza insorgente oaxachena che quella
chiapaneca, si vede come ambedue presentino dei limiti filostatalisti.
Pensiamo ad esempio alle dichiarazioni da parte dell'EZLN sulla
necessità di "una nuova costituzione statale" o alla
necessità espressa dall'APPO di "riformare lo stato", con tutto
il corredo di opzioni elettoraliste "tattiche" o meno, avanzate da
alcuni settori politici, che come anarchici rigettiamo. Tuttavia
occorre rilevare positivamente che in entrambe queste due realtà
è anche presente una forte tensione libertaria: il protagonismo
diretto popolare, l'azione diretta da parte degli oppressi, il
federalismo, la critica dell'autorità e il rifiuto della "presa
del potere" in nome di un potere popolare diffuso, tendenzialmente
orizzontale.
Si tratta di tensioni spurie e contraddittorie, ma importanti, che
attingono più o meno consapevolmente al bagaglio storico
politico-culturale dell'anarchismo. Spesso i protagonisti di queste
tendenze sociali e politiche non riconoscono questo legame, oppure lo
riconoscono in maniera vaga e confusa, tuttavia esso esiste.
Evidenziando e valorizzando questo filo rosso/nero, occorrerebbe
affinare e attualizzare sempre più la proposta anarchica
calandola nei contesti concreti.
Luci e ombre
Ci pare che oggi lo zapatismo e l'"appismo", nel ricollegarsi in
qualche modo alla Rivoluzione messicana d'inizio del secolo scorso, ne
assimilino certe tendenze popolari autogestionarie e libertarie e al
contempo certe derive filostataliste. La questione è di certo
estremamente contraddittoria e complessa, anche perché in quei
contesti si inserisce il comunitarismo indios con tutto il suo portato
di alterità positiva rispetto all'ordine costituito - fatta
anche di una plurisecolare e diversa cultura da ri-conoscere con
interesse e rispetto- ma anche con i suoi limiti di natura
arcaico/patriarcale, con tanto di concezioni associative
etico-organicistiche - diciamo pure: pre-liberali - limitanti la sfera
delle libertà individuali.
Si pensi a questo proposito alla questione di certi diritti
fondamentali delle donne ancora di fatto non del tutto realizzati e
alla questione del proibizionismo su alcol e droghe imposto nelle
comunità zapatiste. Inoltre i movimenti indios esprimono un
autonomismo che, se da un lato presenta significativi elementi
culturali antistatalisti, dall'altro sembra non disdegnare dei
compromessi istituzionali con il potere, compromessi puntualmente
traditi dalla controparte.
Quindi se da un lato è fondamentale - e va riconosciuto -
l'apporto delle antiche comunità locali ai movimenti
anticapitalistici, con la loro ferma volontà di
autodeterminazione - e il loro fondamentale diritto ad una vita libera
e autodiretta - dall'altro riteniamo pericoloso quello scivolare verso
fuorvianti e acritiche posizioni terzomondiste, ancora in voga in vari
settori politici organizzati, in cui "tutto ciò che è
proprio dei popoli oppressi e sfruttati del sud del mondo" e di per
sè valido. E diciamo questo avendo ovviamente ben presente il
dramma esistenziale che vivono queste popolazioni, colpite brutalmente
dall'accumulazione capitalistica barbara e genocida. Va poi
sottolineato che in particolare all'interno dell'APPO c'è un
fronte politico assai variegato e su posizioni contrastanti: vi sono
varie forze liberatarie, magoniste e zapatiste, ma anche forze
marxiste, cattoliche e variamente riformiste. Insomma...
complessivamente una situazione a luci e ombre.
Conclusioni
Nonostante queste ombre riteniamo che sia essenziale valorizzare e
sostenere criticamente ma attivamente e senza ideologismi le variegate
esperienze di democrazia diretta assembleare che si ripresentano a
varie latitudini, fondamentalmente per il protagonismo diretto e
sovvertitore che esprimono i proletari in lotta contro l'ordine
costituito. Si tratta di esperienze che costantemente riaffiorano nelle
lotte insurrezionali, e questo si è verificato in maniera
inedita anche con i Caracoles Zapatisti in Chiapas e altrettanto con la
Comune di Oaxaca. In quest'ultimo caso con un importante apporto ideale
e metodologico dato dal movimento magonista oaxachegno - il CIPO-RFM
(2) - fortemente attivo nell'APPO, movimento che per certi versi si
ricollega al progetto libertario promosso dall'anarchico Ricardo Flores
Magon, rivoluzionario in prima fila durante la Rivoluzione messicana
negli anni dieci del secolo scorso. È quel CIPO-RFM che in
questo momento, sta tenendo alta la bandiera dell'astensionismo
elettorale e sta contrastando, tutt'altro che isolato, le tendenze
istituzionaliste.
È significativo che la APPO come tale non si presenti alle
elezioni amministrative locali e che nei documenti finali delle
assemblee nazionali del 10/11 febbraio e 17 marzo (3) trovino pari
dignità le posizioni astensioniste e quelle elettoraliste
"tattiche".
Crediamo che vada sostenuta la battaglia di questi/e compagni/e
piuttosto che cimentarsi in accostamenti francamente fuori luogo tra il
"poder popular" concepito dalla APPO e la dittatura castrista o il
populismo chavista.
Alex del Gruppo Anarchico "Kronstadt" Volterra-Siena e Claudio Individualità FAI di Pisa
(1) A.P.P.O.: raggruppamento di 365 organizzazioni sociali e politiche dello stato messicano di Oaxaca.
(2) CIPO-RFM: organizzazione indigena di tendenza libertaria anche se non ortodossamente anarchica.
(3) Vedi su: www.asambleapopulardeoaxaca.com/boletines