"Allarme rosso: arrivano gli squatter", "Sabato in arrivo squatters
& C.: c'è paura, chiusi molti negozi", "Arriva il corteo,
città blindata", "Domani alle 15 scatta il coprifuoco".
Questi sono alcuni dei titoli comparsi sui giornali locali nei dieci
giorni che hanno preceduto la manifestazione novarese contro gli F35.
La ridente cittadina insubre, sonnacchioso capoluogo del Piemonte
Orientale, ha vissuto quindi in trepida attesa che calassero i
selvatici devastatori a distruggere quanto più possibile nel
lindo centro urbano.
I manifestanti, pacifici e festosi, sono stati accolti da uno
spiegamento di forze decisamente sovradimensionato e minaccioso: si
vocifera che siano stati fatti arrivare da altre città vicine
circa trecento uomini delle diverse forze di polizia in cui la fantasia
italica ha voluto articolare gli apparati preposti alla sicurezza di
noi tutti.
Molti blindati a circondare il luogo della partenza (la piazza
prospiciente la stazione ferroviaria). Alcuni cittadini intenzionati a
partecipare alla manifestazione, addirittura spaventati dallo
spiegamento di forze, si sono allontanati dalla piazza per dileguarsi
verso il centro (forse verso casa, forse a riprendere il corteo in un
momento successivo, quando fosse stato chiaro che nulla sarebbe
accaduto di spiacevole).
Negozi sbarrati ermeticamente quasi ovunque nel centro cittadino,
alcuni addirittura con assi di legno a proteggere le vetrine. Alcuni
negozianti riferiscono di essere stati indotti a tale comportamento da
visite di forze varie di polizia (statale o municipale che fosse) e da
solerti funzionari delle loro associazioni di categoria. Sarà
andata davvero così? O forse si è trattato di semplice
psicosi indotta dalla lettura dei giornalacci locali? Non lo sapremo
mai, giacché tutti i protagonisti della vicenda, come si suole
fare in casi simili, scaricano la responsabilità sulle spalle
altrui.
Il corteo parte, ad ogni modo, con un lieve ritardo sull'orario
concordato e percorre festosamente le vie del centro. Inutile dire che
il comportamento dei manifestanti è stato davvero esemplare e
nulla è accaduto di violento oppure solo di inelegante.
Certamente è spiacevole sfilare lungo le vie di una città
blindata, sotto l'amorevole sguardo di una sovrabbondante forza di
sicurezza che sbircia il serpentone, dalle viuzze laterali, ad una
distanza di circa una trentina di metri dal fluire di amici e compagni
manifestanti. Certo è spiacevole essere trattati come un
pericolo pubblico da contenere con mezzi di prevenzione che rasentano
l'intimidazione coercitiva. Ma tant'è: questa è
l'ideologia e la pratica securitaria dominante. Questa è l'aria
che ci tocca respirare vivendo nella nostra triste epoca. E tuttavia il
corteo, composto da oltre duemila persone, scorre per le vie novaresi
per ritornare infine alla piazza della stazione, dove si sono tenuti i
discorsi conclusivi.
Si è trattato sicuramente di una bella giornata. Si è
trattato sicuramente di una sorpresa per l'intero ceto politico e
padronale novarese, che, essendo schierato a destra o a sinistra dello
spettro politico istituzionale, comunque sostiene l'infame progetto di
costruire centinaia di strumenti di morte all'interno del recinto
dell'aeroporto militare di Cameri (che si trova, appunto, a pochissimi
chilometri da Novara).
Si tratta ora di capire come proseguire nella lotta intrapresa.
La partecipazione di persone provenienti pure da fuori Novara lascia
ben sperare riguardo al necessario allargamento della questione a
livello almeno nazionale. Infatti non si tratta di evitare che gli F35
vengano costruiti a Cameri: si tratta di impedire che vengano costruiti
qui come in qualunque altro luogo.
È importante inoltre che si riesca a gettare solide fondamenta
per un movimento contro la guerra che riesca davvero ad essere
indipendente dai partiti della sinistra istituzionale che, ora al
governo, continuano nel loro doppio gioco tradizionale: sulle piazze a
far finta di assecondare le spinte popolari contro la militarizzazione
dei territori e delle pratiche di vita, nei Palazzi a concordare su
pratiche solite di "realismo" politico (e quindi a votare, per esempio,
per le missioni militari all'estero e per le spese per l'acquisto di
nuovi sistemi d'arma).
La piazza novarese, con una presenza molto significativa del movimento
anarchico e libertario, di diversi centri sociali del nord ovest, di
alcune delegazioni dei sindacati di base e di persone comuni per nulla
avvezze all'azione politica militante ha fatto intravedere le
possibilità di una lotta praticabile.
È una sfida interessante e stimolante: quella di far crescere un
movimento antimilitarista di massa, davvero radicale ed irriducibile
alle logiche delle compatibilità istituzionali ed economiche.
Nessuno può più ergersi a difensore dei posti di lavoro
quando in realtà sostiene i profitti delle grandi multinazionali
produttrici di armi. Il gioco è da tempo svelato e i lavoratori
non possono più essere complici dei loro padroni. Non è
più possibile tacere di fronte all'evidenza dello sfruttamento e
del dominio che si fonda sull'uso della violenza e delle armi. E allora
non ci resta che rimboccarci le maniche e continuare nelle pratiche di
lotta contro l'assemblaggio dei nuovi cacciabombardieri americani a
Cameri. Nella costruzione di una rete efficace di rapporti con altri
movimenti locali o nazionali si deve cercare di ottimizzare le risorse
a nostra disposizione, così da essere davvero efficaci.
L'immediato futuro ci dirà se saremo capaci di produrre
risultati reali e di inserire almeno un granello di sabbia nel
maledetto ingranaggio del militarismo. Sembra necessario, a questo
riguardo, riuscire a creare un'unità d'azione tra gruppi ed
organizzazioni magari distanti tra loro su molteplici aspetti
ideologici, ma tuttavia accomunati da un sincero intento
antimilitarista ed antigerarchico.
Ad ogni modo, qualunque cosa accada delle nostre speranze più
ambiziose, le iniziative contro gli F35 non si fermeranno. Per seguire
da vicino gli sviluppi dell'intera vicenda, basta consultare il nuovo
sito di riferimento: www.nof35.org.
Dom.