Umanità Nova, n.19 del 3 giugno 2007, anno 87

Bush in Italia il 9 giugno. Un assassino a Roma


"Riceveremo Bush tra pochi giorni - ha dichiarato il ministro degli Esteri D'Alema da Islamabad durante il recente tour in Afganistan e Pakistan- se vorrà chiederci qualcosa lo farà di persona, non attraverso i giornalisti".
Questa la prima risposta del governo italiano al presidente degli Stati Uniti che aveva richiesto un maggiore impegno in prima linea di tutti gli alleati della Nato nella guerra in Afganistan.
D'altra parte, il governo Prodi è già coinvolto con circa 2.200 militari in Afganistan, compresi reparti speciali, armi pesanti, elicotteri per l'attacco al suolo e mezzi corazzati; per non parlare dell'impegno preso con l'amministrazione di Washington per la costruzione della nuova mega-base militare Usa a Vicenza.
Inoltre, nello scorso aprile, il governo ha firmato clandestinamente negli Usa - per mano del sottosegretario alla difesa Forcieri e senza che il parlamento sapesse nulla - l'accordo sullo "scudo spaziale" (analogo a quello di reaganiana memoria) che i comandi statunitensi vogliono installare in Europa, contro eventuali minacce provenienti da Russia, Cina, India e paesi arabi. Tale progetto di "difesa" spaziale, ovviamente, aldilà della sua effettiva funzionalità drogherebbe ulteriormente il processo di riarmo generale, specie di tipo nucleare, acutizzando lo scontro tra le due aree del mondo e le tensioni imperialiste, come peraltro confermato dalle dure e immediate reazioni di Putin.
Ma questi aspetti sembrano del tutto marginali nella definizione della politica internazionale italiana che, secondo le abituali affermazioni di principio, opererebbe per la pace e la distensione, nonché per il disarmo.
Di fatto, nonostante l'avvicendamento al governo tra centrodestra e centrosinistra, la politica italiana resta fortemente legata e dipendente da quella statunitense, nonostante che quest'ultima appaia perdente e in crisi su tutti i versanti, interni ed esterni.
Il 7 ottobre 2001, iniziava con l'aggressione all'Afganistan, la guerra permanente contro il terrorismo, da tempo pianificata dal Pentagono, come risposta all'Undici settembre. Quindi il 20 marzo 2003 proseguiva con l'avventura bellica in Iraq contro il regime di Saddam Hussein, ma continuata anche dopo la sua caduta.
Sono seguiti 6 anni di massacri di cui è quasi impossibile tenere i conti. La censura militare statunitense impedisce infatti, per ovvi motivi di consenso interno, il conteggio esatto delle vittime civili e militari: "We don't do body counts" (generale Tommy Franks, Us Central command). Le cifre riguardanti le vittime del conflitto ricavate dai resoconti pubblicati dai mezzi d'informazione indipendenti sono dell'ordine di oltre 650.000 vittime in Iraq e di almeno 25.000 in Afghanistan; dati neanche lontanamente paragonabili a quelli dei morti delle Twin Towers.
Per quanto riguarda invece i caduti tra le forze armate statunitensi, l'informazione ufficiale riferisce di circa 3.500 mila perdite nei due teatri, anche se si tratta di un numero largamente sottostimato che non comprende neppure i militari privi di effettiva cittadinanza statunitense, né i mercenari appartenenti ai corpi privati che forniscono altrettanti soldati che le truppe regolari.
La prossima venuta di Bush in Italia, sulla via di ritorno dal G8 in Germania, cade quindi in un momento tutt'altro che trionfale per la politica imperialista Usa, prossima anche all'appuntamento delle elezioni presidenziali, ma non per questo meno aggressiva e pericolosa, come confermano anche le grandi operazioni militari navali in atto a ridosso dell'Iran.
Previste solenni accoglienze da parte del presidente del consiglio Prodi che, da oltre un anno, attendeva questo riconoscimento, così come appare quasi certa un'udienza di Bush in Vaticano.
Contro tale invadente visita, per il 9 giugno a Roma si prevedono due distinte manifestazioni: una promossa dalla sinistra governativa (Cgil, Arci, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, etc.) che non vuole creare problemi all'esecutivo, e un'altra indetta da organizzazioni politiche antagoniste, centri sociali, associazioni pacifiste, sindacati di base, etc, rivendicando l'opposizione "senza se e senza ma" che aveva animato il movimento No War e la continuità con la grande manifestazione dello scorso 17 febbraio a Vicenza, anche contro l'interventismo e la sudditanza del governo italiano. L'area pacifista nonviolenta appare invece incerta, dato che se da un lato critica con coerenza l'iniziativa di una sinistra parlamentare pienamente responsabile di decisioni belliciste, tra cui l'aumento delle spese militari, dall'altro coglie nella seconda manifestazione la persistenza di logiche partitiche, meccanismi di delega e giochi di potere che contraddicono una ripresa autonoma e di base del movimento contro la guerra.
E, mentre il dibattito coinvolge soggetti e componenti diverse, già viene fatto scattare l'immancabile allarmismo per possibili incidenti assieme all'annuncio di misure poliziesche da stato d'assedio, nonché la criminalizzazione preventiva nei confronti di chi, manifestando contro Bush e i suoi crimini di guerra, sarebbe un alleato degli estremisti, delle brigate rosse, del terrorismo islamico...
Ormai, ci siamo abituati. 

Anti

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti