La procura militare di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di tre alti
ufficiali per "omissione di provvedimenti per la difesa militare",
reato contemplato dal codice penale militare di guerra, riguardo
l'attentato di Nassiriya contro la base Maestrale (ma ribattezzata dai
marines come Animal House), dove il 12 novembre 2003 rimasero uccisi 19
italiani - di cui 17 tra carabinieri e soldati - e 9 civili iracheni.
La richiesta di rinvio a giudizio - un atto dovuto - è stata
fatta dal procuratore militare Antonino Intelisano e riguarda i
generali dell'esercito Vincenzo Lops (ora in servizio in Afganistan) e
Bruno Stano (oggi a Roma presso lo stato maggiore), e il colonnello dei
carabinieri Georg Di Pauli, all'epoca comandante della Msu ed
attualmente comandante provinciale di Verona.
Sull'attentato e la relativa strage, immortalata anche da un recente
stucchevole film tv, da tempo ci sono molte ombre, tanto che gli "eroi"
di Nassiriya furono insigniti dall'ex presidente Ciampi solo con una
"croce d'onore" e non della medaglia d'oro al valor militare.
Come emerso da varie denunce dei familiari delle vittime e da inchieste
giornalistiche, sicuramente un certo numero dei militari rimasti uccisi
furono vittime di "fuoco amico" in quanto colpiti da proiettili o
frammenti in parte partiti dalla riservetta delle munizioni, esplosa
per simpatia dopo la deflagrazione dal camion cisterna imbottito di
esplosivo, che evidentemente non era adeguatamente protetta contro
simili prevedibili attacchi, come confermato pure dalla testimonianza
ai magistrati italiani di uno degli attentatori, Omar al Kurdi, che
motivò la scelta dell'obiettivo italiano proprio per la scarsa
protezione.
Persino le diverse inchieste commissionate da esercito e carabinieri
portarono a conclusioni divergenti, secondo un consueto copione.
Secondo il generale Antonio Quintana, autore della relazione
dell'esercito, furono i carabinieri a non aver adottato tutte le misure
di sicurezza necessarie; mentre in quella dei carabinieri, redatta dal
generale Virgilio Chirieleison, la responsabilità ricadeva sui
vertici dell'esercito.
In seguito a tale contrasto, per alcuni mesi i rapporti tra i
rispettivi comandi non vissero un clima certo idillico, tanto che si
ebbero anche pesanti ripercussioni politiche all'interno di Forza
Italia, il partito d'appartenenza dell'allora ministro della Difesa,
Antonio Martino, che si era schierato a favore dell'esercito, mentre il
sottosegretario Salvatore Cicu, anche lui dello stesso partito,
parteggiava per la Benemerita.
Per questo, il giudizio della magistratura militare sarà anche
un giudizio politico che, più che ricercare la verità su
quell'evento, rispecchierà e definirà gli attuali
equilibri di potere all'interno dell'apparato militare.
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