Umanità Nova, n.20 del 10 giugno 2007, anno 87

Cecenia. Urla nel silenzio


Nel più agghiacciante silenzio si sono susseguite negli ultimi mesi le denuncie di varie organizzazioni internazionali sulle torture e sulla sistematica violazione dei diritti umani nella piccola repubblica di Cecenia. Le violenze della polizia russa e l'impunità di cui gode sono il tema di un lungo rapporto diffuso il 22 novembre 2006 da Amnesty International che, per altro, non limita la sua analisi alla sola carneficina cecena. Sempre del 22 novembre è anche un rapporto pubblicato congiuntamente dalla storica associazione russa per la difesa dei diritti umani "Memorial" e dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), con sede in Francia. "L'operazione antiterrorismo – si legge nel rapporto – è, di fatto, una politica di terrore: presa di ostaggi, tortura, rapimenti per scopi politici e finanziari, violenza incontrollata e con impunità garantita." Secondo la responsabile del FIDH per l'Europa dell'Est e l'Asia centrale "la tortura è la base del sistema in Cecenia. Rende possibile tutto il resto". Il 13 dicembre 2006 un rapporto di Human Rights Watch di Grozny sosteneva che "la tortura e i maltrattamenti durante la detenzione in Cecenia sono sistematici". I responsabili sono le forze governative filo-russe ma anche l'ORB-2, una articolazione del ministero dell'interno russo. "Le sparizioni in Cecenia – secondo Human Rights Watch – sono così diffuse e sistematiche da costituire un crimine contro l'umanità". Nel bollettino di febbraio del Consiglio delle Organizzazioni non governative russe (NGO Council) si leggono notizie sulla tragica situazione umanitaria in cui versa la Cecenia: accanto a "uccisioni, sequestri, arresti e detenzioni illegali" si segnala che la situazione umanitaria della popolazione cecena "si fa sempre più preoccupante". Le informazioni diffuse dal NGO Council riportano casi sempre più frequenti di malattie quali tubercolosi, AIDS, tumori, disfunzioni cardiache nei bambini appena nati. A Grozny l'acqua normalmente utilizzata dalla popolazione non è potabile mentre la disoccupazione rimane a livelli altissimi (80% della forza lavoro) e circa la metà del milione di ceceni sopravissuti alle due guerre (250mila sono i morti stimati) vive al di sotto di quella che è considerata la soglia minima di sussistenza.
Il 13 marzo anche il moderatissimo Comitato del Consiglio d'Europa contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti (Cpt) denuncia pubblicamente l'inferno ceceno decidendo di rendere pubbliche le sue critiche - normalmente inviate in forma riservata agli Stati membri - dopo che le autorità di Mosca si erano dimostrate non disposte a intervenire sulle "lacune" segnalate dagli esperti del comitato tecnico dopo le visite effettuate in Cecenia ad aprile-maggio e novembre 2006. Il comitato parla di "un clima di impunità" e di "casi di violazione di massa dei diritti umani e delle libertà personali". La decisione di ricorrere ad una dichiarazione pubblica sulla situazione in Cecenia - è stata definita "una misura eccezionale spiacevole ma completamente giustificabile" dal segretario generale del Consiglio d'Europa, Terry Davis.

Un criminale di guerra per presidente
La risposta russa alle critiche non si è fatta attendere ed è stata, come sempre, arrogante: il 16 febbraio 2007 il presidente russo Putin ha accettato le dimissioni del presidente ceceno Alou Alkhanov nominando il primo ministro Ramzan Kadyrov presidente ad interim. Il 5 aprile l'assemblea parlamentare cecena ha ufficialmente ratificato la nomina. Le ONG hanno così commentato. "Kadyrov dovrebbe essere denunciato ad un tribunale internazionale come criminale di guerra e non ricevere un incarico governativo".
In realtà la nomina di Kadyrov, ex-ribelle e figlio Akhmat Kadyrov, ex-Gran Mufti di Cecenia nominato presidente da Putin nel 2000 e ucciso in un attentato dalla guerriglia indipendentista nel 2004, come dittatore ufficiale della Repubblica cecena, è il frutto di uno scontro interno al regime filo-russo. Alkhanov e i suoi, esponenti dell'ala moderata e più "legalitaria" del regime, si sono fatti da parte: "In Cecenia deve esserci un solo padrone" – ha dichiarato più di una volta Ramzan negli ultimi mesi. E, in effetti, "la velocità con la quale sono scomparsi dalle strade i ritratti di Alchanov per essere sostituiti con quelli di Kadyrov, spesso ritratto mentre Putin gli consegna un'onorificenza, non fa sorgere alcun dubbio agli abitanti della Cecenia su un punto: chi sia questo padrone. L'uomo dalla pistola d'oro, che controlla tutte le formazioni armate legali e semilegali, il frequentatore dei più cari ristoranti di Mosca, l'accademico Kadyrov (due anni fa ha preso la laurea in economia e diritto anche se pare molto più abituato ad usare le armi che non i libri, ndt), i cui nemici personali vengono uccisi nel centro di Mosca senza che ne seguano processi o indagini" (Vjaceslav Izmajlov, 19.02.2007, "Novaja Gazeta"). Ramzan Kadyrov, agli occhi dei russi, ha il grande merito di aver "cecenizzato" la guerra ma la situazione rischia di sfuggire di mano al governo di Mosca. Gli osservatori più attenti hanno notato come nel nuovo governo nominato dal neo-presidente ceceno sia stato riservato un ruolo marginale ad un ricco uomo d'affari, Hussein Dzhabrailov, relegato al ruolo di inviato speciale a Mosca, nonostante negli ultimi sei mesi abbia ricoperto l'incarico di vice primo ministro. L'emarginazione di questo personaggio è stata interpretata come un ulteriore segno di indipendenza da Putin del regime di Grozny. "A differenza di molti degli individui che circondano Ramzan Kadyrov, Hussein Dzhabrailov è sempre stato completamente indipendente. Non ha bisogno di intascarsi il denaro che Mosca invia per finanziare la ricostruzione della repubblica. Non solo è indipendente economicamente: possiede anche una propria visione della Cecenia che non si adatta ai piani di Kadyrov. È troppo istruito ed intelligente per non vedere che le azioni della "pedina di Mosca" sono semplicemente una facciata per una dittatura al di fuori della legge. Tutte le vittorie economiche di oggi sono risultati dovuti alla durezza e non ad un abile governo dell'amministrazione di Kadyrov. " (Mayrbek Vachagaev, 29 marzo 2007).
Altri osservatori russi hanno polemicamente fatto notare che con la nomina di Kadyrov, Putin ha sancito la sconfitta russa nella guerra di Cecenia: "Ed ecco che la cosa si è compiuta. Due campagne cecene, decine di atti terroristici, l'assalto di Groznyj condotto con incapacità, decine di migliaia di civili, guerriglieri e soldati federali uccisi, migliaia di persone sequestrate, milioni di dollari spesi da un paese in miseria per le necessità di una guerra ingiusta – tutto questo si è concluso con la vittoria. Di quelli contro cui abbiamo combattuto, che abbiamo ucciso, sequestrato e torturato – la vittoria dei guerriglieri." (Vjaceslav Izmajlov, citato). Infatti nei posti chiave del nuovo governo sono stati inseriti uomini che negli anni passati avevano combattuto l'esercito russo. Quando si dice gli strani destini della storia!

La "normalizzazione" di Kadyrov
Il regime del "duro" Kadyrov può sbandierare di aver "normalizzato" la Cecenia grazie anche al successo dell'amnistia offerta ai guerriglieri indipendentisti mesi fa: a centinaia hanno consegnato le armi in cambio dell'immunità. Kadyrov li ha subito riarruolati nella polizia locale, anche quelli accusati di aver compiuto azioni criminali. In un prossimo futuro entreranno a far parte del nuovo esercito ceceno. Così presto Mosca potrebbe ritrovarseli ad operare nelle file dei federali, magari proprio nel Caucaso: non è certo una bella prospettiva.
Ma, come si è visto, secondo le organizzazioni umanitarie che si occupano di Cecenia (a pochissime è permesso lavorare in loco), la repubblica è tutt'altro che pacificata, e la "normalizzazione" dichiarata da Putin nasconde un controllo sui cittadini ottenuto con il terrore. La stessa guerriglia non è stata completamente vinta e i soldati russi rimasti in Cecenia continuano a compiere azioni specie nel sud del paese, azioni durissime che spingono anche la popolazione più moderata ad appoggiare i rivoltosi che intanto sono sempre più individuati come espressione dei gruppi estremisti islamici di tendenza salafita. La normalizzazione cecena è tale solo perché terrore e violazione di ogni diritto sono divenuti la "norma".

Una tragedia dimenticata
Negli ultimi anni la tragedia cecena è stata quasi dimenticata dalla diplomazia internazionale. Per decenza l'argomento veniva inserito nelle agende degli incontri di Putin, ma ormai anche questo rituale è stato abbandonato. Secondo il direttore esecutivo della FIDH, Antoine Bernard, i leader europei "dovrebbero dare ai diritti umani la stessa importanza che danno al gas". In realtà i rapporti commerciali con la Russia hanno il sopravvento su ogni considerazione umanitaria come ha dimostrato anche Prodi in occasione della conferenza stampa congiunta con Putin in occasione del summit italo-russo di Bari del 14 marzo. Alla domanda di un giornalista che gli chiedeva che cosa avrebbe risposto l'Italia alla domanda di asilo politico chiesta il giorno prima da un esponente indipendentista ceceno, il "mortadella" ha risposto infastidito che non ne sapeva niente. Prodi non è amico personale di Putin, come Berlusconi, però si comporta nella stessa maniera: bella figura. Complimenti.
Le posizioni delle cancellerie occidentali è per altro molto chiara: Putin ha avuto il merito di vincere la guerra di Cecenia e "la stabilizzazione in Cecenia è di per sé un fatto positivo. In una regione ad alta instabilità, etnicamente complessa e affetta da gravi problemi sociali come il Nord Caucaso, viene meno il più pericoloso focolaio di destabilizzazione permanente. Tale è stata per lunghi anni la Cecenia post sovietica. Inoltre, si toglie al terrorismo internazionale salafita un campo d'azione, di proselitismo, addestramento e possibile propagazione di instabilità all'intera area caspica. Infine, la stabilità può restituire alla Cecenia un'industria petrolifera con interessanti possibilità di crescita e quel ruolo di importante paese di transito del petrolio caspico verso la Russia e i mercati europei, che grazie alla guerra era passato al Dagestan, dove ancora sopravvivono nuclei di guerriglia e terrorismo" (P. Sinatti, Il sole-24 ore, 6 aprile 2007). Che l'estremismo salafita sia stato un effetto della guerra scatenata dai russi contro i ceceni è una verità scomoda che è meglio tacere, come è meglio tacere che il prezzo di questa normalizzazione è il terrore e l'abuso che stanno annientando una popolazione. Ma questa, si sa, è la normale logica degli Stati.

Mario Baldassarri

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti