Nel più agghiacciante silenzio si sono susseguite negli ultimi
mesi le denuncie di varie organizzazioni internazionali sulle torture e
sulla sistematica violazione dei diritti umani nella piccola repubblica
di Cecenia. Le violenze della polizia russa e l'impunità di cui
gode sono il tema di un lungo rapporto diffuso il 22 novembre 2006 da
Amnesty International che, per altro, non limita la sua analisi alla
sola carneficina cecena. Sempre del 22 novembre è anche un
rapporto pubblicato congiuntamente dalla storica associazione russa per
la difesa dei diritti umani "Memorial" e dalla Federazione
Internazionale dei Diritti Umani (FIDH), con sede in Francia.
"L'operazione antiterrorismo – si legge nel rapporto –
è, di fatto, una politica di terrore: presa di ostaggi, tortura,
rapimenti per scopi politici e finanziari, violenza incontrollata e con
impunità garantita." Secondo la responsabile del FIDH per
l'Europa dell'Est e l'Asia centrale "la tortura è la base del
sistema in Cecenia. Rende possibile tutto il resto". Il 13 dicembre
2006 un rapporto di Human Rights Watch di Grozny sosteneva che "la
tortura e i maltrattamenti durante la detenzione in Cecenia sono
sistematici". I responsabili sono le forze governative filo-russe ma
anche l'ORB-2, una articolazione del ministero dell'interno russo. "Le
sparizioni in Cecenia – secondo Human Rights Watch – sono
così diffuse e sistematiche da costituire un crimine contro
l'umanità". Nel bollettino di febbraio del Consiglio delle
Organizzazioni non governative russe (NGO Council) si leggono notizie
sulla tragica situazione umanitaria in cui versa la Cecenia: accanto a
"uccisioni, sequestri, arresti e detenzioni illegali" si segnala che la
situazione umanitaria della popolazione cecena "si fa sempre più
preoccupante". Le informazioni diffuse dal NGO Council riportano casi
sempre più frequenti di malattie quali tubercolosi, AIDS,
tumori, disfunzioni cardiache nei bambini appena nati. A Grozny l'acqua
normalmente utilizzata dalla popolazione non è potabile mentre
la disoccupazione rimane a livelli altissimi (80% della forza lavoro) e
circa la metà del milione di ceceni sopravissuti alle due guerre
(250mila sono i morti stimati) vive al di sotto di quella che è
considerata la soglia minima di sussistenza.
Il 13 marzo anche il moderatissimo Comitato del Consiglio d'Europa
contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti (Cpt) denuncia
pubblicamente l'inferno ceceno decidendo di rendere pubbliche le sue
critiche - normalmente inviate in forma riservata agli Stati membri -
dopo che le autorità di Mosca si erano dimostrate non disposte a
intervenire sulle "lacune" segnalate dagli esperti del comitato tecnico
dopo le visite effettuate in Cecenia ad aprile-maggio e novembre 2006.
Il comitato parla di "un clima di impunità" e di "casi di
violazione di massa dei diritti umani e delle libertà
personali". La decisione di ricorrere ad una dichiarazione pubblica
sulla situazione in Cecenia - è stata definita "una misura
eccezionale spiacevole ma completamente giustificabile" dal segretario
generale del Consiglio d'Europa, Terry Davis.
Un criminale di guerra per presidente
La risposta russa alle critiche non si è fatta attendere ed
è stata, come sempre, arrogante: il 16 febbraio 2007 il
presidente russo Putin ha accettato le dimissioni del presidente ceceno
Alou Alkhanov nominando il primo ministro Ramzan Kadyrov presidente ad
interim. Il 5 aprile l'assemblea parlamentare cecena ha ufficialmente
ratificato la nomina. Le ONG hanno così commentato. "Kadyrov
dovrebbe essere denunciato ad un tribunale internazionale come
criminale di guerra e non ricevere un incarico governativo".
In realtà la nomina di Kadyrov, ex-ribelle e figlio Akhmat
Kadyrov, ex-Gran Mufti di Cecenia nominato presidente da Putin nel 2000
e ucciso in un attentato dalla guerriglia indipendentista nel 2004,
come dittatore ufficiale della Repubblica cecena, è il frutto di
uno scontro interno al regime filo-russo. Alkhanov e i suoi, esponenti
dell'ala moderata e più "legalitaria" del regime, si sono fatti
da parte: "In Cecenia deve esserci un solo padrone" – ha
dichiarato più di una volta Ramzan negli ultimi mesi. E, in
effetti, "la velocità con la quale sono scomparsi dalle strade i
ritratti di Alchanov per essere sostituiti con quelli di Kadyrov,
spesso ritratto mentre Putin gli consegna un'onorificenza, non fa
sorgere alcun dubbio agli abitanti della Cecenia su un punto: chi sia
questo padrone. L'uomo dalla pistola d'oro, che controlla tutte le
formazioni armate legali e semilegali, il frequentatore dei più
cari ristoranti di Mosca, l'accademico Kadyrov (due anni fa ha preso la
laurea in economia e diritto anche se pare molto più abituato ad
usare le armi che non i libri, ndt), i cui nemici personali vengono
uccisi nel centro di Mosca senza che ne seguano processi o indagini"
(Vjaceslav Izmajlov, 19.02.2007, "Novaja Gazeta"). Ramzan Kadyrov, agli
occhi dei russi, ha il grande merito di aver "cecenizzato" la guerra ma
la situazione rischia di sfuggire di mano al governo di Mosca. Gli
osservatori più attenti hanno notato come nel nuovo governo
nominato dal neo-presidente ceceno sia stato riservato un ruolo
marginale ad un ricco uomo d'affari, Hussein Dzhabrailov, relegato al
ruolo di inviato speciale a Mosca, nonostante negli ultimi sei mesi
abbia ricoperto l'incarico di vice primo ministro. L'emarginazione di
questo personaggio è stata interpretata come un ulteriore segno
di indipendenza da Putin del regime di Grozny. "A differenza di molti
degli individui che circondano Ramzan Kadyrov, Hussein Dzhabrailov
è sempre stato completamente indipendente. Non ha bisogno di
intascarsi il denaro che Mosca invia per finanziare la ricostruzione
della repubblica. Non solo è indipendente economicamente:
possiede anche una propria visione della Cecenia che non si adatta ai
piani di Kadyrov. È troppo istruito ed intelligente per non
vedere che le azioni della "pedina di Mosca" sono semplicemente una
facciata per una dittatura al di fuori della legge. Tutte le vittorie
economiche di oggi sono risultati dovuti alla durezza e non ad un abile
governo dell'amministrazione di Kadyrov. " (Mayrbek Vachagaev, 29 marzo
2007).
Altri osservatori russi hanno polemicamente fatto notare che con la
nomina di Kadyrov, Putin ha sancito la sconfitta russa nella guerra di
Cecenia: "Ed ecco che la cosa si è compiuta. Due campagne
cecene, decine di atti terroristici, l'assalto di Groznyj condotto con
incapacità, decine di migliaia di civili, guerriglieri e soldati
federali uccisi, migliaia di persone sequestrate, milioni di dollari
spesi da un paese in miseria per le necessità di una guerra
ingiusta – tutto questo si è concluso con la vittoria. Di
quelli contro cui abbiamo combattuto, che abbiamo ucciso, sequestrato e
torturato – la vittoria dei guerriglieri." (Vjaceslav Izmajlov,
citato). Infatti nei posti chiave del nuovo governo sono stati inseriti
uomini che negli anni passati avevano combattuto l'esercito russo.
Quando si dice gli strani destini della storia!
La "normalizzazione" di Kadyrov
Il regime del "duro" Kadyrov può sbandierare di aver
"normalizzato" la Cecenia grazie anche al successo dell'amnistia
offerta ai guerriglieri indipendentisti mesi fa: a centinaia hanno
consegnato le armi in cambio dell'immunità. Kadyrov li ha subito
riarruolati nella polizia locale, anche quelli accusati di aver
compiuto azioni criminali. In un prossimo futuro entreranno a far parte
del nuovo esercito ceceno. Così presto Mosca potrebbe
ritrovarseli ad operare nelle file dei federali, magari proprio nel
Caucaso: non è certo una bella prospettiva.
Ma, come si è visto, secondo le organizzazioni umanitarie che si
occupano di Cecenia (a pochissime è permesso lavorare in loco),
la repubblica è tutt'altro che pacificata, e la
"normalizzazione" dichiarata da Putin nasconde un controllo sui
cittadini ottenuto con il terrore. La stessa guerriglia non è
stata completamente vinta e i soldati russi rimasti in Cecenia
continuano a compiere azioni specie nel sud del paese, azioni durissime
che spingono anche la popolazione più moderata ad appoggiare i
rivoltosi che intanto sono sempre più individuati come
espressione dei gruppi estremisti islamici di tendenza salafita. La
normalizzazione cecena è tale solo perché terrore e
violazione di ogni diritto sono divenuti la "norma".
Una tragedia dimenticata
Negli ultimi anni la tragedia cecena è stata quasi dimenticata
dalla diplomazia internazionale. Per decenza l'argomento veniva
inserito nelle agende degli incontri di Putin, ma ormai anche questo
rituale è stato abbandonato. Secondo il direttore esecutivo
della FIDH, Antoine Bernard, i leader europei "dovrebbero dare ai
diritti umani la stessa importanza che danno al gas". In realtà
i rapporti commerciali con la Russia hanno il sopravvento su ogni
considerazione umanitaria come ha dimostrato anche Prodi in occasione
della conferenza stampa congiunta con Putin in occasione del summit
italo-russo di Bari del 14 marzo. Alla domanda di un giornalista che
gli chiedeva che cosa avrebbe risposto l'Italia alla domanda di asilo
politico chiesta il giorno prima da un esponente indipendentista
ceceno, il "mortadella" ha risposto infastidito che non ne sapeva
niente. Prodi non è amico personale di Putin, come Berlusconi,
però si comporta nella stessa maniera: bella figura. Complimenti.
Le posizioni delle cancellerie occidentali è per altro molto
chiara: Putin ha avuto il merito di vincere la guerra di Cecenia e "la
stabilizzazione in Cecenia è di per sé un fatto positivo.
In una regione ad alta instabilità, etnicamente complessa e
affetta da gravi problemi sociali come il Nord Caucaso, viene meno il
più pericoloso focolaio di destabilizzazione permanente. Tale
è stata per lunghi anni la Cecenia post sovietica. Inoltre, si
toglie al terrorismo internazionale salafita un campo d'azione, di
proselitismo, addestramento e possibile propagazione di
instabilità all'intera area caspica. Infine, la stabilità
può restituire alla Cecenia un'industria petrolifera con
interessanti possibilità di crescita e quel ruolo di importante
paese di transito del petrolio caspico verso la Russia e i mercati
europei, che grazie alla guerra era passato al Dagestan, dove ancora
sopravvivono nuclei di guerriglia e terrorismo" (P. Sinatti, Il sole-24
ore, 6 aprile 2007). Che l'estremismo salafita sia stato un effetto
della guerra scatenata dai russi contro i ceceni è una
verità scomoda che è meglio tacere, come è meglio
tacere che il prezzo di questa normalizzazione è il terrore e
l'abuso che stanno annientando una popolazione. Ma questa, si sa,
è la normale logica degli Stati.
Mario Baldassarri