Lunedì 4 giugno. Un simpatico collaboratore scolastico, iscritto
da trent'anni alla CISL e mio ex compaesano di scuola, mi incrocia
davanti all'Ufficio Scolastico Provinciale e mi informa con tono
lievemente irato che, a suo avviso, l'accordo fra governo e sindacati
concertativi è una porcheria.
Rileva che il fatto che l'accordo non preveda gli arretrati per tutto
il 2006 e il gennaio 2007, che si passi dal biennio al triennio
contrattuale – con la conseguente prevedibile ulteriore perdita
di reddito, che gli aumenti sono miserabili è scandaloso. Mi
colpisce abbastanza il fatto che ha le idee assolutamente chiare.
Fatto salvo che sapevo già tutto e che ha dimenticato di dire
che parte degli aumenti previsti saranno finanziati con i risparmi
derivanti dal massiccio taglio degli organici, non posso che dargli
ragione.
Approfitto, un po' cinicamente, del suo stato d'animo per fargli
rilevare che il mandato ai sindacati istituzionali lo danno, nei fatti
se non nelle intenzioni, gli iscritti ed i militanti di base di questi
stessi sindacati e che una raffica di disdette sarebbe più
efficace di mille lamentele.
Lui rileva, e non ha tutti i torti, che, con l'iscrizione, non ha dato
alcun mandato a fare accordi a perdere di questa gravità ma
sembra interessato all'idea di dare disdetta ad un sindacato al quale
lo legano, è normale sia così, frequentazioni e rapporti
personali che un certo peso nelle scelte sindacali lo hanno.
Approfitto del fatto che è in auto e mi faccio dare uno strappo
alla scuola dove trovo un collega, di destra, che si compiace
orrendamente delle malefatte del governo e dei sindacati concertativi e
un delegato CISL, alquanto depresso, che ipotizza di passare
all'astensione nei confronti di una maggioranza governativa che lo ha
deluso e tradito.
Segnali simili arrivano da molti lavoratori e non solo della scuola,
l'accordo colpisce perché riesce ad essere peggiore rispetto
all'ultimo contratto che CGIL-CISL-UIL e i sindacati autonomi e
corporativi hanno fatto con il governo di destra.
È interessante rilevare il fatto che un aspetto apparentemente
tecnico dell'accordo, la triennalizzazione, provochi tante reazioni
negative. In astratto, infatti, e da un punto di vista, appunto,
tecnico, il fatto che i contratti si facciano, per la parte normativa
ogni quattro anni e per la parte economica ogni due, come adesso, o,
per entrambe le questioni, ogni tre, non cambia molto.
Il fatto è che le lavoratrici ed i lavoratori, con molte buone
ragioni, non si fidano del governo e dei sindacati e pensano che, se i
contratti biennali slittano oggi di un paio di anni, quelli triennali
continueranno a slittare magari di tre.
Credo che queste reazioni meritino una riflessione non superficiale.
Persone come me, infatti, hanno vissuto l'accordo di giugno che ha
stabilito le risorse per i contratti del settore pubbliche come un
vicenda assolutamente scontata almeno nelle questioni essenziali.
Infatti le risorse economiche previste o, per essere precisi, non
previste per i contratti del settore pubblico erano definite dalla
legge finanziaria.
A livello più generale, è assolutamente evidente che i
contratti sono ormai eventi privi di un effettivo contenuto visto che
gli aumenti devono essere inferiori all'inflazione programmata cosa che
rende i contratti stessi una sorta di scala mobile.
La novità, ammesso che sia tale, consiste nel fatto che il
governo di sinistra non ha mostrato alcuna tenerezza per il settore di
lavoro dipendente che viene accreditato come un segmento centrale della
sua base elettorale ed ha marciato a passi lunghi e distesi nella
direzione del rigore e del finanziamento alle imprese – che
peraltro si sono mostrate poco grate, alle spese militari et similia.
Lo scontro fra ministri "tecnici" in primis Tommaso Padoa Schioppa, e
sinistra radicale – ogni volta che uso questo termine mi viene da
ridere ma tant'è – si è concluso, come era
perfettamente prevedibile con un accordo che, rispetto a quanto
già previsto dai protocolli dell'aprile 2007, prevede alcuni
ulteriori e secchi peggioramenti:
- gli arretrati per il biennio 2006/7 saranno percepiti dai lavoratori solo nel 2008;
- per il 2006 non ci sono arretrati e altrettanto avviene per il
gennaio 2007. Proprio le risorse derivanti dal taglio del gennaio 2007
permetteranno di concedere l'aumento di 101 euro, naturalmente lordi e
medi;
- la già ricordata triennalizzazione del contratto che permette al governo di mettere a bilancio un'ulteriore vittoria.
D'altro canto, l'anno passato ha visto una campagna senza precedenti
contro i dipendenti pubblici fannulloni e i docenti incompetenti per
non dire peggio. Fatto salvo che i giornali, e non è una
novità, suonano lo spartito deciso dai loro padroni, è un
fatto che chi ha orchestrato la campagna è proprio il settore
tecnocratico e più apertamente fiilopadronale della maggioranza.
La scelta dei sindacati istituzionali di firmare l'accordo non è
una novità ma, a mio avviso, è pienamente comprensibile
se teniamo contro di due fatti rilevanti:
- se il governo non può permettersi uno scontro frontale con i
sindacati concertativi, altrettanto vale per i dirigenti di questi
sindacati. Nel gioco delle parti, vi è una debolezza sindacale
che fa la differenza;
- i sindacati concertativi stanno trattando una materia delicata ed
importante quale la riforma delle pensioni e, non va dimenticato, il
trasferimento ai fondi pensione del TFR dei pubblici dipendenti,
trasferimento che avrà un impatto economico rilevantissimo per
le casse del sindacato. È ragionevole supporre, e verificheremo
a breve la fondatezza di questa supposizione, che uno scambio fra
contratti e finanziamenti ai fondi pensione vi sia stato.
Ovviamente l'apparato sindacale si aspettava le critiche della base e
basta andare sui siti sindacali per trovare documenti che spiegano
perché l'accordo era l'unica soluzione possibile con argomenti
assolutamente scontati quali il fatto che un cattivo accordo è
preferibile a nessun accordo, che i lavoratori non sono disposti a
mobilitarsi ecc..
è interessante notare che i comunicati di CGIL-CISL-UIL
attaccano pesantemente dei misteriosi sindacati "autonomi e
corporativi" che criticherebbero ingiustamente l'accordo. Fatto salvo
che, come è evidente, i sindacati autonomi e corporativi hanno
firmato l'accordo, si tratta di un segno di debolezza e del
riconoscimento che la campagna contro l'accordo che stanno facendo i
sindacati di base trova un consenso superiore a quanto è
avvenuto in passato.
Come e se lo scontento delle lavoratrici e dei lavoratori si
trasformerà in azione ed organizzazione è, credo, la vera
questione aperta e rispetto alla quale sarà necessario lavorare.
Cosimo Scarinzi