Il presidente statunitense George W. Bush è venuto a Roma il 9
giugno scorso. La visita non è stata particolarmente gradita
dalla popolazione romana che ha dovuto subire disagi giganteschi per
consentire a quell'assassino di andarsene a zonzo per la città.
In particolare a Trastevere si è arrivati a chiedere i documenti
alle persone dentro le proprie case, a programmare di rimuovere tutte
le autovetture parcheggiate e di far chiudere tutti i negozi del
quartiere, a invitare gli abitanti a trasferirsi altrove per la
giornata, ed ad imporgli di ospitare dei cecchini nei propri
appartamenti tra la camera da letto e la sala da pranzo, visto che i
caratteristici tetti trasteverini spioventi, con le tegole in coppo,
non avrebbero consentito di posizionare gli annunciati "cecchini sui
tetti".
Poi si devono essere accorti che la lunga limousine presidenziale non
avrebbe mai potuto svoltare tra i vicoli di Trastevere, visto che non
è riuscita neanche ad entrare nel più ampio ingresso
dell'ambasciata USA di Via Veneto e, fortunatamente per i trasteverini,
Bush ha finto un malore, per evitare la figuraccia di dover dire che
nessuno, dei 900 addetti della sicurezza al seguito, ha pensato di
verificare prima la compatibilità tra la lunghezza della
macchina presidenziale ed i vicoli.
L'incontro con i vertici della Comunità di Sant'Egidio si
è così svolto nell'ambasciata americana. Bush ha offerto
a Marco Impagliazzo e Andrea Riccardi (rappresentanti della
Comunità) alcuni milioni di dollari con la scusa della lotta
all'AIDS, in cambio dell'appoggio al piano USA sull'indipendenza del
Kosovo. Gli statunitensi hanno infatti un bisogno dannato di militari
da inviare nei fronti di guerra (Iraq e Afganistan) da cui non si
possono muovere fino alle prossime elezioni presidenziali pena la
proclamazione della sconfitta militare cui seguirebbe la certa disfatta
elettorale. La Comunità di Sant'Egidio ha ottime entrature in
Serbia e Albania, oltre che in Kosovo ed aveva già avuto un
ruolo di mediatore nell'area prima della guerra con la Serbia.
Risulta un po' strano che ci si dichiari "pacifisti", si accettino
soldi da un guerrafondaio e gli si offra appoggio, del resto non
è certo la prima ONG che garantisce lo stipendio ai propri
vertici accorrendo al seguito delle truppe a fare la parte dei "buoni"
nelle guerre "umanitarie".
Bush ha anche incontrato il Papa, per garantirsi l'appoggio dell'elettorato cattolico statunitense.
Sostanzialmente inutili gli incontri con gli italiani, data la certezza
della sudditanza dell'Italia agli USA indipendentemente da eventuali
cambi di maggioranza. Tanto per sottolinearlo ha incontrato sia Prodi
che Berlusconi.
Con Prodi ha firmato l'accordo per l'ampliamento del "Dal Molin" a
Vicenza. Per ragioni di opportunità, la firma è stata
smentita (anzi "del Dal Molin non si è parlato proprio"), ma
tant'è: l'ampliamento della base USA è uno dei 12 punti
irrinunciabili del governo Prodi, sottoscritti da tutti i partiti di
governo, anche da quelli della sinistra cosiddetta "radicale" che la
visita di Bush se la ricorderà a lungo, ma per altri motivi.
Il dato politico più importante del 9 giugno è stato,
infatti, che il fallimento della sinistra "radicale", politicamente
avvenuto fin dall'inizio del governo Prodi, sia stato sanzionato anche
numericamente dall'abissale differenza di partecipazione tra il corteo
"Contro Bush e contro Prodi" e la miserrima manifestazione organizzata
in piazza del Popolo.
Che la loro manifestazione sarebbe stata un "flop" lo si capiva da
subito, dal posto di convocazione: Piazza del Popolo ha caratteristiche
architettoniche tali (è monumentale, sembra molto grande, ma
è a "catino", con la pavimentazione alla base piuttosto
ristretta) da farla essere, da sempre, usata da chi voglia apparire in
tanti (in TV e nelle foto), pur essendo in pochi (non a caso era la
piazza preferita dal MSI negli anni '70 e oggi da Forza Italia). Poi,
consapevoli che a sentire gli equilibrismi oratori di un Pecoraio
Scanio, di un Diliberto o di un Giordano non ci sarebbe andato nessuno,
hanno provato a farla apparire come un concerto gratuito più che
una manifestazione politica (nei loro manifesti si vedevano solo i nomi
dei gruppi musicali). Ed, infine, insieme a tutto il governo, hanno
fatto il possibile per terrorizzare chiunque volesse partecipare al
corteo (con il continuo lancio di allarmi per la calata dei "Black
block" a Roma direttamente dal G8 di Heilegendamm o per la certezza di
incidenti) e per renderne impossibile l'arrivo a Roma con il treno.
Una citazione particolare merita infatti Trenitalia che ha offerto ai
compagni di fuori Roma solo lo sconto del 20% che si pratica per i
gruppi sopra 16 persone! Una cosa del genere è
un'assurdità anche dal punto di vista commerciale (non si
possono considerare migliaia di persone/clienti come "gruppo di
più di 16 persone") ed è tanto assurda che non è
mai stata fatta, né in passato (neanche sotto il governo
Berlusconi), né il mese scorso al "family day" clericale. Che il
problema fosse politico non va neanche spiegato: il problema dei
compagni in viaggio non erano evidentemente i bigliettai, ma prefetti e
questori!
Il risultato ottenuto da questa sinistra di governo è stato
ancora più fallimentare delle loro scelte politiche: cinquecento
persone hanno visto il concerto. Se leviamo i funzionari dei loro
partiti ed i parenti dei musicisti possiamo dire che il loro seguito
sociale sia di alcune decine di melomani!
Veniamo invece al corteo: grandissimo, colorato e partecipato.
Nonostante il terrorismo mediatico, nonostante Trenitalia, nonostante
le provocazioni giornalistiche, nonostante i filtri polizieschi (un
pullman cosentino è stato fermato per due ore dalla polizia alle
porte di Roma), circa centomila persone sono scese in piazza contro un
assassino statunitense in visita a un governo suo complice.
Semplicemente ridicola la valutazione della questura che parlava di
"dodicimila persone", tanto che persino i telegiornali (che normalmente
riportano queste cifre pedissequamente) hanno dovuto parlare di
"cinquanta/settantamila persone".
Una manifestazione ampia, anche politicamente, delle varie anime che
esprime, oggi, l'opposizione sociale. Dopo lo striscione unitario,
c'erano i "No Dal Molin" a ricordare a tutti quale fosse la posta in
palio quel giorno e quale sarà il probabile terreno di lotta
delle prossime settimane.
Lo spezzone anarchico, ottimamente organizzato dal Gruppo "Cafiero" con
la collaborazione di alcuni compagni di fuori Roma, posizionato vicino
la testa del corteo, ha visto la presenza di alcune centinaia di
compagni, la distribuzione di volantini e di Umanità Nova, le
canzoni e la rivendicazione della nostra presenza in quella piazza.
La manifestazione è stata pacifica, con qualche tensione al
termine, per il tentativo, da parte di un settore, di proseguire il
corteo oltre Piazza Navona. Il tentativo si è risolto in breve
con cariche poliziesche, qualche lacrimogeno ed un paio di banche che,
il lunedì successivo, hanno fatto contento il vetraio di fiducia.
Nella confusione, sono state fatte le solite retate fermando passanti,
qualche compagno, qualche dimostrante estraneo a tutto quello che stava
avvenendo. Nella serata risulteranno sei arrestati. Nel corso di un
presidio tenuto nel pomeriggio di domenica sotto la prefettura di
Firenze saranno denunciate le violenze subite da Chiara, studentessa
fiorentina, fermata in circostanze poco chiare, riempita di botte,
portata in ospedale, prelevata di lì successivamente e portata
in questura per arrestarla.
Quando era tutto finito, nel cuore della notte, è scattata la
rappresaglia contro i compagni che cercavano di rientrare nelle loro
città in treno. Le ferrovie non hanno rispettato gli accordi
raggiunti in mattinata e si sono rifiutati di far partire i compagni.
L'atteggiamento è del tutto inspiegabile e ha portato ad altre
cariche della polizia che, accorsa in forze, non è riuscita ad
impedire (ma guarda un po') che un gruppo di fascisti lanciasse sassi
ed altri oggetti da un cavalcavia sovrastante la stazione ferendo un
compagno.
Senza voler enfatizzare eccessivamente il successo della
manifestazione, credo vada sottolineato l'emergere di un ampio soggetto
sociale che, in prima persona, si fa carico delle lotte, rifiutando la
delega a quelli che hanno dichiarato di voler entrare nella "stanza dei
bottoni", per cambiare in senso sociale le politiche del governo, e si
sono accontentati di avere voce in capitolo solo nella "stanza dei
bottoncini" spartendosi soldi e i posti di sottogoverno.
FRK