Umanità Nova, n.21 del 17 giugno 2007, anno 87

Roma 9 giugno: contro Bush, Prodi e Bertinotti
Senza se e senza ma


Il presidente statunitense George W. Bush è venuto a Roma il 9 giugno scorso. La visita non è stata particolarmente gradita dalla popolazione romana che ha dovuto subire disagi giganteschi per consentire a quell'assassino di andarsene a zonzo per la città.
In particolare a Trastevere si è arrivati a chiedere i documenti alle persone dentro le proprie case, a programmare di rimuovere tutte le autovetture parcheggiate e di far chiudere tutti i negozi del quartiere, a invitare gli abitanti a trasferirsi altrove per la giornata, ed ad imporgli di ospitare dei cecchini nei propri appartamenti tra la camera da letto e la sala da pranzo, visto che i caratteristici tetti trasteverini spioventi, con le tegole in coppo, non avrebbero consentito di posizionare gli annunciati "cecchini sui tetti".
Poi si devono essere accorti che la lunga limousine presidenziale non avrebbe mai potuto svoltare tra i vicoli di Trastevere, visto che non è riuscita neanche ad entrare nel più ampio ingresso dell'ambasciata USA di Via Veneto e, fortunatamente per i trasteverini, Bush ha finto un malore, per evitare la figuraccia di dover dire che nessuno, dei 900 addetti della sicurezza al seguito, ha pensato di verificare prima la compatibilità tra la lunghezza della macchina presidenziale ed i vicoli.
L'incontro con i vertici della Comunità di Sant'Egidio si è così svolto nell'ambasciata americana. Bush ha offerto a Marco Impagliazzo e Andrea Riccardi (rappresentanti della Comunità) alcuni milioni di dollari con la scusa della lotta all'AIDS, in cambio dell'appoggio al piano USA sull'indipendenza del Kosovo. Gli statunitensi hanno infatti un bisogno dannato di militari da inviare nei fronti di guerra (Iraq e Afganistan) da cui non si possono muovere fino alle prossime elezioni presidenziali pena la proclamazione della sconfitta militare cui seguirebbe la certa disfatta elettorale. La Comunità di Sant'Egidio ha ottime entrature in Serbia e Albania, oltre che in Kosovo ed aveva già avuto un ruolo di mediatore nell'area prima della guerra con la Serbia.
Risulta un po' strano che ci si dichiari "pacifisti", si accettino soldi da un guerrafondaio e gli si offra appoggio, del resto non è certo la prima ONG che garantisce lo stipendio ai propri vertici accorrendo al seguito delle truppe a fare la parte dei "buoni" nelle guerre "umanitarie".
Bush ha anche incontrato il Papa, per garantirsi l'appoggio dell'elettorato cattolico statunitense.
Sostanzialmente inutili gli incontri con gli italiani, data la certezza della sudditanza dell'Italia agli USA indipendentemente da eventuali cambi di maggioranza. Tanto per sottolinearlo ha incontrato sia Prodi che Berlusconi.
Con Prodi ha firmato l'accordo per l'ampliamento del "Dal Molin" a Vicenza. Per ragioni di opportunità, la firma è stata smentita (anzi "del Dal Molin non si è parlato proprio"), ma tant'è: l'ampliamento della base USA è uno dei 12 punti irrinunciabili del governo Prodi, sottoscritti da tutti i partiti di governo, anche da quelli della sinistra cosiddetta "radicale" che la visita di Bush se la ricorderà a lungo, ma per altri motivi.
Il dato politico più importante del 9 giugno è stato, infatti, che il fallimento della sinistra "radicale", politicamente avvenuto fin dall'inizio del governo Prodi, sia stato sanzionato anche numericamente dall'abissale differenza di partecipazione tra il corteo "Contro Bush e contro Prodi" e la miserrima manifestazione organizzata in piazza del Popolo.
Che la loro manifestazione sarebbe stata un "flop" lo si capiva da subito, dal posto di convocazione: Piazza del Popolo ha caratteristiche architettoniche tali (è monumentale, sembra molto grande, ma è a "catino", con la pavimentazione alla base piuttosto ristretta) da farla essere, da sempre, usata da chi voglia apparire in tanti (in TV e nelle foto), pur essendo in pochi (non a caso era la piazza preferita dal MSI negli anni '70 e oggi da Forza Italia). Poi, consapevoli che a sentire gli equilibrismi oratori di un Pecoraio Scanio, di un Diliberto o di un Giordano non ci sarebbe andato nessuno, hanno provato a farla apparire come un concerto gratuito più che una manifestazione politica (nei loro manifesti si vedevano solo i nomi dei gruppi musicali). Ed, infine, insieme a tutto il governo, hanno fatto il possibile per terrorizzare chiunque volesse partecipare al corteo (con il continuo lancio di allarmi per la calata dei "Black block" a Roma direttamente dal G8 di Heilegendamm o per la certezza di incidenti) e per renderne impossibile l'arrivo a Roma con il treno.
Una citazione particolare merita infatti Trenitalia che ha offerto ai compagni di fuori Roma solo lo sconto del 20% che si pratica per i gruppi sopra 16 persone! Una cosa del genere è un'assurdità anche dal punto di vista commerciale (non si possono considerare migliaia di persone/clienti come "gruppo di più di 16 persone") ed è tanto assurda che non è mai stata fatta, né in passato (neanche sotto il governo Berlusconi), né il mese scorso al "family day" clericale. Che il problema fosse politico non va neanche spiegato: il problema dei compagni in viaggio non erano evidentemente i bigliettai, ma prefetti e questori!
Il risultato ottenuto da questa sinistra di governo è stato ancora più fallimentare delle loro scelte politiche: cinquecento persone hanno visto il concerto. Se leviamo i funzionari dei loro partiti ed i parenti dei musicisti possiamo dire che il loro seguito sociale sia di alcune decine di melomani!
Veniamo invece al corteo: grandissimo, colorato e partecipato. Nonostante il terrorismo mediatico, nonostante Trenitalia, nonostante le provocazioni giornalistiche, nonostante i filtri polizieschi (un pullman cosentino è stato fermato per due ore dalla polizia alle porte di Roma), circa centomila persone sono scese in piazza contro un assassino statunitense in visita a un governo suo complice.
Semplicemente ridicola la valutazione della questura che parlava di "dodicimila persone", tanto che persino i telegiornali (che normalmente riportano queste cifre pedissequamente) hanno dovuto parlare di "cinquanta/settantamila persone".
Una manifestazione ampia, anche politicamente, delle varie anime che esprime, oggi, l'opposizione sociale. Dopo lo striscione unitario, c'erano i "No Dal Molin" a ricordare a tutti quale fosse la posta in palio quel giorno e quale sarà il probabile terreno di lotta delle prossime settimane.
Lo spezzone anarchico, ottimamente organizzato dal Gruppo "Cafiero" con la collaborazione di alcuni compagni di fuori Roma, posizionato vicino la testa del corteo, ha visto la presenza di alcune centinaia di compagni, la distribuzione di volantini e di Umanità Nova, le canzoni e la rivendicazione della nostra presenza in quella piazza.
La manifestazione è stata pacifica, con qualche tensione al termine, per il tentativo, da parte di un settore, di proseguire il corteo oltre Piazza Navona. Il tentativo si è risolto in breve con cariche poliziesche, qualche lacrimogeno ed un paio di banche che, il lunedì successivo, hanno fatto contento il vetraio di fiducia.
Nella confusione, sono state fatte le solite retate fermando passanti, qualche compagno, qualche dimostrante estraneo a tutto quello che stava avvenendo. Nella serata risulteranno sei arrestati. Nel corso di un presidio tenuto nel pomeriggio di domenica sotto la prefettura di Firenze saranno denunciate le violenze subite da Chiara, studentessa fiorentina, fermata in circostanze poco chiare, riempita di botte, portata in ospedale, prelevata di lì successivamente e portata in questura per arrestarla.
Quando era tutto finito, nel cuore della notte, è scattata la rappresaglia contro i compagni che cercavano di rientrare nelle loro città in treno. Le ferrovie non hanno rispettato gli accordi raggiunti in mattinata e si sono rifiutati di far partire i compagni. L'atteggiamento è del tutto inspiegabile e ha portato ad altre cariche della polizia che, accorsa in forze, non è riuscita ad impedire (ma guarda un po') che un gruppo di fascisti lanciasse sassi ed altri oggetti da un cavalcavia sovrastante la stazione ferendo un compagno.
Senza voler enfatizzare eccessivamente il successo della manifestazione, credo vada sottolineato l'emergere di un ampio soggetto sociale che, in prima persona, si fa carico delle lotte, rifiutando la delega a quelli che hanno dichiarato di voler entrare nella "stanza dei bottoni", per cambiare in senso sociale le politiche del governo, e si sono accontentati di avere voce in capitolo solo nella "stanza dei bottoncini" spartendosi soldi e i posti di sottogoverno.

FRK

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