Umanità Nova, n.22 del 25 giugno 2007, anno 87

Movimenti e istituzioni. Relazioni pericolose


Nell'attuale dibattito sulla crisi della politica, il protagonismo di massa e le mobilitazioni su temi ambientali e antimilitaristi viene normalmente letto dai commentatori della stampa nazionale come un fenomeno regressivo, sintomo di ripiegamento localista e di distacco, appunto, dalla politica, intesa come sistema istituzionale della politica rappresentativa e dei partiti. Al contrario, la partecipazione popolare è segnale di vitalità della politica, intesa come orizzonte collettivo del vivere, in un duplice senso: le modalità della decisione sono collettive e la decisione ha ad oggetto una dimensione collettiva del vivere, in primo luogo il territorio su cui la comunità decidente insiste. Che una comunità decida del proprio destino non è necessariamente fenomeno localista: il rilievo va posto sul rapporto tra questa comunità e la dimensione relazionale con altre comunità. Anche una comunità, come ogni individuo, può essere attenta al proprio particolare e contemporaneamente aperta alla relazione con altri soggetti, posti sullo stesso piano o meno: la relazione, l'articolazione, la dialettica, tra comunità può cioè assumere una struttura gerarchica oppure no. Lo stato moderno si pone come superiore alle altre comunità, di cui riconosce l'autonomia in modo maggiore o minore, articolando il confronto con le istituzioni locali sul piano giuridico o fattuale, attraverso l'uso della forza, di cui lo stato detiene il monopolio legale. In questo senso, dal punto di vista di una comunità locale, l'orizzonte statale può tramontare o per il venir meno dello stato in caso di guerra o rivoluzione oppure per secessione, conseguenza degli eventi appena citati o frutto di un lungo e complesso processo politico-istituzionale, che potrebbe non escludere, magari nella fase finale, un confronto sul piano fattuale con lo stato. Lo stato può comunque caratterizzarsi come federale, come "stato di stati"; può essere centralista; può riconoscere le autonomie e dividere con esse le competenze pubbliche. Poste queste premesse, i movimenti che si aggregano su tematiche ambientali o antimilitariste partendo dalla dimensione locale di difesa del proprio territorio dallo sfruttamento da parte di istituzioni centralistiche e/o sovraordinate, giunti ad un certo grado di crescita e di autocoscienza, si trovano talora a riflettere su possibili evoluzioni del loro rapporto con le istituzioni rappresentative ed il sistema dei partiti.
In un primo caso, movimento e sfera della rappresentanza politico-istituzionale sono autonomi ed in relazione: il movimento preme sui rappresentanti politici, in primo luogo i sindaci ed i consigli comunali; i politici assecondano in modo più o meno sincero il movimento; il voto e le elezioni sono il momento in cui si tirano le somme di tali relazioni. Il movimento si pone come istanza critica dell'ordinamento democratico, come democrazia partecipata e dal basso, come inveramento della democrazia: insomma, il movimento serve da rigenerazione delle istituzioni e dell'ordinamento, da loro giustificazione. In questo caso, la comunità locale resta "rappresentata" dalle istituzioni esistenti e dai partiti, con i quali articola una continua dialettica che trova un limite nell'inserimento di tali istituzioni e di tali partiti nel sistema statale, cui rispondono e che su di essi preme ed influisce, sia dal punto di vista giuridico che fattuale.
Per ovviare a tale limite, il movimento può pensare di farsi partito/lista e partecipare alle elezioni locali, anche a livello provinciale: i comuni/sindaci sono l'unità amministrativa minima e autonoma che immediatamente rappresenterebbe il movimento, specie nei piccoli comuni dove esiste un sistema elettorale maggioritario che di solito vede due liste contrapposte. Eleggere un proprio rappresentante poi nel consiglio provinciale servirebbe al movimento per accedere direttamente a tutta una serie di informazioni, a monitorare l'azione delle forze politiche, a prender parte alle decisioni collettive di gestione della cosa pubblica. Se in questo modo verrebbe saltata la mediazione dei partiti politici, il movimento manterrebbe ancora intatto l'orizzonte istituzionale e si muoverebbe sempre nell'ambito dei meccanismi di rappresentanza. L'inserimento nel sistema politico-istituzionale non è fatto solo di diritti, ma anche di doveri, nel senso che gli enti locali non solo espressione di autonomia delle comunità locali, ma anche terminali del sistema statale che ne attuano sul territorio l'azione.
In un terzo caso, il movimento resta un soggetto autonomo e collettivo che persegue i suoi obiettivi, esercitando pressione sulle istituzioni, ma, in più, diserta i luoghi della politica istituzionale, in primo luogo non partecipando alle elezioni, non come forma di protesta, ma come rifiuto dei meccanismi di rappresentanza istituzionale e partitica. La situazione che potrebbe venirsi a determinare è quella dell'impossibilità di elezione di sindaco e consiglio comunale per mancanza di candidati e di votanti. L'ordinamento prevede che in questo caso venga nominato un commissario prefettizio al posto del sindaco, commissario cui è demandata la normale amministrazione del comune. Per il resto i servizi pubblici continuerebbero a funzionare e la comunità locale deve mantenere la capacità di mobilitazione sulle questioni di straordinaria amministrazione: la comunità, acquisita coscienza della propria forza nell'opporsi al progetto di devastazione ambientale e di servitù militare che ha costituito la causa del sorgere del movimento, semplicemente funziona quotidianamente allo stesso modo, ribaltando il senso dello stato di eccezione imposto dall'alto in occasione dell'aggressione del territorio. È il territorio e la comunità che vi abita che determinano uno stato di eccezione effettivo e quotidiano depotenziando l'ordinamento gerarchico in cui sono inseriti. Sempre che cada il feticcio della rappresentanza. Una volta che una comunità abbia preso in mano il proprio destino, prescindendo dal livello politico-istituzionale che vorrebbe rappresentarla, di fatto tali istituzioni sono svuotate perché ne è stata disvelata, da un lato, l'inutilità, dall'altro la dannosità, nel momento in cui è proprio il livello della rappresentanza che agisce contro i rappresentati. Del resto, comunità locali capaci di opporsi ad un governo nazionale, anche nel momento in cui usa la "forza pubblica", non dovrebbe avere maggiori problemi a relazionare con un commissario prefettizio su questioni di gestione quotidiana e condizionarne l'operato.

W.B.


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