Il controllo sociale si estende di pari passo con la diffusione del
senso di insicurezza: e la nostra società è oggi preda di
questo meccanismo che si autoalimenta e che viene alimentato a dosi
massicce da chi detiene il potere politico istituzionale. Il fenomeno
non è nuovo, anzi. Fa parte degli strumenti della moderna
gestione del potere quello di provocare timore con pericoli reali o
fasulli provenienti dall'esterno della società o dal suo
interno, in modo da determinare una richiesta di maggior sicurezza che
si risolve in un restringimento generalizzato della libertà, o
comunque in modo da costruire un clima non ostile a modifiche in senso
autoritario dell'ordinamento. La creazione di un clima di paura, se non
di vero è proprio terrore, è una classica risposta del
potere statale a fronte di una conflittualità sociale diffusa e
sostenuta. In questo senso, la "strategia della tensione" e il
"terrorismo di Stato" che insanguinarono l'Italia tra la fine degli
anni '60 e l'inizio degli anni '80 sono un caso da manuale. Assistiamo
oggi ad un fenomeno che ha la stessa radice, ma modalità
diverse, potremmo dire "preventive", per usare un aggettivo alla moda.
Non siamo in presenza di una conflittualità sociale diffusa,
eppure… Eppure, siamo un paese in guerra e ciò ha
conseguenze sulla militarizzazione del territorio e sulle scelte di
politica economica, giacché la guerra ed in genere le missioni
militari all'estero costano. Quel che si spende in armi, sussistenza e
laute paghe dei militari, è sottratto ad altro. Siamo anche un
paese in cui la forbice sociale si allarga: più poveri e
più ricchi, con meno ceto medio. Più difficoltà a
tirare avanti produce un senso di precarietà diffusa, assieme ad
una aggressività latente nei confronti di ciò e di coloro
che minacciano le scarse risorse a disposizione. Così, il
fenomeno vecchio come il mondo dell'immigrazione diventa occasione di
sfogo delle pulsioni più viscerali di fette consistenti di
società e motivo di richiesta di più "sicurezza".
Così, il mercato della droga, volutamente lasciato
nell'illegalità, genera situazioni più o meno rilevanti
di tensione con i quartieri dove più diffuso è lo
spaccio, dove sorgono "comitati spontanei" di cittadini che invocano
"legge&ordine". Mentre le statistiche ci dicono che la famiglia
è il luogo dove vengono commessi il maggior numero di reati nei
confronti di donne e bambini (naturalmente da parte di "bravi padri
italiani"), non passa giorno che venga sbattuta in prima pagina
l'ennesima inchiesta sulla pedofilia in cui, ogni volta, è
coinvolta una decina di persone, definite "orchi", che si aggirano in
internet. Alla fine, unanime si leva il coro dalla società
invocando "più sicurezza": il che significa più polizia,
più telecamere, più controlli sulle comunicazioni: per
tutti. La centralità degli apparati di polizia nel controllo
sociale e nel governo della società, fa sì che gli stessi
acquisiscano una sempre maggior autonomia, man mano che ne viene sempre
più evocato l'intervento salvifico. La crescita delle forze di
polizia e comunque dei corpi armati dello stato è numerica, con
due effetti, entrambi politicamente significativi: il primo, è
che, comprese famiglie e parenti, poliziotti, carabinieri, finanzieri,
militari, sono un bacino elettorale di tutto rispetto; il secondo, le
voci del bilancio dello stato relative a difesa e sicurezza
costituiscono una fonte di spesa il cui controllo crea a sua volta
potere; si ricordi che con il sistema di arruolamento volontario
dell'esercito, lo svolgimento del servizio militare è scivolo
verso l'arruolamento verso gli altri corpi armati dello stato, con
ciò favorendo la creazione di una vera e propria casta di
"pubblici dipendenti armati". Che poi l'orientamento politico di chi fa
parte della galassia degli "uomini in armi" sia fortemente conservatore
(per usare un eufemismo) ed anzi spesso spudoratamente fascista, va da
sé. Non stupisce allora che l'asse della società e della
politica si sposti "a destra", di pari passo con il prender piede di un
diffuso senso di insicurezza e l'esponenziale dilatarsi delle
dimensioni e dei poteri degli apparati armati e di sicurezza. Il
bisogno di sicurezza reca con sé il bisogno di decisione, di
forza, di autorità: governare la società come un'impresa
è un modello di decisione rapida, efficiente, cui la politica ha
fatto riferimento; ma dietro l'angolo spunta il modello militare, fatto
di ordine, gerarchia, indiscutibilità delle decisioni,
centralizzazione delle stesse. Da questo punto di vista, la
costituzione repubblicana del 1948 risulta un impaccio, con la
centralità del parlamento come luogo della mediazione politica e
l'equilibrio tra i poteri. L'effetto del quadro che si va delineando
è quindi quello di una modifica in senso autoritario
dell'ordinamento costituzionale: al centro il detentore della
decisione, il governo, l'esecutivo, legato agli apparati di sicurezza
che usa e che da cui è espresso o comunque tollerato, con un
movimento bidirezionale. Legge – ordine – decisione, la
triade della società che sotto i nostri occhi si va delineando.
W.B.