Umanità Nova, n.23 del 1 luglio 2007, anno 87

Modello militare. Controllo sociale, senso di insicurezza, politiche disciplinari


Il controllo sociale si estende di pari passo con la diffusione del senso di insicurezza: e la nostra società è oggi preda di questo meccanismo che si autoalimenta e che viene alimentato a dosi massicce da chi detiene il potere politico istituzionale. Il fenomeno non è nuovo, anzi. Fa parte degli strumenti della moderna gestione del potere quello di provocare timore con pericoli reali o fasulli provenienti dall'esterno della società o dal suo interno, in modo da determinare una richiesta di maggior sicurezza che si risolve in un restringimento generalizzato della libertà, o comunque in modo da costruire un clima non ostile a modifiche in senso autoritario dell'ordinamento. La creazione di un clima di paura, se non di vero è proprio terrore, è una classica risposta del potere statale a fronte di una conflittualità sociale diffusa e sostenuta. In questo senso, la "strategia della tensione" e il "terrorismo di Stato" che insanguinarono l'Italia tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '80 sono un caso da manuale. Assistiamo oggi ad un fenomeno che ha la stessa radice, ma modalità diverse, potremmo dire "preventive", per usare un aggettivo alla moda. Non siamo in presenza di una conflittualità sociale diffusa, eppure… Eppure, siamo un paese in guerra e ciò ha conseguenze sulla militarizzazione del territorio e sulle scelte di politica economica, giacché la guerra ed in genere le missioni militari all'estero costano. Quel che si spende in armi, sussistenza e laute paghe dei militari, è sottratto ad altro. Siamo anche un paese in cui la forbice sociale si allarga: più poveri e più ricchi, con meno ceto medio. Più difficoltà a tirare avanti produce un senso di precarietà diffusa, assieme ad una aggressività latente nei confronti di ciò e di coloro che minacciano le scarse risorse a disposizione. Così, il fenomeno vecchio come il mondo dell'immigrazione diventa occasione di sfogo delle pulsioni più viscerali di fette consistenti di società e motivo di richiesta di più "sicurezza". Così, il mercato della droga, volutamente lasciato nell'illegalità, genera situazioni più o meno rilevanti di tensione con i quartieri dove più diffuso è lo spaccio, dove sorgono "comitati spontanei" di cittadini che invocano "legge&ordine". Mentre le statistiche ci dicono che la famiglia è il luogo dove vengono commessi il maggior numero di reati nei confronti di donne e bambini (naturalmente da parte di "bravi padri italiani"), non passa giorno che venga sbattuta in prima pagina l'ennesima inchiesta sulla pedofilia in cui, ogni volta, è coinvolta una decina di persone, definite "orchi", che si aggirano in internet. Alla fine, unanime si leva il coro dalla società invocando "più sicurezza": il che significa più polizia, più telecamere, più controlli sulle comunicazioni: per tutti. La centralità degli apparati di polizia nel controllo sociale e nel governo della società, fa sì che gli stessi acquisiscano una sempre maggior autonomia, man mano che ne viene sempre più evocato l'intervento salvifico. La crescita delle forze di polizia e comunque dei corpi armati dello stato è numerica, con due effetti, entrambi politicamente significativi: il primo, è che, comprese famiglie e parenti, poliziotti, carabinieri, finanzieri, militari, sono un bacino elettorale di tutto rispetto; il secondo, le voci del bilancio dello stato relative a difesa e sicurezza costituiscono una fonte di spesa il cui controllo crea a sua volta potere; si ricordi che con il sistema di arruolamento volontario dell'esercito, lo svolgimento del servizio militare è scivolo verso l'arruolamento verso gli altri corpi armati dello stato, con ciò favorendo la creazione di una vera e propria casta di "pubblici dipendenti armati". Che poi l'orientamento politico di chi fa parte della galassia degli "uomini in armi" sia fortemente conservatore (per usare un eufemismo) ed anzi spesso spudoratamente fascista, va da sé. Non stupisce allora che l'asse della società e della politica si sposti "a destra", di pari passo con il prender piede di un diffuso senso di insicurezza e l'esponenziale dilatarsi delle dimensioni e dei poteri degli apparati armati e di sicurezza. Il bisogno di sicurezza reca con sé il bisogno di decisione, di forza, di autorità: governare la società come un'impresa è un modello di decisione rapida, efficiente, cui la politica ha fatto riferimento; ma dietro l'angolo spunta il modello militare, fatto di ordine, gerarchia, indiscutibilità delle decisioni, centralizzazione delle stesse. Da questo punto di vista, la costituzione repubblicana del 1948 risulta un impaccio, con la centralità del parlamento come luogo della mediazione politica e l'equilibrio tra i poteri. L'effetto del quadro che si va delineando è quindi quello di una modifica in senso autoritario dell'ordinamento costituzionale: al centro il detentore della decisione, il governo, l'esecutivo, legato agli apparati di sicurezza che usa e che da cui è espresso o comunque tollerato, con un movimento bidirezionale. Legge – ordine – decisione, la triade della società che sotto i nostri occhi si va delineando.

W.B.



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