La sera del 21 giugno 2007 un nutrito corteo (più di 1000
compagne e compagni) ha sfilato per le vie del centro per protestare
contro un raduno organizzato da Forza Nuova.
I fascisti intendevano manifestare contro il progetto di costruzione di
una moschea a Bologna, ribadendo il loro razzismo e la congiunzione con
la Lega Nord (che aveva promosso altre mobilitazioni sul tema) e la
destra cattolica che il 14 scorso aveva promosso una conferenza sotto
la sigla Lega Anti Diffamazione Cristiana. La rappresentazione della
destra non è riuscita anche se, grazie a 450 uomini armati dello
stato, un centinaio di fascisti è riuscito, comunque, a fare un
piccolo corteo.
La manifestazione antifascista aveva registrato un lungo elenco di
adesioni (che avrebbe presupposto una partecipazione più
nutrita) dell'area della così detta "sinistra radicale"; ed ha
avuto, principalmente, il carattere della sfilata testimoniale.
L'Assemblea Antifascista Permanente di Bologna ha partecipato al corteo
(con uno spezzone di oltre 100 compagne e compagni) dopo aver promosso
nella giornata e nei giorni precedenti un diffuso volantinaggio di
mobilitazione sia all'università che in alcuni quartieri della
città.
Il circolo anarchico "Camillo Berneri" di Bologna ha diffuso un
volantino dove ha messo in evidenza il ruolo subordinato della canea
fascista ai dettami razzisti del capitalismo e la necessità di
una liberazione del proletariato immigrato dai canoni culturali che lo
vorrebbero inquadrato nei recinti religiosi. Diversi immigrati hanno
partecipato alla manifestazione ed hanno solidarizzato con le posizioni
libertarie degli anarchici.
La manifestazione ha segnato i limiti di un movimento che non riesce ad
esprimere una reale autonomia e cerca, spesso, di supplire a questo
limite con un radicalismo verbale o estetico. La lotta antifascista si
coniuga alla lotta anticapitalista ed antistatale; lega la sua
efficacia al carattere popolare della mobilitazione ed alla assoluta
indipendenza da ogni "quadro politico" dove le
compatibilità sono dettate da logiche di potere che usano la
violenza sia nelle sue forme legali che in quelle illegali per
riaffermare dominazione e sfruttamento. Il carattere decisamente
antiautoritario dell'antifascismo mal si sposa con le pulsioni
egemoniche che si manifestano nelle dinamiche di movimento.
Redb
San Salvario è da sempre uno dei luoghi della
socialità e crogiuolo di culture diverse in una Torino
attraversata dal disagio e dalle mille contraddizioni. In questo
quartiere hanno sempre trovato accoglienza e solidarietà
immigrati provenienti dal resto della penisola e di tutto il mondo.
Per giovedì 21 era stata annunciata anche qui la solita
provocazione fascista, una "passeggiata" per le vie del quartiere,
chiamata ronda, promossa dai soliti noti fanatici razzisti di Azione
Giovani e alimentata pure dall'inconfondibile stile del leghista
Borghezio. Appena pubblicata la notizia tutte le componenti più
antirazziste del quartiere si mobilitano ed indicono un presidio
antifascista per impedire la ronda. Alla fine un gruppetto di fascisti,
determinati a cacciare dalle strade gli spacciatori extracomunitari, ma
forse timorosi di affrontare le facce di chi il quartiere lo vive ed
è pronto a difenderlo, sfilano scortati da un sacco di polizia
la sera prima di quanto annunciato, conquistandosi le pagine dei
quotidiani che continuano la loro ormai sistematica campagna
securitaria in nome dell'ordine e della legalità. L'appuntamento
del giovedì in Piazza Madama Cristina diventa allora l'occasione
per un conviviale presidio in cui le voci arrabbiate degli immigrati
appartenenti alle diverse comunità si mescolano agli slogan di
quegli italiani che non hanno dimenticato la storia antifascista di
Torino. Data la vasta partecipazione, il presidio si trasforma in un
corteo spontaneo, aperto da uno striscione che dice: "Contro le ronde
fasciste – Abitanti di San Salvario", il quale si snoda per le
vie del quartiere sotto gli sguardi silenziosi di chi dalle finestre
osserva e sorride in silenzio. Ancora una volta, dunque, è stata
ribadita la ferma volontà di impedire a ogni genere di rigurgito
della storia di prendere piede per le nostre vie e tra le nostre case.
Un primo limite della manifestazione è forse connaturato a
questo genere di iniziative: vi prendono parte solo gli immigrati
regolari e ormai integrati, mentre troppi sono ancora quelli che a
causa di una legislazione esclusiva e xenofoba non possono nemmeno
avvicinarsi ai loro amici per la forte presenza poliziesca. Ma, a mio
modesto parere, c'è forse un altro limite che sarebbe opportuno
sottolineare: troppo spesso infatti ho notato la preoccupazione di
criticare contemporaneamente lo spaccio e le ronde, come espressioni
parallele di uno stesso degrado, il che non fa che dar corda alle nuove
parole d'ordine della peggiore fobia collettiva che vede destri e
sinistri alleati in piazza in nome di strade più sicure.
Iniziative di questo tipo sanno ancora tirare fuori il meglio dai
torinesi che amano la libertà e la diversità, ma mi
auguro che nelle prossime occasioni sappiano evitare di farsi
coinvolgere da settori istituzionali che hanno tutto l'interesse a
strumentalizzare questi eventi secondo i diktat di una giunta comunale
"di sinistra" ma che non fa che chiedere sempre più polizia e
strutture repressive per risolvere i problemi della città.
Michele
È bastato poco per fare credere all'Italia intera che il
pericolo delle trivellazioni nel Val di Noto fosse finito. Circa dieci
giorni prima della riapertura della cattedrale di Noto, un
articolo-appello del famoso scrittore siciliano Camilleri, rilancia il
problema della ricerca del petrolio in ambito nazionale.
Contemporaneamente il noto quotidiano La Repubblica riesce in pochi
giorni a raccogliere più di 80 mila firme, consegnate, in
seguito, al primo cittadino di Noto.
In occasione della Conferenza stampa che anticipa la riapertura della
cattedrale, Totò Cuffaro, sorridente, annuncia che la Panther
Oil ha deciso di rinunciare alle concessioni nei siti Unesco e nelle
zone di interesse naturalistico-archeologico: abitato di Noto, zona
Vendicari e Noto Antica.
Il giorno seguente su tutti i giornali nazionali appaiono titoli del
tipo "Camilleri salva la Val di Noto". In realtà la "rinuncia"
riguarda il 10 per cento delle concessioni, corrispondenti a zone in
cui, anche prima, non sarebbero potuti intervenire.
È evidente come questa sia una manovra demagogica e fuorviante.
Da questa vicenda, in cui politici, scrittori e giornalisti assumono
apparentemente un ruolo di assoluti protagonisti e risolutori di un
problema, che con grandi difficoltà è venuto a galla a
livello nazionale, chi ne esce sconfitto e indebolito è
sicuramente il comitato Notriv e le popolazioni locali.
Il primo, che dopo aver fatto troppo affidamento sulle istituzioni e
sui loro rappresentanti si è visto venduto dai suoi stessi
"alleati". Le seconde, per essere state ancora una volta truffate dai
soliti giochi di potere politici ed economici.
Il 18 giugno 2007, in occasione della cerimonia di riapertura della
Cattedrale di Noto, una parte del comitato ha dato vita ad un' azione
autonoma, contestando vivamente Cuffaro, presidente della Regione anche
ai tempi del rilascio dei permessi di ricerca, Granata (ex assessore ai
Beni culturali della Giunta Cuffaro e attuale vice-sindaco di Siracusa
) e Valvo (sindaco di Noto); quest'ultimi due, annunciando in
conferenza stampa la "vittoria" ottenuta, hanno poi dichiarato superate
le istanze del comitato No-triv , definendo "rompipalle" (Valvo), chi
ha ancora il coraggio di dire le cose come in realtà stanno.
Siamo convinti che per contrastare i signori del petrolio servano la
mobilitazione dal basso e il coinvolgimento sociale; abbiamo
così costituito un nuovo gruppo, aperto a tutti quelli che
vogliono lottare con noi per questa causa e che non vogliono sentirsi
presi in giro dai politici e dai media.
Blog:
http://movnotriv.splinder.com/
E.mail: movnotriv@libero.it
Il 21 giugno, un giovedì pomeriggio bollente, nel popolare
quartiere di Barriera di Milano si è svolto un corteo
organizzato dall'Associazione Commercianti che raccoglie i negozianti
tra largo Gottardo e piazza Crispi. Un bel corteo legge ed ordine
all'insegna della lotta allo spaccio, tout court identificato con il
degrado del quartiere. Barriera di Milano è un rione dalle forti
tradizioni di sinistra, luogo dove sin dai primi anni del secolo
scorso, il protagonismo popolare è stato forte coniugandosi con
le istanze di liberazione sociale e di lotta al fascismo. Ancora oggi
le destre, sia istituzionali che extraistituzionali, sono una minoranza.
La fobia securitaria alimentata e cavalcata da destre e sinistre, in
gara tra loro nell'attuazione di politiche disciplinari e di controllo
sociale, ha portato in piazza, oltre a 500 commercianti e cittadini con
fischietti e striscioni, anche esponenti di primo piano della politica
di quartiere. In testa al corteo Gigi Malaroda, presidente di
circoscrizione eletto nelle liste di Rifondazione e notissimo animatore
del Circolo gay e lesbico Maurice. Poco più in là il
consigliere di circoscrizione Massimo Robella di Fiamma tricolore e
l'esponente diessina Nadia Ponticelli.
Gli slogan più gettonati "più potere alla polizia",
"più polizia". Da notare che nonostante la richiesta fatta a
gran voce e su cartelli e striscioni il corteo contro i pusher fosse
accompagnato da un paio di carabinieri distratti in coda e da pochi
poliziotti e digos in testa. Malaroda, interpellato da un paio di
redattori di UN residenti nel quartiere, ha dichiarato che "il disagio
è reale e bisognava stare lì per non lasciare la piazza
alle destre".
A volte non è piacevole trovare conferma dell'idea anarchica che
il potere, anche quello di un presidente di circoscrizione, corrompa
anche gente come Malaroda, che eravamo abituati ad incontrare nelle
tante manifestazioni contro il razzismo, contro l'ingerenza vaticana
nonché a quelle del sindacalismo di base.
Barriera negli ultimi anni si è rapidamente trasformata: molti
lavoratori immigrati africani, marocchini, rumeni e cinesi vi abitano:
soprattutto le vecchie case di ringhiera mai ristrutturate dove, negli
anni si sono susseguite le varie ondate migratorie che hanno
attraversato la nostra città, oggi ospitano gli ultimi arrivati
dai molti sud del mondo. La gran parte degli immigrati lavora nei
cantieri, nelle boite, ha figli che frequentano le scuole. In quanto ai
pusher li si trova ai soliti bar e ai soliti angoli in cui stazionano
da sempre, sin dagli anni '80, quando gli spacciatori erano
italianissimi e l'eroina si è mangiata parte dei giovani del
quartiere. L'emergenza gridata dai commercianti in corteo è
più la proiezione delle paure indotte dal cambiamento che un
fatto reale. Su tale paura giocano le destre e le sinistre unite nella
lotta per un mondo peggiore.
Segno dei tempi, gran brutti tempi, che corrono.
emi.ma.
Nel lontano 2001 un folto gruppo di giovani occupò un
padiglione dell'Osservanza per sottrarlo ad un progetto di
ristrutturazione che li avrebbe sottratti alla comunità
consegnandoli alla speculazione edilizia.
Il processo a carico di una dieci occupanti si è concluso in
questi giorni con la condanna a 10 mesi di reclusione. In un loro
comunicato di solidarietà i Gruppi Anarchici Imolesi scrivono
che "L'occupazione nacque per opporsi al progetto ufficiale
dell'amministrazione comunale che lasciava, nella "riqualificazione"
del complesso, ampio spazio alla speculazione edilizia, commerciale e
residenziale, prevedendo la privatizzazione di ampia parte dell'area.
Esperienza che ebbe termine, nel febbraio 2002, con lo sgombero
violento dei locali da parte delle forze dell'ordine a cui gli
occupanti opposero una resistenza poco più che simbolica, se non
altro per ribadire con caparbietà la volontà di essere
parte attiva di un processo decisionale che, dopo lo sgombero, è
ritornato nelle stanze chiuse del Palazzo e di un confronto con chi ci
amministra, che fu sempre altezzosamente rifiutato. (…) Noi
abbiamo le idee chiare a proposito: chiunque tenti di partecipare
direttamente e senza mediazioni alla gestione della propria vita e
della cosa pubblica, nella palude imolese come altrove, viene
criminalizzato, screditato, isolato ed infine represso.
Ed è proprio questo, come nel più classico dei copioni,
ciò che accaduto, complice un clima di intimidazione di ogni
dissenso sia politico che civile, clima di cui si è nutrito e da
cui è scaturito il verdetto punitivo di estremo rigore, monito
per i tempi a venire.
Infatti, con i 10 giovani sono stati condannati, simbolicamente, anche
tutti coloro, e sono tanti, i quali hanno creduto, ed hanno cercato, di
partecipare in maniera attiva alle scelte decisionali riguardanti il
futuro e la destinazione di un'area importante per la città,
invocandone la valenza collettiva."
Da un comunicato dei Gruppi Anarchici Imolesi
La sera di S. Giovanni ogni anno in piazza Vittorio si radunano
dalle cento alle duecentomila persone per assistere allo spettacolo
pirotecnico che conclude i festeggiamenti per il santo patrono.
Quest'anno il sindaco Chiamparino, grande organizzatore di spettacoli
che nascondono dietro una facciata luminosa le miserie reali della
città, ha messo in scena un varietà durato cinque giorni.
All'attesa dei fuochi di piazza Vittorio, a pessima imitazione degli
spettacoli di "luci e suoni" francesi, quest'anno hanno partecipato
anche i No Tav torinesi con striscioni e bandiere appese, grazie ad una
scala molto alta, ai grandi lampioni che illuminano la parte centrale
della grande piazza. Quando la digos si è resa conto che la
scenografia allestita dal sindaco fanatico del Tav Chiamparino
rischiava di venir modificata dalle bandiere con il treno crociato, si
è messa di mezzo nel tentativo di bloccare i No Tav, che sono
comunque riusciti a realizzare una discreta operazione di arredo
urbano.
Il prossimo appuntamento è per il 14 luglio, quando i No Tav
della rete torinese "Saldatura" si ritroveranno ai giardini Cavallotti
alle Vallette per una giornata di festa e informazione tra assemblee,
musica e spettacoli teatrali.
Sarà anche occasione per l'inaugurazione di un presidio
itinerante che durante l'estate attraverserà la città nei
punti maggiormente a rischio Tav.
Ma. Ma.