Umanità Nova, n.24 dell'8 luglio 2007, anno 87

Servitù sinistra
Immigrazione: una nuova legge perché nulla cambi


Il 28 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega a firma Ferrero-Amato per la modifica del Testo unico sull'immigrazione. La legge delega, già passata il 24 aprile, è stata approvata dalla Conferenza unificata stato-regioni il 14 giugno scorso.
Prima di tornare a commentare i punti salienti di questa non riforma, è necessario precisare il meccanismo istituzionale che determina la produzione delle cosiddette leggi delega: il governo propone al parlamento di approvare una legge delega ovvero una legge che sulla base di principi generali darà delega al governo affinché provveda – entro un anno – a formulare un testo di legge vero e proprio. Solo fra un anno, quindi, si potranno esprimere giudizi definitivi su un testo definitivo.
Ancora una volta vale la pena ricordare che tanto clamore mediatico è sospetto quanto la fretta con cui il disegno di legge è stato approvato, in un momento in cui gli equilibri interni del governo Prodi sono appesi a un filo e l'indeterminatezza generale (legata anche all'imminente nascita del Partito democratico) richiede una buona dose di propaganda per comunicare all'esterno che il governo funziona e gode di ottima salute.
I tatticismi politici vengono giocati, dunque, sulla pelle degli immigrati e la proposta di riforma della legge Bossi-Fini è un oculato esercizio di intelligenza politica: dare l'impressione di cambiare tutto è il modo migliore per celare il fatto che non si cambia niente nella sostanza.
Come già detto dalle pagine di questo giornale, i miglioramenti che sarebbero previsti dalla Amato-Ferrero non costituiscono svolte epocali nell'approccio politico alla gestione del fenomeno migratorio. Si tratterebbe, al contrario, di atti dovuti - assolutamente parziali - che andavano concretizzati da subito alla luce dell'etica e del buon senso. La durata del decreto flussi verrebbe aumentata fino a tre anni e la durata dei permessi di soggiorno verrebbe anch'essa allungata: i permessi legati a lavori a tempo determinato, che oggi hanno una durata pari a quella del relativo contratto di lavoro, dovrebbero essere rilasciati per uno o due anni a seconda se il contratto sia di durata inferiore o superiore ai sei mesi.
Quelli rilasciati, invece, per contratti a tempo indeterminato o per lavoro autonomo avranno una durata di tre anni (con la normativa attuale gli anni sono due). Il rinnovo del permesso sarà rilasciato per un periodo pari al doppio di quello previsto per il primo rilascio. La riforma estenderebbe poi a un anno il tempo in cui l'immigrato che perde il posto di lavoro resta iscritto ai centri per l'impiego.
Da questi primi elementi si evince l'orientamento di fondo che anima questa proposta di legge: l'immigrato continua e continuerà a essere considerato forza-lavoro e la sua libertà di spostarsi o avere accesso nel nostro paese è sottoposta alla sua funzione produttiva. Alla luce di ciò, la tanto sbandierata abolizione del contratto di soggiorno (che nella Bossi-Fini subordina l'ottenimento del permesso di soggiorno alla stipula di un contratto di lavoro) è una vera e propria truffa con la quale si dichiara formalmente la fine di questo istituto salvo poi lasciarne intatta la ratio giuridica.
Dopo di che, le discutibili buone notizie per gli immigrati cedono il passo a una sfilza di pessimi provvedimenti. Viene ribadita la necessità di un apparato repressivo efficace e credibile. Un punto cruciale riguarda gli accordi di riammissione con gli stati di provenienza degli immigrati e il governo continuerà a lavorare per aumentare il numero dei paesi coinvolti. L'Italia ha già chiesto che sia l'Europa a stabilire il principio per cui aiuti e immigrazione legale per ogni singolo paese siano legati all'esistenza di un accordo di riammissione. Un patto scellerato con il quale il nostro paese si impegna a sostenere paesi di emigrazione (come quel fulgido esempio di democrazia che è la Libia, ad esempio) in cambio di un impegno costante di questi paesi nel reprimere i flussi migratori.
Tornando al disegno di legge delega, la creazione di un canale privilegiato per l'ingresso dei lavoratori altamente qualificati è, come già detto in altre occasioni, un'idea vergognosa che si fonda su una concezione classista ed elitaria: tra gli immigrati si individuano quelli "buoni" ed è a loro che si aprono meno difficilmente le porte d'ingresso in Italia. Inutile specificare che la stragrande maggioranza degli immigrati che giungono nel nostro paese sono invece manovali, agricoltori, muratori, badanti, ovvero personale scarsamente qualificato: continuare a tenere tutti questi soggetti sotto il tallone della precarietà e della clandestinità significa perpetuare la loro schiavitù a beneficio dei padroni che assumono in nero e non si curano minimamente di tutelare i loro diritti. Lo strumento dello sponsor (già previsto dalla famigerata Turco-Napolitano) si innesta sullo stesso filone di sfruttamento delle capacità economiche dell'immigrato: via libera, dunque, a chi può dimostrare (da sé o tramite soggetti esterni, pubblici o privati) di avere un reddito sufficiente al suo sostentamento per cercare un lavoro in Italia. Anche in questo caso si fa finta di non sapere che la maggior parte dei migranti che giungono in Italia sono quasi del tutto incapaci di fornire garanzie di questo tipo poiché – come tutti gli immigrati – devono ancora costruire di sana pianta il loro futuro.
Sulla questione della chiusura dei centri di permanenza temporanea si è già detto abbastanza: la Amato-Ferrero non li chiuderebbe. Ne promette fumosamente il miglioramento, il superamento o chissà cos'altro. Ma se si considera che con la nuova normativa la clandestinità continuerà a essere una minaccia concreta per la maggioranza dei migranti, l'internamento degli indesiderabili resta una forma privilegiata di repressione e controllo propedeutica all'espulsione. La novità sta invece nell'incredibile programma di rimpatri volontari, una procedura con la quale convincere gli immigrati a tornare nei loro paesi in cambio di una somma che andrebbe attinta da un fondo nazionale. Non riusciamo davvero a spiegarci come e perché un migrante dovrebbe accettare di buon grado l'espulsione tornando volontariamente nel posto dal quale è scappato.
I sostenitori del disegno di legge hanno accolto favorevolmente un altro elemento particolarmente indicativo dell'opportunismo politico della maggioranza di centrosinistra: la Amato-Ferrero attribuirà l'elettorato attivo e passivo per le elezioni amministrative agli stranieri titolari del permesso di soggiorno di lungo periodo. Ciò significa che gli stranieri con carta di soggiorno, che in base alla nuova normativa si dovrebbe ottenere dopo cinque anni di residenza regolare in Italia, potranno votare o candidarsi alle elezioni comunali. In questo modo il governo tenta la quadratura del cerchio: creare una classe dirigente immigrata che serva da vivaio per il consenso elettorale della sinistra di governo. Lo scenario delineato da questo disegno di legge non si discosta dall'attuale realtà delle cose ed è importante sottolineare l'approccio mistificante e propagandistico con cui il governo Prodi cerca di cavalcare il tema dell'immigrazione con l'intento di assecondare le politiche europee da un lato e gli interessi del capitalismo italiano dall'altro. Nel mezzo ci sono, come sempre, gli immigrati ai quali per primi spetta il compito di sbugiardare le false promesse agitate dal governo per rivendicare un ruolo da protagonisti nelle lotte per l'autorganizzazione e la libertà di movimento al di là di ogni frontiera.

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