Umanità Nova, n.25 del 22 luglio 2007, anno 87

Marghera
La chimica della disinformazione



Mai come adesso si sente la mancanza di persone come Gabriele Bortolozzo, l'operaio autodidatta del Petrolchimico di Marghera che per primo e a costo della propria emarginazione da parte anche del sindacato dei chimici e dei propri compagni di lavoro, denunciò l'epidemia di tumori da CVM (cloruro di vinile monomero) tra i lavoratori, che avrebbe causato la morte in almeno 158 casi documentati in sede processuale.
Oggi invece, tutta l'informazione riguardante il polo chimico di Marghera appare preventivamente filtrata e controllata al fine di evitare conoscenza e consapevolezza collettiva dei rischi connessi alle produzioni di tale insediamento industriale e, in tale secretazione, risultano coinvolti pure i lavoratori, disponibili a fare acriticamente proprie le rassicuranti versioni aziendali.
A distanza di un anno, si è così appreso la reale entità dell'incidente avvenuto il 6 luglio 2006. Quel giorno, con ogni probabilità, si verificò la più grave fuga di CVM nella storia di Marghera, anche se al momento fu valutata come "leggera perdita" quantificata in alcune decine di Kg, tanto che la popolazione non venne neppure avvisata, dato che il livello dell'emergenza era rimasto fermo al pre-allarme. Invece si trattava di almeno 5 o 6 tonnellate, secondo i dati definitivi dell'indagine svolta dalla commissione costituita da Arpav, Vigili del Fuoco e Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro), trasmessa al ministero dell'Ambiente e, da questi, alla Commissione grandi rischi industriali di Bruxelles. Altre fonti parlano addirittura di 8 tonnellate fuoriuscite in seguito all'incidente avvenuto presso l'impianto CV24, con produzione di Pvc, della multinazionale inglese Ineos Vinyls; ma anche "solo" 4 costituiscono una quantità drammatica, se si pensa che nel '99, per una fuga di 3 tonnellate dello stesso prodotto furono fermati gli impianti per alcune settimane e si tenne pure un processo. Evidentemente, un anno fa prevalse ancora una volta una diffusa omertà, dato che in quei giorni tale notizia avrebbe avuto un suo peso nel referendum consultivo sul ciclo del cloro, sondaggio avversato apertamente dai vertici sindacali dei chimici che accusavano di terrorismo le associazioni (tra cui quella intitolata proprio a Gabriele Bortolozzo) che da anni si battono contro le produzioni di morte e di incompetenza tecnica i cittadini chiamati ad esprimersi su una realtà fatta di continui incidenti (oltre quaranta nell'ultimo quinquennio), di percentuali tragiche riguardanti l'incidenza tumorale nei territori adiacenti, nonché di troppi lutti tra i lavoratori e gli abitanti della zona compresa tra Mestre e la riviera del Brenta.
A distanza di un anno, lo scorso 3 luglio 2007 nuovo incidente: sono le 11,46 quando alla Polimeri Europa s'incendia una vasca di olio lubrificante, destinato al raffreddamento dei compressori della linea continua del cracking CR1-3 per la produzione di etilene e propilene. Le fiamme vengono domate rapidamente; ma si registra anche una disfunzione ad una delle due torce che devono bruciare le sostanze residue nel circuito interrotto: da uno dei due camini si alza una lingua di fiamme e fumo alta sessanta metri, visibile nel raggio di decine di chilometri. La cittadinanza viene "informata" soltanto attraverso il sito web del Comune. Dato che le due torce sono in grado di bruciare 120 tonnellate di materiali all'ora, si può facilmente dedurre che in circa due ore di attività la quantità combusta di polietilene e propilene è stata rilevante, con una conseguente seria emissione nell'aria di carbon black, la fuliggine inquinante e cancerogena prodotta da tale processo. Per non parlare di altre immaginabili implicazioni; ma ancora una volta, mentre veniva aperta un'indagine per disastro colposo, le cosiddette autorità competenti e i burocrati sindacali dei chimici non hanno perso un istante per escludere gravi rischi per la popolazione, ma anche per le migliaia di operai delle altre fabbriche vicine, tra cui la Fincantieri, che a questo punto potrebbero chiedere tutti il contratto dei chimici "ad honorem".
Forse anche stavolta, tra un anno, sapremo cosa abbiamo respirato; intanto si aggiunge amarezza e rabbia per come il corporativismo e la subalternità alle logiche padronali hanno ancora avuto il sopravvento su memoria, coscienza e solidarietà di classe.
In attesa della prossima fatalità.

redVE





home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti