Mai come nelle ultime settimane, seguendo il dibattito sulla riforma
delle pensioni, mi sono convinto della sostanziale verità
dell'affermazione di Georg Wilhelm Friedrich Hegel secondo il quale "La
lettura delle gazzette è la preghiera del mattino dell'uomo
moderno".
Ammetto che nel mio caso, a causa della mia scarsa devozione, il
rimando alla preghiera si riferisce ad una pratica abbandonata da
diversi decenni e che ricordo con un certo qual tedio ma è un
fatto che per chi come me ha un limitato interesse alle esibizioni del
circo equestre governativo e parlamentare l'affastellarsi di proposte,
polemiche analisi contraddittorie all'interno dello stesso governo e
della stessa maggioranza è fonte di fastidio e, volendone trarre
una lezione qualunque, la riprova di tensioni interne al limite della
rottura.
Ipotizzando, comunque, che vi sia del metodo in questa follia, alcuni punti fermi sono evidenti:
- il governo, dovendo fare qualcosa di sinistra per dimostrare una
qualche discontinuità rispetto alla destra, ha concesso ai
pensionati con un reddito inferiore agli 8.000 euro all'anno 33 euro di
aumento al mese, un caffè al giorno e, la domenica, anche una
brioche. Non è nemmeno passato in mente a questi signori che
sarebbe stato necessario concedere ai pensionati, a tutti i pensionati,
almeno una qualche forma di recupero automatico dell'inflazione per
tutelare redditi sovente miserevoli. Dai dati Istat, infatti, risulta
che oltre nove milioni di pensionati su sedici e mezzo hanno un reddito
mensile inferiore ai mille euro lordi.
- dopo essersi esibito in cotanta liberalità, il governo
prosegue in una trattativa il cui punto fermo è
l'impossibilità di accrescere la spesa previdenziale e che vede
proporre una serie di scambi fra scalini che permetterebbero a un
limitato numero di lavoratori anziani di andare in pensione prima dei
sessant'anni, definizione di una certa quota di lavori usuranti da
sottrarre al prolungamento dell'età alla quale si ha il diritto
alla pensione stessa, modifica in peggio del coefficiente per il
calcolo delle future pensioni. È interessante notare come ognuna
di queste scelte colpisca settori del lavoro dipendente determinando
uno scontro di interessi fra lavoratori anziani e giovani, fra operai
ed impiegati, fra uomini e donne.
È, di conseguenza, chiaro che è necessario sottrarsi alla
stessa logica che il governo, il padronato, i sindacati concertativi
propongono e tenere ferma la barra.
Se la partita che si sta giocando riguarda il salario e il reddito del
lavoro dipendente e, in buona sostanza, la ripartizione della ricchezza
sociale, ne consegue che su questo terreno si sta giocando una partita
importante.
Se proviamo, infatti, a guardare qual'è la situazione della
spesa sociale in Italia scopriamo che è di due punti percentuali
inferiore alla media europea.
È, sulla base di questi dati, evidente che la spesa per
sanità, previdenza ecc. è in Italia inferiore alla media
europea e che la necessità di tagliare deriva da una pressione
politica del capitale nazionale ed internazionale.
È altrettanto evidente che la cosiddetta sinistra radicale
gioca, ad essere buoni, solo un ruolo di contenimento rispetto alla
componente "liberale" della maggioranza e che la tesi secondo la quale
la maggioranza stessa sarebbe tenuta in una situazione di ricatto da
parte della sua componente di sinistra non ha alcun fondamento.
Ancora una volta dobbiamo ribadire che la partita si gioca su di un
terreno che non ha molto a che vedere con la dialettica interna al ceto
politico e che, nei prossimi mesi, si dovranno sviluppare lotte
adeguate alla rilevanza della questione.
Se teniamo conto del fatto che, a fronte della campagna di governo
padronato e sindacati concertativi a favore della consegna del TFR ai
fondi pensione, la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori ha
scelto di non fare questa scelta è evidente che vi è uno
spazio di iniziativa notevole che si tratta di assumere come punto di
partenza.
Cosimo Scarinzi