Umanità Nova, n.25 del 22 luglio 2007, anno 87

Pensioni
Il balletto del governo



Mai come nelle ultime settimane, seguendo il dibattito sulla riforma delle pensioni, mi sono convinto della sostanziale verità dell'affermazione di Georg Wilhelm Friedrich Hegel secondo il quale "La lettura delle gazzette è la preghiera del mattino dell'uomo moderno".
Ammetto che nel mio caso, a causa della mia scarsa devozione, il rimando alla preghiera si riferisce ad una pratica abbandonata da diversi decenni e che ricordo con un certo qual tedio ma è un fatto che per chi come me ha un limitato interesse alle esibizioni del circo equestre governativo e parlamentare l'affastellarsi di proposte, polemiche analisi contraddittorie all'interno dello stesso governo e della stessa maggioranza è fonte di fastidio e, volendone trarre una lezione qualunque, la riprova di tensioni interne al limite della rottura.
Ipotizzando, comunque, che vi sia del metodo in questa follia, alcuni punti fermi sono evidenti:
- il governo, dovendo fare qualcosa di sinistra per dimostrare una qualche discontinuità rispetto alla destra, ha concesso ai pensionati con un reddito inferiore agli 8.000 euro all'anno 33 euro di aumento al mese, un caffè al giorno e, la domenica, anche una brioche. Non è nemmeno passato in mente a questi signori che sarebbe stato necessario concedere ai pensionati, a tutti i pensionati, almeno una qualche forma di recupero automatico dell'inflazione per tutelare redditi sovente miserevoli. Dai dati Istat, infatti, risulta che oltre nove milioni di pensionati su sedici e mezzo hanno un reddito mensile inferiore ai mille euro lordi.
- dopo essersi esibito in cotanta liberalità, il governo prosegue in una trattativa il cui punto fermo è l'impossibilità di accrescere la spesa previdenziale e che vede proporre una serie di scambi fra scalini che permetterebbero a un limitato numero di lavoratori anziani di andare in pensione prima dei sessant'anni, definizione di una certa quota di lavori usuranti da sottrarre al prolungamento dell'età alla quale si ha il diritto alla pensione stessa, modifica in peggio del coefficiente per il calcolo delle future pensioni. È interessante notare come ognuna di queste scelte colpisca settori del lavoro dipendente determinando uno scontro di interessi fra lavoratori anziani e giovani, fra operai ed impiegati, fra uomini e donne.
È, di conseguenza, chiaro che è necessario sottrarsi alla stessa logica che il governo, il padronato, i sindacati concertativi propongono e tenere ferma la barra.
Se la partita che si sta giocando riguarda il salario e il reddito del lavoro dipendente e, in buona sostanza, la ripartizione della ricchezza sociale, ne consegue che su questo terreno si sta giocando una partita importante.
Se proviamo, infatti, a guardare qual'è la situazione della spesa sociale in Italia scopriamo che è di due punti percentuali inferiore alla media europea.
È, sulla base di questi dati, evidente che la spesa per sanità, previdenza ecc. è in Italia inferiore alla media europea e che la necessità di tagliare deriva da una pressione politica del capitale nazionale ed internazionale.
È altrettanto evidente che la cosiddetta sinistra radicale gioca, ad essere buoni, solo un ruolo di contenimento rispetto alla componente "liberale" della maggioranza e che la tesi secondo la quale la maggioranza stessa sarebbe tenuta in una situazione di ricatto da parte della sua componente di sinistra non ha alcun fondamento.
Ancora una volta dobbiamo ribadire che la partita si gioca su di un terreno che non ha molto a che vedere con la dialettica interna al ceto politico e che, nei prossimi mesi, si dovranno sviluppare lotte adeguate alla rilevanza della questione.
Se teniamo conto del fatto che, a fronte della campagna di governo padronato e sindacati concertativi a favore della consegna del TFR ai fondi pensione, la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori ha scelto di non fare questa scelta è evidente che vi è uno spazio di iniziativa notevole che si tratta di assumere come punto di partenza.

Cosimo Scarinzi





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