Umanità Nova, n.25 del 22 luglio 2007, anno 87

Inform@zione




Bologna: corteo dei migranti

Centinaia di migranti hanno attraversato oggi il centro di Bologna al grido "Basta pagare per restare!", per protestare contro il sistema di rinnovo dei permessi di soggiorno alle Poste e contro la legge Bossi-Fini. I migranti hanno sfilato in catene, per mostrare la situazione cui la legge Bossi-Fini vuole costringerli, reggendo uno striscione che denunciava: "Poste: Governo ladro!". Raggiunta la sede centrale delle Poste, i manifestanti hanno strappato centinaia di fac-simile del modulo da compilare per il rinnovo per dire: "Basta chiedere il permesso!". Il corteo ha poi percorso via Rizzoli, mentre decine di donne e uomini hanno preso parola per denunciare la rapina delle Poste, il ricatto del contratto di soggiorno per lavoro, la minaccia dei Cpt, il furto dei contributi dei migranti. Arrivati in Prefettura, una delegazione ha incontrato i rappresentanti del Governo per consegnare loro una lettera indirizzata ai ministri Amato e Ferrero. I migranti hanno portato ancora in piazza la loro rabbia, rilanciando la necessità di una mobilitazione a livello nazionale che sappia affermare con forzale loro rivendicazioni!
Nella lettera ad Amato e Ferrero i migranti scrivono: "Noi migranti di Bologna e provincia siamo obbligati a scendere in piazza per la terza volta in un anno perché non possiamo accettare le condizioni in cui dobbiamo vivere e lavorare. Sappiamo che dovreste già conoscere la situazione di migliaia di lavoratrici e lavoratori migranti sottomessi in Italia al giogo della legge Bossi Fini. Avevate promesso di cancellarla entro i primi cento giorni del Vostro governo e invece siamo ancora qui, obbligati a subire, obbligati a chiedere. Il ricatto del contratto di soggiorno ci impone condizioni salariali inaccettabili e ci espone a ogni forma di insicurezza, visto che per noi la minaccia di licenziamento significa anche il rischio della detenzione in un centro di permanenza temporanea e dell'espulsione. Noi siamo nella paradossale situazione di essere ricattati da una legge che, sotto la bandiera della lotta alla clandestinità, non fa altro che produrla, autorizzando il nostro sfruttamento. La forma della nostra precarietà è la clandestinità. Nonostante tutto questo noi non possiamo tacere, non possiamo smettere di rivendicare i nostri diritti, non possiamo essere clandestini politicamente prima ancora che legalmente, non possiamo rinunciare a ogni progetto di vita.
Noi non possiamo accettare il sistema di rinnovo del permesso di soggiorno alle Poste. Lei stesso, signor Ministro Amato, lo ha definito una rapina. Noi aggiungiamo che, poiché questo sistema è stato introdotto per decreto, potrebbe già essere abrogato attraverso un Suo decreto. Questo sistema cancella ogni forma di responsabilità politica: le competenze in merito alla concessione del permesso di soggiorno sono ancora demandate alle Questure, le quali si dichiarano sistematicamente "innocenti" per i ritardi nella consegna dei permessi stessi; il Vostro Governo e le Prefetture si dichiarano estranei a ciò che evidentemente considerano un mero disguido amministrativo; tutto il peso di questa situazione viene così scaricato su un'impresa privata, le Poste italiane s.p.a. Presi nel mezzo di questo balletto irresponsabile, noi continuiamo a pagare 72 euro per ogni rinnovo e, come Voi sapete, questa cifra deve essere moltiplicata per ogni membro della famiglia a ogni rinnovo del permesso di soggiorno.
Noi non possiamo pagare per aspettare permessi che non arrivano e che hanno termini sempre più brevi. Noi non possiamo pagare per avere in mano solo una ricevuta che, nonostante le direttive ministeriali, non consente di trovare lavoro né di muoversi.
Noi non possiamo accettare il furto legalizzato dei nostri contributi. La legge Bossi-Fini impedisce di ritirare i contributi versati, sia a chi viene espulso dopo anni di lavoro in Italia, sia a chi decide di tornare nei paesi d'origine o di andare altrove. La Vostra proposta di legge su questo punto tace.
Noi invece non possiamo tacere un momento di più.
Noi vogliamo la fine immediata delle procedure di rinnovo alle Poste e il decentramento delle competenze ai comuni!
Noi vogliamo l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la rottura del legame tra soggiorno e lavoro, la chiusura dei CPT!
Noi vogliamo poter ritirare i nostri contributi se decidiamo o siamo obbligati a lasciare questo paese!
Coordinamento Migranti Bologna e Provincia

Trapani: fuggono in 10 dal Cpt

Sbarre segate, lenzuoli annodati e un varco nella rete. Con la più classica delle fughe, una decina di immigrati reclusi nel Centro di permanenza temporanea "Serraino Vulpitta" hanno riconquistato la libertà. A pochi giorni dall'approvazione da parte del Consiglio dei ministri del disegno di legge delega Amato-Ferrero sull'immigrazione, il CPT di Trapani torna a essere protagonista di una fuga di massa, a dimostrazione del fatto che il "Serraino Vulpitta" resta, oggi come ieri, un luogo di insostenibile reclusione dal quale le persone tentano di scappare in tutti i modi.
Ancora una volta, gli immigrati detenuti a Trapani danno una lezione morale alla classe politica cittadina e nazionale riportando l'attenzione sulla realtà delle cose nonostante i reiterati tentativi mistificatori messi in atto dal governo Prodi. La recente visita del sottosegretario Lucidi che è tornata a Trapani per ribadire la bontà e la funzionalità delle strutture detentive per immigrati della nostra città, si configura come l'ennesimo atto di un copione istituzionale farcito di ipocrisia e cattiva coscienza. Nonostante le rassicurazioni delle autorità locali, a Trapani è ancora attivo un campo di internamento dove le persone vengono private della loro libertà per il solo fatto di essere immigrate; un campo di internamento in cui nel 1999 morirono sei persone che cercavano di riprendersi la libertà; un campo di internamento che va chiuso immediatamente come ogni altra struttura di detenzione per immigrati, in Italia e nel mondo.
Coordinamento per la Pace – Trapani

Torino: festa e assemblea No Tav

A Torino in questi mesi tra le varie realtà che si oppongono alla devastazione del territorio ed al saccheggio delle risorse pubbliche a fini privati si è creato un coordinamento stabile, perché, al di là dei quartieri e paesi investiti direttamente, opere dannose, distruttive ed inutili come il Tav, la tangenziale est, l'inceneritore, la stazione al parco Sempione ci riguardano tutti. L'abbiamo chiamata SALDATURA – rete contro le nocività di Torino e dintorni.
L'ultima iniziativa di "Saldatura" è stata una festa e assemblea No Tav ai giardini Cavallotti, nel quartiere di Lucento Vallette. Per tutto il pomeriggio i giardini di corso Toscana si sono trasformati in una sorta di presidio No Tav, il primo di una serie di presidi itineranti che dovrebbero segnare l'azione No Tav a Torino. Un'assemblea, una cena autogestita, una mostra, vari banchetti informativi, e lo spettacolo teatrale de "L'Interezza non è il mio forte" sono stati gli ingredienti di una giornata che ha visto la partecipazione di diverse centinaia di persone.
L'assemblea introdotta da Claudio Cancelli e Emilio Soave ha suscitato vivo interesse nei numerosi partecipanti, che hanno posto domande sulla truffa del Tav, sugli interessi che vedono il governo e l'opposizione di turno uniti nella lotta per imporre un'opera non voluta da tanti.
Significativa la partecipazione di giovani e anziani del quartiere che hanno collaborato all'iniziativa, partecipando al dibattito, firmando la lettera all'UE contro il finanziamento della Torino Lione, dando una mano a grigliare le salsicce.
Di seguito alcuni passaggi di uno dei volantini distribuiti in giornata. "Il 13 giugno il governo ha dichiarato di aver raggiunto l'accordo per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità tra Torino e Lione.
In tal modo ha sancito che Prodi, non diversamente da Berlusconi, è ben deciso a imporre a noi tutti un'opera inutile e dannosa che costerà montagne di soldi pubblici sottratti alla spesa sociale: scuole, ospedali, treni puliti e sicuri per chi lavora e studia.
In quanto alle popolazioni interessate, nessuno ha pensato bene di consultarle. A quei rompiballe della Valsusa, che due anni fa insorsero conto il Tav, pensano che bastino un paio di modifiche di tracciato e la benedizione di sindaci di area governativa, che hanno avuto più a cuore il destino del governo Prodi che quello della popolazioni interessate.
Qui a Torino il problema non l'abbiamo mai avuto, visto che il nostro beneamato sindaco, va a braccetto con la lobby del cemento e del tondino e dopo le cattedrali olimpiche nel deserto urbano, non vede l'ora di mettere a soqquadro mezza città per fare il Tav. Secondo il commissario straordinario per la Torino Lione, Mario Virano, ben 250.000 torinesi si troveranno a fare i conti con i cantieri del Tav. 1 su 4 di noi.
Cagnardi, l'architetto che ha preparato il progetto per Torino ha chiamato "birillo" una casa ad otto piani che si troverà sul percorso del Tav nella nostra città. Che fine fanno i birilli lo sanno anche i bambini. Peccato che in questo, come nei tanti altri "birilli" che il Tav incontrerà sulla sua strada, ci abitino uomini, donne e bambini, gente che magari ha fatto fatica a mettere insieme i soldi per una casa che verrà espropriata a basso costo. E parliamo dei "fortunati", perché gli altri, quelli cui la casa non la tireranno giù, il Tav se lo vedranno (e sentiranno) sfrecciare sotto il naso. (…)
Se non ci fosse da piangere verrebbe da ridere di fronte al "wafer" che vogliono fare in Corso Marche. Il "wafer" è un roba a tre strati: sotto il Tav, in mezzo l'autostrada, sopra un bel viale alberato. Gli alberi nel progetto sono disegnati dentro un vaso perché non ci sarebbe abbastanza terra per le loro radici nel piano alto del wafer. (…)
Ma… ne vale la pena - direbbe il nostro sindaco ultras del Tav. Un ultras tanto sicuro di se che ha dichiarato esplicitamente che a Torino "i rischi di impatto sono più forti che in Valsusa". Chiamparino è convinto che dopo le inutili cattedrali olimpiche condite di luci del varietà i torinesi siano ormai rassegnati a tutto.
La retorica di chi vuole l'opera ad ogni costo è piena di due parole ripetute come una pubblicità ossessiva perché entrino nelle teste di ciascuno di noi.
Le parole sono progresso e collegamento con l'Europa: l'immagine è quella della piccola Italia schiacciata dietro la catena alpina, mentre fuori corrono veloci treni e autostrade: camion e vagoni pieni di biscotti, caramelle e copertoni made in Italy che vanno in Francia mentre dalla Francia arrivano biscotti, caramelle e copertoni made in France e in entrambe le direzioni viaggiano le merci prodotte con il sudore e il sangue dei lavoratori dell'Asia e dei mille sud di un mondo dove la globalizzazione della miseria va di pari passo con la globalizzazione delle merci.
La domanda che facciamo a tutti è semplice ma precisa: a noi, alla nostra vita serve tutto questo?
I dati, confermati anche dai tecnici governativi, dicono NO. Non serve un'altra linea di treni tra Torino e Lione, perché una linea che collega Torino alla Francia c'è già, una nuova Torino Lione non serve perché ogni giorno ci passano 78 treni e, ne potrebbero passare anche 210 prima che la linea sia satura.
In altre parole Torino è già collegata con Lione da una efficiente linea ferroviaria (oltre che da due statali e un'autostrada). Questa linea, oltre a portare in Francia, trasporta a Torino studenti e lavoratori. Chi ogni giorno prende il treno dai tanti paesi della Val Susa vorrebbe carrozze pulite, treni in orario, gabinetti nelle stazioni, più sicurezza ma di queste "piccolezze" poco importa a chi ci governa, a chi ci governa oggi e a chi ci governava ieri. A chi il Tav ha cercato di imporlo a forza di botte (Berlusconi) e chi invece lo vuole imporre a suon di inganni e carte bollate (Prodi)."
Euf.





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