Il caso di Pegah Emambakhsh ha riacceso i riflettore sulla drammatica
situazione dei diritti umani in Iran. Pegah Emambakhsh è una
lesbica iraniana di 40 anni che nel 2005, quando la sua compagna
è stata arrestata, torturata e condannata a morte, si è
rifugiata in Gran Bretagna, a Sheffield, dove ha chiesto asilo
politico. La Border and Immigration Agency (Bia, che per il ministero
degli interni britannico gestisce le pratiche sull'immigrazione) ha
deciso di non credere che Emambakhsh sia davvero in pericolo in Iran e
quindi il 13 agosto è stata arrestata ed ora è trattenuta
all'interno del cpt Yarlswood di Bedford (tristemente famoso per il
rogo che nella notte di san Valentino del 2003 lo distrusse quasi
totalmente, facendo decine di vittime tra i suoi "ospiti") per poter
essere poi imbarcata su un volo che la dovrebbe riportare nel suo paese
e quindi verso una probabile condanna a morte.
Anche se il Regno unito, infatti, nel 1999 ha emendato la legge sui
rifugiati estendendo il diritto di richiedere asilo anche a particolari
gruppi sociali e gli omosessuali sono per le leggi inglesi un gruppo
sociale ben definito e che deve essere protetto, i procedimenti
giudiziari che rendono necessaria la «dimostrazione» della
propria omosessualità, hanno avuto come unico risultato che dal
'99 non c'è stata una sola sentenza favorevole a profughi
omosessuali. I giudici inglesi che non hanno concesso l'asilo a Pegah
perché non poteva dimostrare di essere lesbica, hanno scelto di
fatto di stare dalla parte del governo iraniano che sul sito ufficiale
Asr-e Iran ha pubblicato un articolo molto pesante nei confronti di
Pegah e più in generale di quei profughi che si dichiarano
omosessuali per ottenere asilo in alcuni paesi europei, peraltro
premurandosi di specificare che solo in casi eccezionali è
prevista la pena di morte per le persone omosessuali (in realtà
la pena cui anche Pegah sarebbe sottoposta si «ridurrebbe»
a cento frustate). Evidentemente, il governo britannico non intende
creare un precedente con Pegah a cui solo la forte mobilitazione
internazionale intorno al suo caso le risparmierà forse il
ritorno nelle mani del regime di Teheran.
La situazione di Pegah non è molto diversa da quella di Yasmin
K, un'altra ragazza lesbica di 31 anni, che nel 2005 dopo essere stata
arrestata ad una festa dopo un'irruzione delle Guardie della
Rivoluzione, è scappata in Germania a Berlino dove ha chiesto
asilo politico. Nonostante la sentenza, nel 2006, di un tribunale
iraniano che l'ha condannata in contumacia alla lapidazione, per i
magistrati tedeschi che hanno trattato il suo caso, la storia della sua
persecuzione è una leggenda, dato che quando due impiegati
dell'ambasciata tedesca hanno interrogato la madre in Iran (in un
ufficio delle Guadie della Rivoluzione!..), questa ha detto che la
figlia non era affatto lesbica. Anche la mobilitazione della
comunità omosessuale di Berlino per ora non ha avuto esito.
L'ufficialissima associazione Lesben und Schwulen ha lanciato appelli
al «ministro» dell'Interno della città-Land, Ehrhart
Körting (Spd), ma si è sentita rispondere che le sentenze
non si discutono. Così Yasmin, anche se il suo avvocato ha
chiesto il tribunale amministrativo di Berlino le conceda un permesso
temporaneo, può essere espulsa da un momento all'altro.
Il puntiglio dei giudici europei che chiedono a queste donne una
"dimostrazione" delle proprie scelte sessuali (per cui a rigor di
logica dovrebbe essere più che sufficiente una dichiarazione)
appare tanto più cinico se confrontato con le persecuzioni a cui
sono sottoposti gay e lesbiche in Iran. OutRage!, un associazione gay
inglese, ha redatto un anno fa un rapporto impressionante sugli omicidi
di stato dei gay in Iran. Secondo le organizzazioni glbt iraniane, ci
sono state almeno quattromila esecuzioni per lavaat (sodomia) dal 1979
alla metà degli anni '90. Quando all'inizio degli anni '80 un
gruppo di giovani provò a mettere in piedi una associazione glbt
ci furono 70 condanne a morte. E cento persone furono condannate a
morte nel 1992, dopo una perquisizione ad una festa in una abitazione
privata.
Il regno del terrore
Le persecuzioni contro gli omosessuali sono, peraltro, solo uno dei
tanti volti di quell'autentico regno del Terrore che è l'Iran di
Ahmadinejad dove vi sono state centocinquanta esecuzioni alla forca
solo nei primi sei mesi di quest'anno e le impiccagioni pubbliche sono
tornate in piazza anche a Teheran (mentre in varie località di
provincia non hanno mai smesso di esserlo) dall'inizio del mese di
luglio.
Fin da quando nel 1979 alla guida dell'Iran è salito al potere
con la Rivoluzione islamica l'ayatollah RuhollÄh Mosavi Khomeini, ed
è stata dichiarata l'Iran Repubblica Islamica, la scarsa
libertà esistente nel periodo dello Scià si è
trasformata in un regime in cui le libertà personali sono
asservite al ferreo controllo imposto dai mullah. Uno dei primi
provvedimenti che il nuovo governo islamico prese (e che rimase in
vigore per 2 anni) fu quello di chiudere le Università, per
evitare che i giovani Iraniani si allontanassero dal vero cammino
dell'Islam. Dopo pochi mesi, invece, vi fu la gigantesca retata con cui
vennero riportati in carcere quasi tutti i prigionieri politici che
erano stati liberati dopo la vittoria della Rivoluzione. Dato che erano
militanti di sinistra e sindacali o comunque su posizioni laiche, gli
ex perseguitati dal regime dello Scià erano già
considerati nemici anche del nuovo governo…
La situazione si ammorbidì relativamente quando KhÄtami venne
eletto Presidente nel 1997 per poi tornare peggio di prima quando nel
2005 salì al potere Ahmadinejad, nelle elezioni presidenziali
tenutesi pochi mesi dopo che un verdetto della magistratura aveva
portato alla chiusura di oltre 20 giornali riformisti in un solo
giorno. La carriera di Ahmadinejad è quella di un tipico leader
populista di destra.
Durante la sua precedente attività di sindaco di Teheran, si era
fatto notare soprattutto per la sua accanita ostilità a
qualunque dimostrazione di emancipazione femminile (il giorno del suo
insediamento, la sua prima decisione fu la separazione degli ascensori
per uomini e per donne negli uffici del comune!), accompagnata da
azioni popolari, come la distribuzione gratuita di zuppa ai poveri.
Dopo aver vinto le elezioni presentandosi come il campione della lotta
alla corruzione e come il paladino delle classi povere iraniane,
Ahmadinejad ha deciso immediatamente di spostare l'obiettivo verso la
lotta alla criminalità e alla "devianza morale" e verso
l'orgoglio nazionale.
La lotta alla criminalità s'è trasformata rapidamente in
una mattanza. In pochi mesi dopo l'elezione di Ahmadinejad la sentenza
di morte è stata estesa ad ogni tipo di crimine, che sia
assassinio, traffico di droghe, stupro o protesta contro la corruzione
del governo e solo nel 2006, almeno 177 persone sono state messe a
morte, e tra queste due persone (un uomo e una donna) sono state uccise
per lapidazione. È stata reintrodotta l'imposizione di pene come
la fustigazione, l'amputazione e l'estrazione di occhi. La tortura sta
diventando pratica comune in molte prigioni e centri di detenzione, in
particolare prima dei processi, quando ai detenuti è negato
l'accesso a un avvocato difensore per periodi indefiniti. Le violazioni
dei diritti umani sono peraltro utilizzate dal regime per mostrare la
propria determinazione e i macabri spettacoli delle impiccagioni
rimbalzano dalle piazze delle città agli schermi televisivi.
Recentemente, il principale canale TV ha trasmesso in prima serata le
interviste con dodici condannati a morte, pochi minuti prima di
un'impiccagione collettiva…
A difendere la Rivoluzione Islamica dalla "devianza morale" ci pensano
invece i basiji, i guardiani della rivoluzione, che come le Camice Nere
nell'Italia fascista hanno un potere di controllo enorme sulla
popolazione. Come ha scritto l'intellettuale dissidente Nardana
Talachian "da due anni, con l'inizio della bella stagione, viene
immediatamente limitata la libertà delle donne, che rischiano di
essere arrestate. Ma non solo donne, quest'anno anche i maschi in giro
con camicette strette e capelli all'occidentale hanno rischiato la
multa e il carcere. I giovani iraniani, più di due terzi della
popolazione del Paese, vengono repressi con tutti i mezzi possibili.
Sono limitate anche le loro scelte per sfogarsi". Come le Camice Nere,
anche i basiji non si fermano davanti al senso del ridicolo: le ultime
notizie dicono che la settimana scorsa 24 barbieri di Teheran sono
stati chiusi perché proponevano ai clienti "tagli
all'occidentale", "acconciature non decorose", piercing e tatuaggi,
oltre a sfoltire le sopracciglia degli uomini.
L'orgoglio nazionale di Ahmadinejad s'è espresso soprattutto
nelle sue dichiarazioni antiamericane ed antiisraeliane, ma s'è
concretizzato in riforme economiche di tipo liberista (fatte nel nome
della "ricchezza della nazione", ma rivolte soprattutto agli
investitori stranieri) che hanno comportato una dura repressione delle
attività sindacali, soprattutto nei settori, come quello dei
lavoratori dei trasporti e dei lavoratori dell'industria petrolifera
dove nel periodo di Khatami vi erano stati scioperi ed agitazioni e
dove si stavano organizzando sindacati indipendenti. La stessa scelta
nucleare di Teheran è stata giustificata dal governo come un
modo per sottrarsi al "ricatto" dei lavoratori dell'industria del
petrolio che, dopo esser stati con i loro scioperi protagonisti della
caduta dello Scià nel 1979, hanno continuato ad essere il
settore più combattivo della classe lavoratrice iraniana anche
durante la Repubblica Islamica. Circa un migliaio di membri del
sindacato indipendente della Società di autobus Sherkat-e Vahed,
invece, sono stati arrestati a gennaio dell'anno scorso dopo aver
scioperato per chiedere il riconoscimento del loro sindacato. Tutti
sono stati in seguito rilasciati, ma a decine di loro viene ancora
impedito di rientrare al lavoro. Anche le cronache delle ultime
settimane di agosto continuano ad essere piene di azioni brutali delle
autorità contro quanti tentano di svolgere attività
sindacali.
Mansour Ossanloo, del sindacato degli autisti degli autobus di Teheran
e dintorni, la sera del 10 luglio scorso, appena rientrato da Bruxelles
e da Londra, dove aveva partecipato ad una riunione internazionale di
sindacalisti, è stato violentemente preso da un gruppo di
uomini, caricato su una macchina, picchiato ed è ora detenuto
nel carcere di Teheran, con l'accusa di avere diffuso materiali contro
il regime. E di recente, almeno sette sindacalisti ed attivisti per i
diritti umani sono stati arrestati solo perché volevano vedere
Ossanloo e parlargli.
Mahmoud Saleni, invece, leader dell'Associazione dei Lavoratori delle
Panetterie a Saqez, una provincia del Kurdistan iraniano, e cofondatore
di un Comitato per le organizzazioni dei lavoratori, dall'inizio del
2007 si trova nel carcere di Sanandaj, dove gli viene negata qualunque
assistenza medica, nonostante abbia una grave malattia ai reni dopo
esser stato condannato a quattro anni di prigione per "cospirazione a
commettere crimini contro la sicurezza nazionale " per aver provato ad
organizzare una manifestazione del Primo Maggio nel 2004. Anche gli
studenti, che continuano a rappresentare una parte politica attiva
della società, sono finiti frequentemente nel mirino con arresti
arbitrari tra gli attivisti e il diniego del diritto allo studio
durante il nuovo anno accademico.
La libertà di stampa, formalmente riconosciuta, è intanto
sempre più aleatoria. A luglio l'unico quotidiano non allineato
al nuovo regime rimasto, Sharq, è stato chiuso la settimana
scorsa per aver intervistato una poetessa lesbica, pur chiedendo scusa
nella prima pagina per cinque giorni consecutivi. Prima di Shark,
almeno 11 quotidiani erano già stati chiusi solo nel 2006.
La repressione colpisce, infine, pesantemente il movimento delle donne.
Le manifestazioni avvenute a marzo e a giugno per richiedere la fine
della discriminazione per legge contro le donne, sono state disperse
con la forza dalle forze di sicurezza e diverse dimostranti sono state
ferite e portate in carcere. La popolarità delle rivendicazioni
femminili ha comunque portato il governo iraniano ad inventare la
"giornata della donna iraniana", a fine luglio, in coincidenza con
l'anniversario della nascita di Hazrat Fatemeh, figlia di Maometto,
mentre continuano le discriminazioni di genere decise dalla legge.
In generale, nel periodo della Presidenza di Ahmadinejad s'è
accentuato quella che sempre Sarvi Chitsaz intervenendo ad un convegno
organizzato dalla rivisita Marea ha chiamato la "repressione
fondamentalista" . "Ciò che distingue la repressione
fondamentalista da altre dittature è il suo intervento negli
aspetti più minuti e privati della vita delle persone.
Ciò fa sì che la repressione permei profondamente la
società. La giustificazione proposta è l'espansione della
legge della sharia e della fiqh (giurisprudenza) fin negli aspetti
più privati della condotta. I raid delle Guardie Rivoluzionarie
e delle forze Bassiji all'interno di feste private, l'inquisizione
nelle strade e altre misure repressive vengono giustificate come
tentativi per controllare le donne e le loro relazioni con gli uomini
basati sulla sharia dei mullah", ha detto la femminista iraniana.
robertino