Umanità Nova, n.26 del 2 settembre 2007, anno 87

Iran: il regno nero di Ahmadinejad. Terrore fondamentalista



Il caso di Pegah Emambakhsh ha riacceso i riflettore sulla drammatica situazione dei diritti umani in Iran. Pegah Emambakhsh è una lesbica iraniana di 40 anni che nel 2005, quando la sua compagna è stata arrestata, torturata e condannata a morte, si è rifugiata in Gran Bretagna, a Sheffield, dove ha chiesto asilo politico. La Border and Immigration Agency (Bia, che per il ministero degli interni britannico gestisce le pratiche sull'immigrazione) ha deciso di non credere che Emambakhsh sia davvero in pericolo in Iran e quindi il 13 agosto è stata arrestata ed ora è trattenuta all'interno del cpt Yarlswood di Bedford (tristemente famoso per il rogo che nella notte di san Valentino del 2003 lo distrusse quasi totalmente, facendo decine di vittime tra i suoi "ospiti") per poter essere poi imbarcata su un volo che la dovrebbe riportare nel suo paese e quindi verso una probabile condanna a morte.
Anche se il Regno unito, infatti, nel 1999 ha emendato la legge sui rifugiati estendendo il diritto di richiedere asilo anche a particolari gruppi sociali e gli omosessuali sono per le leggi inglesi un gruppo sociale ben definito e che deve essere protetto, i procedimenti giudiziari che rendono necessaria la «dimostrazione» della propria omosessualità, hanno avuto come unico risultato che dal '99 non c'è stata una sola sentenza favorevole a profughi omosessuali. I giudici inglesi che non hanno concesso l'asilo a Pegah perché non poteva dimostrare di essere lesbica, hanno scelto di fatto di stare dalla parte del governo iraniano che sul sito ufficiale Asr-e Iran ha pubblicato un articolo molto pesante nei confronti di Pegah e più in generale di quei profughi che si dichiarano omosessuali per ottenere asilo in alcuni paesi europei, peraltro premurandosi di specificare che solo in casi eccezionali è prevista la pena di morte per le persone omosessuali (in realtà la pena cui anche Pegah sarebbe sottoposta si «ridurrebbe» a cento frustate). Evidentemente, il governo britannico non intende creare un precedente con Pegah a cui solo la forte mobilitazione internazionale intorno al suo caso le risparmierà forse il ritorno nelle mani del regime di Teheran.
La situazione di Pegah non è molto diversa da quella di Yasmin K, un'altra ragazza lesbica di 31 anni, che nel 2005 dopo essere stata arrestata ad una festa dopo un'irruzione delle Guardie della Rivoluzione, è scappata in Germania a Berlino dove ha chiesto asilo politico. Nonostante la sentenza, nel 2006, di un tribunale iraniano che l'ha condannata in contumacia alla lapidazione, per i magistrati tedeschi che hanno trattato il suo caso, la storia della sua persecuzione è una leggenda, dato che quando due impiegati dell'ambasciata tedesca hanno interrogato la madre in Iran (in un ufficio delle Guadie della Rivoluzione!..), questa ha detto che la figlia non era affatto lesbica. Anche la mobilitazione della comunità omosessuale di Berlino per ora non ha avuto esito. L'ufficialissima associazione Lesben und Schwulen ha lanciato appelli al «ministro» dell'Interno della città-Land, Ehrhart Körting (Spd), ma si è sentita rispondere che le sentenze non si discutono. Così Yasmin, anche se il suo avvocato ha chiesto il tribunale amministrativo di Berlino le conceda un permesso temporaneo, può essere espulsa da un momento all'altro.
Il puntiglio dei giudici europei che chiedono a queste donne una "dimostrazione" delle proprie scelte sessuali (per cui a rigor di logica dovrebbe essere più che sufficiente una dichiarazione) appare tanto più cinico se confrontato con le persecuzioni a cui sono sottoposti gay e lesbiche in Iran. OutRage!, un associazione gay inglese, ha redatto un anno fa un rapporto impressionante sugli omicidi di stato dei gay in Iran. Secondo le organizzazioni glbt iraniane, ci sono state almeno quattromila esecuzioni per lavaat (sodomia) dal 1979 alla metà degli anni '90. Quando all'inizio degli anni '80 un gruppo di giovani provò a mettere in piedi una associazione glbt ci furono 70 condanne a morte. E cento persone furono condannate a morte nel 1992, dopo una perquisizione ad una festa in una abitazione privata.

Il regno del terrore
Le persecuzioni contro gli omosessuali sono, peraltro, solo uno dei tanti volti di quell'autentico regno del Terrore che è l'Iran di Ahmadinejad dove vi sono state centocinquanta esecuzioni alla forca solo nei primi sei mesi di quest'anno e le impiccagioni pubbliche sono tornate in piazza anche a Teheran (mentre in varie località di provincia non hanno mai smesso di esserlo) dall'inizio del mese di luglio.
Fin da quando nel 1979 alla guida dell'Iran è salito al potere con la Rivoluzione islamica l'ayatollah Ruhollāh Mosavi Khomeini, ed è stata dichiarata l'Iran Repubblica Islamica, la scarsa libertà esistente nel periodo dello Scià si è trasformata in un regime in cui le libertà personali sono asservite al ferreo controllo imposto dai mullah. Uno dei primi provvedimenti che il nuovo governo islamico prese (e che rimase in vigore per 2 anni) fu quello di chiudere le Università, per evitare che i giovani Iraniani si allontanassero dal vero cammino dell'Islam. Dopo pochi mesi, invece, vi fu la gigantesca retata con cui vennero riportati in carcere quasi tutti i prigionieri politici che erano stati liberati dopo la vittoria della Rivoluzione. Dato che erano militanti di sinistra e sindacali o comunque su posizioni laiche, gli ex perseguitati dal regime dello Scià erano già considerati nemici anche del nuovo governo…
La situazione si ammorbidì relativamente quando Khātami venne eletto Presidente nel 1997 per poi tornare peggio di prima quando nel 2005 salì al potere Ahmadinejad, nelle elezioni presidenziali tenutesi pochi mesi dopo che un verdetto della magistratura aveva portato alla chiusura di oltre 20 giornali riformisti in un solo giorno. La carriera di Ahmadinejad è quella di un tipico leader populista di destra.
Durante la sua precedente attività di sindaco di Teheran, si era fatto notare soprattutto per la sua accanita ostilità a qualunque dimostrazione di emancipazione femminile (il giorno del suo insediamento, la sua prima decisione fu la separazione degli ascensori per uomini e per donne negli uffici del comune!), accompagnata da azioni popolari, come la distribuzione gratuita di zuppa ai poveri.
Dopo aver vinto le elezioni presentandosi come il campione della lotta alla corruzione e come il paladino delle classi povere iraniane, Ahmadinejad ha deciso immediatamente di spostare l'obiettivo verso la lotta alla criminalità e alla "devianza morale" e verso l'orgoglio nazionale.
La lotta alla criminalità s'è trasformata rapidamente in una mattanza. In pochi mesi dopo l'elezione di Ahmadinejad la sentenza di morte è stata estesa ad ogni tipo di crimine, che sia assassinio, traffico di droghe, stupro o protesta contro la corruzione del governo e solo nel 2006, almeno 177 persone sono state messe a morte, e tra queste due persone (un uomo e una donna) sono state uccise per lapidazione. È stata reintrodotta l'imposizione di pene come la fustigazione, l'amputazione e l'estrazione di occhi. La tortura sta diventando pratica comune in molte prigioni e centri di detenzione, in particolare prima dei processi, quando ai detenuti è negato l'accesso a un avvocato difensore per periodi indefiniti. Le violazioni dei diritti umani sono peraltro utilizzate dal regime per mostrare la propria determinazione e i macabri spettacoli delle impiccagioni rimbalzano dalle piazze delle città agli schermi televisivi. Recentemente, il principale canale TV ha trasmesso in prima serata le interviste con dodici condannati a morte, pochi minuti prima di un'impiccagione collettiva…
A difendere la Rivoluzione Islamica dalla "devianza morale" ci pensano invece i basiji, i guardiani della rivoluzione, che come le Camice Nere nell'Italia fascista hanno un potere di controllo enorme sulla popolazione. Come ha scritto l'intellettuale dissidente Nardana Talachian "da due anni, con l'inizio della bella stagione, viene immediatamente limitata la libertà delle donne, che rischiano di essere arrestate. Ma non solo donne, quest'anno anche i maschi in giro con camicette strette e capelli all'occidentale hanno rischiato la multa e il carcere. I giovani iraniani, più di due terzi della popolazione del Paese, vengono repressi con tutti i mezzi possibili. Sono limitate anche le loro scelte per sfogarsi". Come le Camice Nere, anche i basiji non si fermano davanti al senso del ridicolo: le ultime notizie dicono che la settimana scorsa 24 barbieri di Teheran sono stati chiusi perché proponevano ai clienti "tagli all'occidentale", "acconciature non decorose", piercing e tatuaggi, oltre a sfoltire le sopracciglia degli uomini.
L'orgoglio nazionale di Ahmadinejad s'è espresso soprattutto nelle sue dichiarazioni antiamericane ed antiisraeliane, ma s'è concretizzato in riforme economiche di tipo liberista (fatte nel nome della "ricchezza della nazione", ma rivolte soprattutto agli investitori stranieri) che hanno comportato una dura repressione delle attività sindacali, soprattutto nei settori, come quello dei lavoratori dei trasporti e dei lavoratori dell'industria petrolifera dove nel periodo di Khatami vi erano stati scioperi ed agitazioni e dove si stavano organizzando sindacati indipendenti. La stessa scelta nucleare di Teheran è stata giustificata dal governo come un modo per sottrarsi al "ricatto" dei lavoratori dell'industria del petrolio che, dopo esser stati con i loro scioperi protagonisti della caduta dello Scià nel 1979, hanno continuato ad essere il settore più combattivo della classe lavoratrice iraniana anche durante la Repubblica Islamica. Circa un migliaio di membri del sindacato indipendente della Società di autobus Sherkat-e Vahed, invece, sono stati arrestati a gennaio dell'anno scorso dopo aver scioperato per chiedere il riconoscimento del loro sindacato. Tutti sono stati in seguito rilasciati, ma a decine di loro viene ancora impedito di rientrare al lavoro. Anche le cronache delle ultime settimane di agosto continuano ad essere piene di azioni brutali delle autorità contro quanti tentano di svolgere attività sindacali.
Mansour Ossanloo, del sindacato degli autisti degli autobus di Teheran e dintorni, la sera del 10 luglio scorso, appena rientrato da Bruxelles e da Londra, dove aveva partecipato ad una riunione internazionale di sindacalisti, è stato violentemente preso da un gruppo di uomini, caricato su una macchina, picchiato ed è ora detenuto nel carcere di Teheran, con l'accusa di avere diffuso materiali contro il regime. E di recente, almeno sette sindacalisti ed attivisti per i diritti umani sono stati arrestati solo perché volevano vedere Ossanloo e parlargli.
Mahmoud Saleni, invece, leader dell'Associazione dei Lavoratori delle Panetterie a Saqez, una provincia del Kurdistan iraniano, e cofondatore di un Comitato per le organizzazioni dei lavoratori, dall'inizio del 2007 si trova nel carcere di Sanandaj, dove gli viene negata qualunque assistenza medica, nonostante abbia una grave malattia ai reni dopo esser stato condannato a quattro anni di prigione per "cospirazione a commettere crimini contro la sicurezza nazionale " per aver provato ad organizzare una manifestazione del Primo Maggio nel 2004. Anche gli studenti, che continuano a rappresentare una parte politica attiva della società, sono finiti frequentemente nel mirino con arresti arbitrari tra gli attivisti e il diniego del diritto allo studio durante il nuovo anno accademico.
La libertà di stampa, formalmente riconosciuta, è intanto sempre più aleatoria. A luglio l'unico quotidiano non allineato al nuovo regime rimasto, Sharq, è stato chiuso la settimana scorsa per aver intervistato una poetessa lesbica, pur chiedendo scusa nella prima pagina per cinque giorni consecutivi. Prima di Shark, almeno 11 quotidiani erano già stati chiusi solo nel 2006.
La repressione colpisce, infine, pesantemente il movimento delle donne. Le manifestazioni avvenute a marzo e a giugno per richiedere la fine della discriminazione per legge contro le donne, sono state disperse con la forza dalle forze di sicurezza e diverse dimostranti sono state ferite e portate in carcere. La popolarità delle rivendicazioni femminili ha comunque portato il governo iraniano ad inventare la "giornata della donna iraniana", a fine luglio, in coincidenza con l'anniversario della nascita di Hazrat Fatemeh, figlia di Maometto, mentre continuano le discriminazioni di genere decise dalla legge.
In generale, nel periodo della Presidenza di Ahmadinejad s'è accentuato quella che sempre Sarvi Chitsaz intervenendo ad un convegno organizzato dalla rivisita Marea ha chiamato la "repressione fondamentalista" . "Ciò che distingue la repressione fondamentalista da altre dittature è il suo intervento negli aspetti più minuti e privati della vita delle persone. Ciò fa sì che la repressione permei profondamente la società. La giustificazione proposta è l'espansione della legge della sharia e della fiqh (giurisprudenza) fin negli aspetti più privati della condotta. I raid delle Guardie Rivoluzionarie e delle forze Bassiji all'interno di feste private, l'inquisizione nelle strade e altre misure repressive vengono giustificate come tentativi per controllare le donne e le loro relazioni con gli uomini basati sulla sharia dei mullah", ha detto la femminista iraniana.

robertino





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