La politica è l'arte di impedire alla gente di impicciarsi di ciò che la riguarda.
(P. Valery)
Le parole politica, polizia e apolide hanno la stessa radice greca:
polis, ossia l'insieme delle relazioni umane, politiche e sociali,
quale era inteso ad Atene nel V secolo a.C.
Richiamandosi a queste origini storiche, quello di polizia risulta
quindi avere una stretta parentela col concetto di governo e di potere
politico, per cui una certa avversione al termine "politica" ha
più di una ragione d'essere da parte di quanti si oppongono al
potere costituito.
D'altro canto, negli ultimi tempi, da destra e ancor più da
sinistra (ma comunque all'interno del contesto parlamentare), si parla
dei pericoli connessi al diffondersi della "antipolitica" nella
società italiana, con palese riferimento ai movimenti, ai
conflitti, alle lotte sociali che stanno creando non pochi problemi
alle "politiche" economiche e governative su numerose questioni: dal
Tav alla base Usa a Vicenza, dall'inquinamento elettromagnetico alle
agitazioni dei lavoratori pendolari.
Tutt'al più, riferendosi soltanto agli impopolari privilegi
goduti dalla "casta", nel Palazzo viene riconosciuto che "la politica
stessa finisce per alimentare l'antipolitica" (recente affermazione di
Walter Veltroni), nel tentativo di ridarle credibilità.
È evidente che questo uso della parola "antipolitica" è
assolutamente ambiguo e tendenzioso, in quanto viene assunto quasi come
sinonimo di qualunquismo e pulsione antisociale, mentre è del
tutto evidente come queste mobilitazioni popolari, organizzate in base
ai principi della partecipazione collettiva, dell'impegno personale e
della democrazia diretta, hanno invece molto a che vedere con l'idea
originaria di polis, ancor prima che con quella collettivista del
soviet.
Esiste quindi un significato, predominante, del concetto di "politica"
che è definito, determinato ed utilizzato da chi esercita il
potere; secondo tale visione tutto quello che vive, si agita,
confligge, si organizza fuori dall'ambito della dialettica
istituzionale (parlamento, partiti, leader, delega elettorale,
rappresentanza, etc.) è considerato come espressione estranea
alla Politica e compatibile con la democrazia solo se si limita a un
circoscritto e rispettoso dissenso assegnato alla cosiddetta "
società civile".
In altre parole, chi mette - anche solo potenzialmente - in discussione
il potere vigente è da questo posto fuori dalla polis in quanto
antipolitico; così come apolide è colui che, per ragioni
diverse, non viene riconosciuto da alcuno stato come cittadino.
Detto ciò, la critica anarchica non può che collocarsi ed
agire all'interno di questa contraddizione, tendendo a sovvertire
fondamenta, ordine e confini attuali della polis.
Anti