Il 2 agosto, anniversario della strage alla stazione di Bologna, bombe
della Nato hanno compiuto un altro massacro, con due o trecento vittime
civili, colpendo il villaggio di Shah Ebrahem, nella provincia afgana
di Helmand: ma nessun democratico italiano ha dimostrato di accorgersi
di questo, ennesimo, atto terroristico.
La consegna per tutti sembra essere quella di addossare la
responsabilità delle atrocità di guerra soltanto alla
missione statunitense Enduring Freedom, assolvendo invece l'operato
militare della Nato e della missione Isaf: questa linea è stata
peraltro ripetuta negli ultimi mesi dal ministro della difesa Parisi
ma, soprattutto, da quello degli esteri D'Alema il quale, appena lo
scorso 25 luglio, aveva definito le vittime civili causate dalle ultime
operazioni militari Usa come "non accettabili sul piano morale" e
"disastrose sul piano politico", giungendo ad auspicare una conclusione
di Enduring Freedom.
In realtà, il confine tra le due missioni - Enduring Freedom e
Isaf - è da tempo andato confondendosi, se non per quanto
riguarda i ruoli e le zone operative di competenza; tanto più
che, al momento, entrambe le missioni sono sotto comando militare
statunitense. Se, all'inizio dell'intervento, poteva sembrare che
all'Isaf-Nato fossero assegnati compiti "di polizia" quali il presidio
di Kabul e l'addestramento delle forze governative, mentre Enduring
Freedom veniva impiegata in funzione offensiva di antiguerriglia; ormai
questa distinzione risulta superata dai fatti, con una crescente
rilevanza operativa della Nato.
Le rituali giustificazioni dei comandi militari seguono copioni
abusati: i guerriglieri si fanno scudo della popolazione oppure, dato
che i guerriglieri non hanno uniformi, figurano come morti civili;
affermazioni peraltro contraddette dall'elevato numero di vittime anche
tra i soldati con la divisa amica dell'esercito afgano e dei vari
contingenti Isaf.
In realtà, la retorica degli "effetti collaterali" è di
per se inconsistente, a fronte di 1.200 incursioni aeree a settimana,
con l'impiego anche di bombardieri strategici B.52 e B1-B,
nonché il massiccio impiego di cluster bomb. Appare chiaro come
i bombardamenti siano la principale tattica portata avanti, con logica
terroristica, dalle forze Usa e Nato al fine di non impegnare
direttamente le proprie truppe su un terreno non meno ostile della
popolazione. I dati delle vittime, riferite esclusivamente alla prima
metà dell'anno in corso, non lasciano margini di dubbio: oltre
tremila morti, con una ottimistica percentuale di cinque vittime civili
ogni "insorto" ucciso.
Una strage che, a tutti gli effetti, è da mettere in conto alla
Nato e ai governi impegnati, come quello italiano, nella missione Isaf;
dato che, anche da un punto di vista gerarchico, sono proprio i
comandanti Isaf-Nato a dare il nulla osta ai raid aerei "suggeriti" dal
comando Usa o a richiedere l'appoggio aereo per le truppe impegnate in
una terra sempre più nemica.
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