Umanità Nova, n.27 del 9 settembre 2007, anno 87

Il veltronismo, mano forte in salsa latte&miele. Randello e melassa


Il Corriere della sera del 28 agosto ha ospitato un'intervista a Walter Veltroni che "è tutta un programma": nel senso che contiene affermazioni eccessive che rasentano il ridicolo, se non fossero tragiche; e nel senso che le parole del sindaco di Roma delineano quello che è un vero e proprio programma di governo. L'intervista mi pare interessante perché si muove su due piani: quello delle proposte concrete e quello dell'orizzonte mitico. Veltroni ribadisce che già al Lingotto di Torino, nel discorso che dava il via alla sua corsa alla segreteria del Partito Democratico, aveva parlato "come italiano", non "come uomo di parte"; dice che "era giusto" candidarsi; che "non aveva scelta"; che "l'occasione è storica, non per me né per la nostra parte politica; per il paese". E a quali altri periodi della storia italiana assomiglierebbe quello presente? "Alla Resistenza, una pagina straordinaria che vide scalpellini e intellettuali, muratori e sacerdoti battersi insieme per la libertà di altri…" (segue invito ad inserire nei programmi scolastici la lettura delle Lettere dei condannati a morte della Resistenza); "Agli anni '60: la fine del gelo, l'arrivo della primavera, che a tutti sembrava di vedere dal tettuccio apribile della 500. Poi il paese è stato percorso da energie politiche confuse e contraddittorie". Già, proprio così: il ciclo di lotte dei lavoratori della fine anni '60 e gli anni '70 viene liquidato in questo modo. La cosa non stupisce di certo, ma è lo sfondo mitico su cui Veltroni proietta la sua immagine, il richiamo al momento "storico" che lascia un po' interdetti: posto che un politico navigato come Veltroni non può credere a quello che dice, ne deriva che con il richiamo a Resistenza e anni '60 si vorrebbe offrire un modello di mobilitazione e di "clima" che dovrebbe essere alla base dell'azione del Pd. Ma la sottolineatura è sul termine "libertà" e "primavera", un mix tra i film neorealisti e quelli della prima metà degli anni '60, del boom, dei "giovani". Insomma, una verniciata a una sostanza che si delinea in tutta la sua crudezza. L'Italia, infatti, deve ritrovare il "senso di una motivazione collettiva, attraverso l'ancoraggio ad un sistema di valori, a un'idea di democrazia" dove non ci sia contrapposizione radicale e dove si possa "decidere", dove di guardi agli "interessi generali". Del resto, in Francia, tanti socialisti adesso lavorano con Sarkozy: "Quale è il problema?" si chiede Veltroni. In Italia ben si può approvare un potenziamento della figura del primo ministro e una riduzione dei parlamentari con il voto della destra: in effetti, diciamo noi, la riforma costituzionale berlusconiana bocciata dal referendum popolare la scorsa estate è stata ripresa nella sostanza dal Pd. Partito che deve avere una vocazione "maggioritaria": cioè deve costruire meccanismi elettorali tali da poter governare da solo, senza alleati. Come il discorso di Veltroni sul momento "storico" e sul fatto che la sua candidatura sia "giusta" ricorda la "discesa in campo" di Berlusconi che fu "costretto a bere l'amaro calice della politica", così il programma veltroniano è un mix di banalità centriste su fisco, sicurezza, sviluppo. In realtà Veltroni si presenta come un Berlusconi "gentile", non "volgare": la sostanza del berlusconismo senza la maschera grottesca e feroce dell'uomo di Arcore e di Bossi. Un regime "democratico" dove il conflitto sociale viene cancellato perché "vecchio", frutto di una cultura e visione delle cose "conservatrici". Legge, ordine, gerarchia, sfruttamento: ma con il sorriso sulle labbra, con gentilezza… Eccheddiamine! Non vi viene da sorridere? Non sentite il profumo della "giovinezza", della "primavera di... bellezza"?

W.B.



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