In un pomeriggio di metà settimana dei primi giorni di luglio, a
Forlì, all'esterno di un bar, tre giovani amici ventenni si
stanno facendo una canna. Passa una pattuglia in borghese della
questura, chiede loro di far vedere i documenti e di svuotare le
tasche. Oltre alla canna che si stanno fumando, spunta un altro
pezzettino di fumo, quanto basta per farsi altre 2 canne. I tre vengono
portati in commissariato ed, in base alla "presunzione di detenzione a
fini di spaccio", scatta la perquisizione domiciliare per uno dei
ragazzi, che da un paio di mesi vive nella casa di campagna dei
genitori dove conduce un piccolo podere agricolo. Durante la perquisa,
saltano fuori 200 semi di canapa (non punibili secondo la legge
italiana) e all'interno di un libro, appositamente adattato a "scrigno"
spuntano fuori 60 grammi di hashish. Il giovane viene denunciato a
piede libero per detenzione e spaccio e non viene condotto in carcere
solo perché è incensurato. Alcuni giorni dopo, la
domenica mattina, fuori dalle edicole di tutto il circondario le
locandine dei quotidiani locali annuncia una importante operazione
antidroga che ha fatto finire nei guai un giovane incensurato di
Castrocaro Terme. Sulla prima pagina del Resto del Carlino, il
più popolare, il più diffuso e quello col maggior numero
di lettori tra i quotidiani locali, campeggia una foto a colori che
ritrae due carabinieri in posa che mostrano un libro aperto al cui
interno è posto un riquadrino marrone di fumo e, a caratteri
cubitali il titolo IMBOTTITO DI DROGA. Il libro con sorpresa ha
evidentemente colpito la fantasia dei redattore del Resto del Carlino.
Le pagine 2 e 3 del quotidiano sono infatti dedicate
all'«insospettabile agronomo smascherato dai carabinieri»,
mentre solo un piccolo spazio nelle stesse pagine viene dedicato ad
un'altro articolo (ma molto meno visibile con titolo e caratteri di
minor dimensione ed effetto) che da conto dell'arresto di una coppia di
coniugi per traffico internazionale di cocaina (65 chilogrammi). I
quotidiani, peraltro, non mettono il nome del giovane pizzicato col
libro imbottito, ma si limitano ad indicarne il paese di residenza,
l'età e la professione. Dato che Castrocaro è un piccolo
centro, con poco più di 6.000 abitanti, e ce n'è uno solo
che ha 28 anni e fa l'agronomo, anche se formalmente la riservatezza
è rispettata, i compaesani non ci mettono molto a capire chi
è il protagonista della cronaca. Il giorno dopo, lunedì,
primissimo pomeriggio, i cellulari iniziano a squillare e gli sms a
circolare fra i residenti del piccolo centro: l'anonimo agronomo si
è suicidato...
Alcuni giorni più tardi, il 19 luglio gli amici del giovane
organizzano una manifestazione di protesta. In mille sfilano in
silenzio contro la gogne mediatiche e la Legge Fini. Naturalmente i
media di regime non ne parlano (forse perché 1.000 manifestanti
in un paese di 6.000 abitanti sono veramente tantissimi...)
War On Drugs
L'11 agosto sulle colonne del quotidiano economico britannico Financial
Times esce un editoriale dello storico Matthew Engel, a proposito dei
risultati della War On Drugs. Nell'articolo lo studioso afferma
seccamente che "nessuna decisione di un moderno governo democratico ha
mai causato tanta morte e miseria quanto le leggi che hanno escluso
dalla legalità l'industria ricreazionale della droga per poi
mettere il monopolio mondiale della distribuzione nelle mani di
organizzazioni come la Mafia". A causare tanta morte e tanto dolore,
oltre al fatto che col proibizionismo "i politici di tutto il mondo
hanno alimentato i profitti dei signori della droga e allevato dei
narco-stati che metterebbero paura ad Al Capone", c'è anche che
le leggi impediscono un qualunque tipo di profillassi igienica delle
sostanze ("e questa mancanza di controlli sanitari è la causa
principale della quasi totalità dei decessi (...) in 60 anni di
somministrazione di morfina in farmacia in Gran Bretagna ed in 15 anni
di distribuzione controllata di eroina nella Svizzera tedesca non
c'è stato un solo morto per overdose") e soprattutto che la War
On Drugs in sostanza è stata una gigantesca persecuzione che ha
colpito "milioni di cittadini pacifici" che non avevano fatto male a
nessuno e che sono stati perseguitati solo per il proprio stile di
vita. Soltanto negli USA dal 1982 al 2005 più di 11 milioni di
persone sono state arrestate semplicemente per detenzione di marijuana,
di queste almeno 5 milioni di persone sono state licenziate o hanno
subito sanzioni sul lavoro, mentre si stima in almeno 8 milioni di
persone il numero di coloro che hanno perso definitivamente o per
lunghi periodo il diritto di voto, i sussidi di disoccupazione e
l'assistenza medica per i poveri. Infine è "incalcolabile il
numero delle depressioni, delle psicosi paranoiche e dei suicidi tra
coloro che sono finiti nelle mani della legge senza aver fatto male ad
altri che (forse) a sè stessi". Come il povero agronomo di
Castrocaro Terme, appunto...
Il proibizionismo uccide
La sua morte è solo una delle tante causate dalle leggi
proibizioniste. Venerdì 24 agosto a Torino è toccato ad
un giovane nordafricano che stava sfuggendo ai controlli della
sbirraglia ed è finito annegato nel Po. I media di regime di
queste morti non ne parlano e quando ne parlano, parlano di "casi", di
"incidenti", di "fatalità". Se i giornalisti non fossero
bugiardi di professione, scriverebbero invece che sono omicidi e che i
killer sono tutti coloro che in questi anni hanno alimentato l'isteria
proibizionista o comunque hanno scelto di non opporvisi. Se l'imbelle
socialdemocratico Ministro delle Parole A Vanvera Paolo Ferrero avesse
un minimo di dignità e di onestà mentale, ammetterebbe
che le sue mani sono lorde del sangue dell'agronomo di Castrocaro e del
nordafricano annegato nel Po, visto che entrambi sono vittime di quella
Legge Fini che prima delle elezioni del 2006 lui aveva spergiurato di
abolire e che, invece, dopo 15 mesi di Governo Prodi è ancora in
vigore...
Crociati antidroga beccati con il naso infarinato
Le cronache estive, peraltro, hanno dato molti spunti per riflettere
sulla Legge Fini e sugli isterici crociati anticannabis che hanno
voluto a tutti i costi questa legge infame che è una delle poche
al mondo (insieme a quelle in vigore a Cuba, in Cina, Iran, Vietnam e
Corea del Nord) a mettere insieme droghe leggere e droghe pesanti e
colpendole con sanzioni maggiori di quelle riservate a crimini come lo
stupro, le lesioni gravi ed il tentato omicidio.
I lettori di UN con buona memoria ricorderanno che una ventina di anni
fa, uno dei primi a dire che non vi è differenza tra droghe
leggere e droghe pesanti fu Don Pierino Gelmini che infestò
migliaia di apparizioni televisive e radiofoniche, ripetendo
istericamente a mezzore intere la frase "La droga è tutta
uguale, è tutta male". In questo modo don Gelmini (che allora
aveva l'unica notorietà di essere il fratello del più
esuberante padre Eligio, confessore di calciatori, amico di Gianni
Rivera, grande frequentatore di feste e soubrette) divenne una delle
icone del proibizionismo made in Italy. Agli inizi di agosto, l'icona
è stata definitivamente infranta dalla notizia che la Procura di
Terni sta indagando su di lui per una serie di molestie e di abusi
sessuali commessi denunciati da ex ospiti (maschi) delle
Comunità Incontro. Inizialmente Don Gelmini si è difeso
dicendo che queste denunce sarebbero dovute ad "un complotto
ebraico-radical chic" ed aveva chiamato a difenderlo tutti i suoi
sostenitori, a partire dai politici di destra che, dopo essersi
immediatamente arruolati nell'armata pro Don Pierino hanno preferito
lasciarlo solo in seguito alla pubblicazione di un articolo su La
Stampa che ricostruiva il passato del prete inquisito per bancarotta
fraudolenta, emissione di assegni a vuoto, e truffa e per due volte
finito anche in carcere (dove aveva costretto "il direttore a isolarlo
per evitare le sue frequenti 'promiscuità' con gli altri
reclusi").
Don Gelmini, peraltro, non è l'unico crociato anticannabis ad
essere finito nei guai quest'estate, in cui il binomio Destra &
Cocaina s'è rivelato più attuale che mai. Se la censura
di regime è riuscita a confinare nelle pagine locali il caso del
consigliere comunale di AN di Novara arrestato per traffico
internazionale di cocaina (il 14 luglio) e quello del giovane attivista
lucchese di Forza Nuova ritrovato cadavere (il 4 agosto) in un cantiere
in disuso, morto di overdose di cocaina e quindi abbandonato da chi era
con lui quando è schiantato, tutte le prime pagine dei giornali
soino state invece dedicate al sex and drugs scandal che ha visto
coinvolto il deputato dell'Udc Cosimo Mele. Mele, boss dell'UDC
pugliese, il 29 luglio è stato protagonista di una movimentata
notte all'hotel Flora di Flora, dove si era incontrato con due
prostitute, una delle quali era però finita all'ospedale in
overdose a causa della cocaina ("troppa, veramente troppa..." ha
dichiarato la ragazza ai giornali) offertale dal parlamentare di
destra. In mezzo a tutto questo casino, l'UDC (che assieme ad AN era
stata il principale sponsor della fascistissima Legge Fini) non ha
saputo far di meglio che organizzare una buffonesca kermesse davanti a
Montecitorio. Tutti i parlamentari (Cosimo escluso) del partito di Cesa
e Casini si sono messi in fila per sottoporsi ai test antidroga, i
pennivendoli di regime sono arrivati numerosi per testimoniare lo
storico evento a cui però non ha creduto nessuno, anche
perché possa davvero essere efficace, il test deve essere fatto
su base senza preavviso, così come per il doping nello sport.
Infatti bastano in genere pochi giorni o anche soltanto poche ore (nel
caso della cocaina) perché non sia più possibile rilevare
la presenza di sostanze illegali. E, della gloriosa giornata antidroga
dell'UDC, l'unica vera notizia finita sui giornale è che il
pirotecnico Luca Volontè (quello che, come dice peter punkk,
"più che un politico vero sembra un bravissimo imitatore
televisivo che fa la macchietta di un politico cocainomane") che di
solito parla - anzi, urla...- come una mitragliatrice, quella mattina
è stato stranamente zitto tutto il tempo...
robertino