"…Dato atto che nell'esercizio
delle attività suddette ed in particolare in quella di
'lavavetri' si sono verificati molteplici episodi di molestie
soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura
pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in
particolare nei confronti delle donne sole;
Dato atto inoltre che in conseguenza
all'esercizio delle attività suddette trova nocumento anche
l'igiene delle strade a causa della presenza di secchi o altri
contenitori e attrezzi usati per la lavatura dei parabrezza dei
veicoli, nonché a causa dello sversamento dai medesimi di acqua
sporca;…"
L'italiano non è dei migliori, ma la parte concettuale in
premessa è chiarissima e sufficiente a qualificare gli orizzonti
mentali degli estensori. L'ordinanza (la 774) della polizia municipale
fiorentina - a "senso unico" per dirla in metafora - marca un vuoto
culturale incolmabile ed una presa di distanza da quelle tanto
sbandierate civiche tradizioni democratiche ormai ridotte a collutorio
(a La Pira, a don Milani e perfino a Dante non mancheranno motivi per
rivoltarsi nella tomba). È comunque un ritorno all'antico dei
corpi di polizia locale, per decenni relegate a funzioni di mera
disciplina del traffico metropolitano. Come agli albori del Novecento,
la difesa dei ceti cittadini, dediti alle arti, alle professioni e al
commercio, e dei loro gretti interessi, dalle minacce provenienti
soprattutto extra moenia (un tempo gli ambulanti, i questuanti e i
vagabondi, i contadini affamati e gli avventizi, i girovaghi, gli
zingari e tutti i "mestieri incomodi") torna in auge.
L'epilogo della vicenda fiorentina si è consumato tutto in sede
mediatica. Al TG3 regionale l'assessore "sceriffo" – i'Ccioni
– ha promosso parcheggiatore in diretta televisiva un ex
lavavetri quasi settantenne, di nazionalità marocchina e
presente in città da 14 anni. Il tutto con modi un po' sguaiati,
fra pacche nelle spalle e usando toni eccessivamente confidenziali nei
confronti di un anziano signore che lo guardava intimidito
("…perché te tu te lo meriti!!!..."). Poi le interviste a
tappeto alla Firenze forcaiola e bottegaia, ai terzultimi arrivati, a
"eleganti" signore ferme alle vetrine delle boutique: "…bene
così un se ne pole più…".
I principi di elementare civiltà giuridica, che vorrebbero le
responsabilità di comportamenti illeciti ascrivibili a
circostanziate responsabilità individuali e mai a categorie
sociali oggettivamente sospette, lasciano molto a desiderare. Ora,
bisogna ammettere che tutti quei giovanotti armati di secchio e
spazzola fermi agli incroci, non hanno studiato a Oxford, e neppure
sono cultori di monsignor Della Casa (come la maggior parte degli
automobilisti, come molti vigili del resto!). Rom romeni hanno da tempo
sostituito i devoti e spensierati polacchi di una volta. E poi un'altra
domanda: perché le prostitute e gli spacciatori sì e i
lavavetri no? Quel "racket" lì non interessa? E chi protegge gli
indifesi da quegli altri "mestieri" aggressivi, più moderni, da
chi ti affibbia contratti per telefono, da chi sua sponte trasforma i
risparmi della nonna in bond argentini, ecc.. ecc..
L'aspetto saliente del provvedimento adottato nel capoluogo toscano,
rispetto ad altre situazioni come ad esempio quella bolognese, sottende
l'esigenza di adottare specifiche misure protettive nei confronti di
"donne sole". Questo a causa della composizione di genere ("maschi
adulti") dei gruppi attivi ai semafori. Ad esempio (v. "La Repubblica",
Firenze 31/8, p. II) anche la moglie di'Ccioni ha ricevuto di recente
"colpi di spazzole sul parabrezza". La realtà è che tutte
queste improvvise pulsioni delle autorità locali volte alla
protezione del sesso debole ci paiono, oltre che improntate a vecchie
mentalità maschiliste, anche ipocrite e, soprattutto, dettate
dalle paure ataviche verso lo straniero. E l'opinione pubblica
benpensante si sfoga nel web in un campionario di aneddoti e luoghi
comuni di dubbia veridicità: "… Al ponte di Varlungo ad
ogni ora del giorno e della notte un tizio ubriaco e barcollante cerca
di lavarti il vetro. La mia ragazza non passa più da Firenze Sud
perché una volta è stata quasi aggredita… (by
Federico)".
Il lavavetri che si materializza a quegli incroci non risponde
esattamente agli stereotipi dell'immaginario delle pubblicità.
"…abbiamo anche ragione di credere – si legge sul sito del
CPA Firenze Sud – che, se i lavavetri si presentassero come
ragazze sotto i ventun anni, sponsor di roba inutile sulla maglietta,
generose porzioni di epidermide in vista, il loro operato avrebbe
l'universale benedizione. Tanto, i sudditi occidentali ormai più
in là non ci arrivano…".
Ma quale racket: una testimonianza
Un'ultima questione da cui, credo, non si dovrebbe mai prescindere.
Conoscere prima di giudicare. La conoscenza è il miglior
antidoto all'odio. Quelli che seguono sono stralci di una testimonianza
"dal di dentro" pubblicata sulla lista del Firenze Social Forum.
"…Con una decina di altri
compagni/e siamo andati già ieri [29 agosto] pomeriggio in
piazza Libertà a lavare vetri. Avevamo con noi un volantino
preparato dai compagni del Panico […] Nella mobilitazione credo
dobbiamo tenere presente anche un altro fatto. Parlare di 'lavavetri' a
Firenze vuol dire parlare di rom rumeni. Allora bisogna tirare fuori
nella sua interezza la questione dei rom rumeni in questa città.
Una città in cui la giunta sostiene di aver 'risolto' il
problema rom parlando solo di quelli provenienti dalla ex - Jugoslavia
che hanno sistemato per altro in dei vergognosi 'villaggi' (così
li chiamano) sugli stessi terreni in cui sorgevano il campo Poveraccio
e il campo Masini.
Per i rom rumeni non è stato
fatto nulla, tranne retate sistematiche, pestaggi, decine e decine di
carcerazioni, fermi, arresti. Compresi quelli di bambini portati nel
famigerato Centro Sicuro di viale Corsica, gestito da una cooperativa
sociale e presidiato dalla Polizia Municipale.
Sono stato diverse volte negli
accampamenti dei rom rumeni, che, lo ricordo, dal 1 gennaio di
quest'anno sono cittadini europei non meno dei tedeschi, degli
italiani, dei francesi e degli spagnoli. Dormono alla stazione, nei
giardinetti e, in molti (circa 200-300, a volte fino a 400) in baracche
di legno all'interno di capannoni industriali abbandonati nella zona
tra Firenze, Prato, Sesto, Calenzano.
Le amministrazioni - non solo quella
di Firenze, anche di Sesto e altre - sono a conoscenza della loro
presenza ma non fanno nulla. Assolutamente nulla. Perché,
sostengono, se li riconoscessero ufficialmente dovrebbero poi spendere
soldi per le politiche di 'inclusione', e loro i soldi non li hanno,
specie per 'includere' persone che i residenti, in larga parte, non
vogliono. Nel frattempo, questure, carabinieri, vigili si scatenano:
nel periodo in cui ho avuto contatti più stretti con queste
persone, i carabinieri armati piombavano tutte le notti tra le tre e le
cinque nei capannoni. Ricordo che c'era un buco nel muro, sul retro,
per scappare.
Donne incinte sono state deportate
verso il CPT di Bologna, poi abbandonate alla stazione ferroviaria
bolognese quando i poliziotti hanno capito che erano incinte; i bambini
vengono sistematicamente picchiati dai vigili, che in alcuni casi li
portano in aperta campagna e li abbandonano lì, a una ventina di
chilometri di distanza dalla città. Nei capannoni, quando ci
sono stato, c'erano due anziani con la tbc dimessi da Careggi con un
pacchetto di mascherine e senza neppure una cura (una cosa
completamente illegale).
Convivevano tranquillamente con bambini, donne incinte, ragazzi, dormivano con la moglie nello stesso letto.
Il provvedimento di Cioni sta quindi
dentro questa politica delle giunte della Piana. E nello stesso tempo
serve a coprire la realtà sociale devastante di queste persone
con le urla scomposte dei media e di un'opinione pubblica che non sa
assolutamente nulla (di solito) di queste situazioni. Ne' intende
conoscerle, a quanto pare.
Un'ultima precisazione. Si parla
molto di racket. Credo che rispetto alla questione dei 'lavavetri',
come pure rispetto al fenomeno dell'accattonaggio, il termine non
descriva la realtà.
La vita dei rom rumeni inizia
all'alba, quando si svegliano e si spostano dagli accampamenti per
scappare alle retate della polizia e dei carabinieri. Ci si lava in
fretta, con l'acqua che sta dentro dei secchi già sporchi. Con
gli autobus o a piedi si va nei posti in cui chiedono l'elemosina o ai
semafori. A fare l'elemosina sono spesso i bambini, le donne e gli
anziani. Gli uomini delle volte elemosinano, delle volte svolgono altri
lavori saltuari (massaggiatori, raccoglitori di ferro, manovali), altre
volte non fanno nulla, contando sulle entrate prodotte dai propri
familiari. Il racket quindi non c'entra: non ci sono organizzazioni
esterne a controllare il lavoro e i proventi di quelle attività,
come per la prostituzione; è il prodotto di una organizzazione
patriarcale e maschilista della comunità quella che fa sì
che gli uomini mandino donne e bambini a chiedere l'elemosina e a
lavare i vetri. Ho litigato decine di volte con i rom rumeni che
conosco, sul modo in cui trattano figli e donne. Non credo infatti che
basti dire: è questione di cultura, e lavarsene le mani. Ma il
racket è un'altra cosa.
La sera tornano verso l'accampamento.
Con i soldi presi dall'accattonaggio e dal lavaggio dei vetri, i
bambini, le donne e gli uomini fanno la spesa alla Lidl e negli altri
centri commerciali. Alla sera si rientra nei capannoni.
Una batteria di automobile alimenta
un lumino. Si mangiano le cose che si sono comprate o prese. Se i soldi
non bastano infatti, il resto lo prendono, infilandolo nelle tasche dei
pantaloni, delle giacche, sotto le gonne. Si può giudicare
questo come si vuole (meglio se si evita il moralismo, a mio avviso),
ma tant'é, in quelle condizioni io non credo che farei
diversamente. E anche qui, il racket non c'entra nulla. Né hanno
a che fare con il racket i gruppetti che fanno reati maggiori (rapine,
furti di automobili, ecc.). Anzi: spesso non vivono neppure negli
stessi luoghi e comunque, negli accampamenti sono divisi e gli altri
spesso non gli parlano neppure, anzi ce l'hanno con loro perché
credono che sia per colpa loro che i carabinieri gli sono sempre
addosso.
Sulla stessa scia dei piccoli furti
nei negozi e nei centri commerciali si pongono anche gli altri 'reati'
commessi dai bambini rom: furti in centro, borseggi, scippi. Non credo
che si debba far finta di nulla, credo che bisogna capire il disastro
sociale che c'è dietro quegli atti, e il disastro delle
politiche sociali del Comune (di tutti i Comuni della Piana, in
verità).
La repressione - ripeto - è
durissima, costante, implacabile. È un continuo entrare ed
uscire dalle celle di sicurezza della Questura, dal Centro Sicuro, dal
carcere minorile di via della Scala, dai CPT (prima dell'ingresso
nell'UE), da Sollicciano. Entrare ed uscire dal carcere anche senza uno
straccio di condanna, per detenzione amministrativa, per carcerazione
preventiva. Una repressione che è aumentata dopo l'ingresso
della Romania in EU: perchè le forze di pubblica sicurezza, non
potendo più espellere queste persone, le terrorizzano per
spingerle ad andare via, come e più di prima, con raid notturni,
retate, accollandogli reati anche non commessi, ecc.
Così, è un continuo
andare in Romania e tornare: gli autobus partono ogni giorno dagli
stessi parcheggi della SITA e della LAZZI. Il costo si aggira sui 130
euro, ma ci vogliono altri 30-40 euro tra le 'mance' per gli stessi
gestori delle compagnie degli autobus e quelle per i funzionari del
consolato di Milano o dell'ambasciata di Roma. Al ritorno la storia si
ripete…"
(A cura di Giorgio Sacchetti)