"Dite qualcosa di sinistra", aveva esortato tempo fa un tal regista
"organico", rivolgendosi sconsolato ai vertici del Partito. Ci sono
voluti alcuni lustri di tentennamenti e balbettii, ma finalmente, forte
e sicura, è risuonata la voce dei Dirigenti: "Caccia al
lavavetri, Tolleranza zero, Città sicure" e compagnia cantante.
E poco importa che la cosiddetta sinistra, dopo anni di oscuramento
mediatico berlusconiano, riesca a ritrovare un po' di spessore e la
necessaria centralità per opera di semplici sindaci e assessori,
lasciando al riparo dalle malevole critiche degli immancabili
rompiballe di professione i vari Leder dello schieramento governativo.
È significativo, infatti, che questa crociata moralizzatrice,
che fino a pochi anni fa sarebbe stato semplicemente inconcepibile che
potesse partire da "sinistra", sia stata proclamata dagli
amministratori cittadini, più presenti sul territorio e meno
esposti alle critiche ideologiche, e non dagli esponenti governativi,
evidentemente timorosi di sottoporsi – finché non si
vedrà l'effetto che fa – a critiche che potrebbero
aggiungersi alle migliaia di cui già sono oggetto. Salvo poi, se
le reazioni della ggente dovessero essere quelle auspicate (come
è facilmente prevedibile), appropriarsi della luminosa idea e
farne un nuovo cavallo di battaglia.
Ma del resto questa apparente "confusione dei ruoli", non solo fra
cariche istituzionali ma anche e soprattutto fra schieramenti, non
è che un significativo segno dei tempi. Da parecchio ormai si
sta operando, nei palazzi del potere, una convergenza al centro,
vivacemente negata a parole ma decisamente incontenibile nei fatti.
Fatte salve alcune variabili (cosiddetta estrema destra e cosiddetta
estrema sinistra), utili a far credere a una certa disomogeneità
del quadro politico, le distanze si fanno sempre più ridotte. E
soprattutto, se ancora ce ne sono, solo su contenuti secondari.
Al di là delle continue strizzatine d'occhio o delle dispute,
virulente a parole ma del tutto inconsistenti nei contenuti, buone solo
per risvegliare lo spirito di appartenenza dell'elettorato, le
direttrici fondamentali sono ormai comuni. E condivise da una parte e
dall'altra. L'unica conflittualità che ancora sopravvive nel
quadro politico, infatti, si riferisce esclusivamente alla spartizione
delle prebende e del potere, perché anche il conflitto che in
questi giorni sembra fondamentale, quello sulle tasse, altro non
è che un tentativo di preparare il rispettivo elettorato a una
stangata, fiscale e dei prezzi al consumo, di cui ancora non riusciamo
neppure a immaginare i contorni.
Non ci sarebbe da indignarsi troppo, dunque, per questo nuovo indecente
balletto se non fosse che viene vigliaccamente giocato sulla pelle
degli ultimi. Evocando infatti il racket, lo sfruttamento fra sfruttati
e cose varie, tutti comodi alibi per gettare il necessario fumo negli
occhi, si fa leva sull'evidente sensazione di malessere di gran parte
della popolazione (sensazione, del resto, continuamente nutrita da
un'informazione sempre più aggressiva e terroristica) per
giustificare nuove misure repressive rivolte a ributtare nel fango, e
non solo materiale, chi in questo fortunato paese non ha trovato altri
e più dignitosi mezzi di sussistenza. Del resto colpire i deboli
non costa niente e in più serve ad appagare i rancori inespressi
di chi è appena appena meno debole.
Dicevamo poc'anzi che tutto ciò non è altro che il segno
dei tempi, ma che queste porcherie vengano dalla cosiddetta sinistra,
ci convince sempre più che viviamo proprio dei tempi di merda. E
così sia.
Massimo Ortalli