Umanità Nova, n.29 del 23 settembre 2007, anno 87

Pegah, Don Pierino e Noam Chomsky... 30mila mazzi di fiori


Pegah Emambakhsh la cittadina iraniana rifugiatasi in Inghilterra per sfuggire a una condanna a morte per omosessualità è stata liberata dal CPT dov'era rinchiusa ed è al momento ospite di amici a Sheffield. Adesso il suo status secondo la legge britannica non è più quello di persona accusata di immigrazione clandestina ma di rifugiata in attesa di permesso di soggiorno. Nelle prossime 2 settimane Pegah sarà ascoltata per la prima volta dalla Corte d'Appello e nei 5 mesi seguenti proseguirà l'iter giudiziario che potrebbe portare alla concessione dell'asilo politico. Com'è noto, la donna era fuggita nel Regno Unito dopo che la sua compagna era stata arrestata e aveva chiesto asilo. Dopo due anni di attesa l'asilo era stato negato ed il 13 agosto scorso era stata arrestata per essere deportata a Teheran, dove l'attendeva una condanna certa a 100 frustate comminate con un nerbo semirigido e tagliente e probabilmente la condanna alla lapidazione, essendosi dichiarata lesbica e avendo chiesto aiuto, atteggiamento che le leggi iraniane equiparano a immoralità e cospirazione, ovvero reati capitali. La sua vicenda era stata però al centro di un'intensa mobilitazione internazionale (in cui si era particolarmente distinto in Italia il gruppo EveryOne): in poche settimane sono stati organizzati sit in davanti ad ambasciate e consolati, petizioni via internet ed anche la singolare protesta "Flowers for Pegah" che aveva portato nel CPT dov'era detenuta quasi 30mila mazzi di fiori per l'iraniana intasando la struttura burocratico-postale del lager per migranti dove non era consentito consegnare posta (solo per la commozione di un secondino Pegah aveva ricevuto alcuni petali). Il successo delle iniziative ha catalizzato l'attenzione anche dei media, c'è stato il rituale e pelosissimo interessamento di politicanti di mezza Europa, lo stesso governo Prodi si è spinto fino a far ipotizzare un possibile trasferimento di Pegah in Italia (e subito dopo aver dichiarato la propria disponibilità, i ministri hanno iniziato a rendersi irreperibili per gli attivisti del Gruppo EveryOne che chiedevano il loro aiuto), ma è stata la determinazione di chi non ha interrotto la catena della solidarietà a costringere per ora il sistema giudiziario inglese a tornare sui propri passi, anche se l'iter della domanda d'asilo non è assolutamente concluso e la deportazione di Pegah in Iran è una possibilità che rimane purtroppo aperta.

Don Gelmini, invece, sta sprofondando sempre di più nello scandalo in cui si ritrova coinvolto dopo gli articoli di alcuni quotidiani ad agosto, che svelarono agli italiani l'esistenza di un'inchiesta segretissima sul guru dell'ultraproibizionismo nostrano per molestie e violenze sessuali.
Mentre ogni giorno i dispacci aggiungono nuovi particolari sulle scabrose vicende che lo hanno visto protagonista, Don Gelmini si ritrova abbandonato anche da chi in un primo momento ne aveva preso le difese, come i politici e gli intellettuali di destra che (usi a venire valorosamente in soccorso al vincitore) lo hanno subito scaricato dopo che è venuto di fuori il suo burrascoso passato di ex detenuto per truffa e corruzione, con tanto di testimonianza del suo ex direttore di carcere che ha dichiarato di averlo dovuto tenere in isolamento per le sue "profferte di promiscuità".
Se inizialmente erano solo sei le persone che avevano raccontato le violenze, un'altra cinquantina di ex internati delle Comunità Incontro durante l'estate si è presentata spontaneamente davanti al pubblico ministero di Terni per presentare formale denuncia contro don Gelmini, accusandolo di averli molestati, insidiati, ricattati, a volte violentati. Due di loro, tra l'altro, hanno raccontato di aver subito abusi quando erano minorenni. Mentre i giudici mettono in evidenza come gli episodi raccontati siano molto circostanziati, che alcuni abbiano anche indicato testimoni in grado di confermare le proprie dichiarazioni, don Pierino viene anche scaricato dai suoi "colleghi". Un altro famoso prete antidroga, don Mazzi, chiamato in causa da uno dei ragazzi «accusatori» di don Gelmini, non solo ha confermato che effettivamente quel ragazzo gli raccontò degli abusi, ma ha aggiunto che gli furono raccontati anche altri episodi del genere.
Tra l'altro è emerso che già nel 2002 Don Gelmini era stato indagato per violenza sessuale, ma l'inchiesta era stata rapidamente archiviata dell'ex procuratore di Terni, Cesare Martellino, oggi rappresentante italiano ad Eurojust. È venuta fuori un'intercettazione telefonica tra il magistrato e don Gelmini nella quale Martellino avrebbe detto: «Dobbiamo vederci e pianificare una strategia difensiva". Pochi giorni dopo la telefonata, i collaboratori più stretti di don Gelmini si sono attivati per convincere alcuni giovani a ritrattare. In almeno due casi avrebbero cercato di incontrare chi aveva presentato la denuncia, avrebbero offerto soldi e favori per tentare di mettere tutto a tacere. È stato già accusato di favoreggiamento il braccio destro di Don Gelmini, Pierluigi La Rocca. L'episodio che gli viene contestato risale al novembre scorso, quando uno degli «accusatori» del fondatore della comunità di recupero di tossicodipendenti scrive la sua lettera di ritrattazione, precisando che quelle accuse se le era inventate sotto gli effetti di psicofarmaci. Interrogato nuovamente, l'ex accusatore ha ammesso di aver scritto sotto dettatura di La Rocca che gli avrebbe dato anche un suggerimento sul nome dello psicofarmaco da indicare. Incastrato dalle accuse, La Rocca ha provato a difendersi, ammettendo di essersi trovato a casa del ragazzo nel giorno della lettera di ritrattazione - ma non di aver suggerito cosa scrivere - e soprattutto ha chiamato in causa un altro sacerdote, amico di don Gelmini, don Ezio Miceli, che avrebbe «regalato» alla famiglia del ragazzo ben 5 mila euro.
Dove non bastava la corruzione non è escluso purtroppo che siano stati usati metodi molto più cruenti. È stato deciso di riesaminare vecchi episodi, come quello di un ragazzo di San Marino, Fabrizio Franciosi, allontanatosi dalla comunità perché a conoscenza di episodi di abusi sessuali e poi ucciso a Rimini. Sul suo caso, tuttora irrisolto, furono fatte investigazioni frettolose, senza cercare nessun collegamento con le sue denunce sugli abusi sessuali (che pure erano state presentate poche settimane prima dell'omicidio). Solo ora che le protezioni istituzionali di Don Gelmini stanno venendo meno, sono riprese le indagini sul suo assassinio...

Noam Chomsky, da parte sua, all'eco suscitata dalla lode riservatagli da Bin Laden, che lo ha definito «uno dei più capaci fra quelli che stanno dalla vostra parte», ha risposto che "La vera notizia del video di Osama bin Laden non sta nel fatto che mi ha citato ma nell'interessante similitudine fra le sue parole e il discorso fatto dal Papa in Austria". Chomsky, ha puntato l'indice verso il fatto che da un lato il leader di Al Qaeda ha difeso il modello fondamentalista islamico di società, mentre dall'altro il Papa ha fatto altrettanto con il modello cattolico rilanciando l'ostilità assoluta della Chiesa nei confronti del diritto di praticare l'aborto. La «similitudine» fra le parole di Bin Laden e del Papa sta nel fatto di essere minacce che pesano sull'esercizio delle libertà personali, provenienti da parte chi intende imporre al prossimo forme diverse di assoluta intransigenza. «Osama dice all'Occidente che o accetterà la vera fede o sarà distrutto - riassume Chomsky - e Papa Benedetto dice all'Europa che o accetterà la vera fede o sarà distrutta».

Nel nome della "vera fede" c'è sempre chi è pronto a commettere ogni genere di crimini, da organizzare scudisciate e fustigazioni pubbliche di omosessuali e peccatori a gestire comunità-lager per devianti, mantenute con la corruzione, il ricatto e la violenza. Per fortuna, c'è anche chi nel nome della libertà è capace di mandare 30mila mazzi di fiori (e qualche volta vincono i buoni...)

robertino



home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti