Il sindaco di Vicenza, Enrico Hullweck, ormai sta rasentando la crisi
nervosa: i sintomi ci sono tutti, almeno stando alle sue recenti
dichiarazioni. Dopo aver definito come "barbari" i suoi concittadini
contrari al progetto del Dal Molin, il 12 settembre ha rilasciato ai
giornali locali delle dichiarazioni quantomeno stupefacenti. In
particolare, riferendosi ai partecipanti alle manifestazioni contrarie
alla militarizzazione Usa della città ha sostenuto che "Mettono
a ferro e fuoco una città ed è tutto lecito".
Quest'affermazione rasenta davvero il ridicolo, considerato il
carattere pacifico, seppur beffardo e determinato, mantenuto da oltre
un anno dall'opposizione popolare alle servitù militari,
esistenti e progettate, che gravano sul territorio berico; ma la cosa
appare comunque grave perché invece di cominciare a prendere
atto dell'impopolarità delle scelte politiche della sua giunta,
Hullweck chiede al governo di intervenire per mantenere l'ordine
pubblico, ossia di reprimere proteste e resistenze.
Giovedì 13 settembre, nel pomeriggio, è stata attuata una
nuova manifestazione sotto palazzo Trissino, sede dell'amministrazione
comunale, alla quale hanno rumorosamente partecipato diverse centinaia
di persone e numerosi partecipanti al campeggio contro il Dal Molin in
corso da una settimana a Caldogno. L'ormai consueto abnorme
schieramento di carabinieri, poliziotti, vigili urbani e digos non ha
scoraggiato l'annunciata contestazione, tanto che il previsto consiglio
comunale è stato preventivamente rinviato in altra data. A
sottolineare ancor di più l'isolamento di una giunta che,
assieme al governo Prodi, è corresponsabile della svendita di un
pezzo della città ai comandi Usa, davanti agli ingressi del
municipio è stata stesa una recinzione arancione del tipo di
quelle che vengono poste per delimitare le aeree inagibili, con tanto
di sarcastici segnali di pericolo.
Venerdì 14 settembre, seconda giornata di azione diretta: circa
un migliaio di persone ha partecipato all'azione di messa in sicurezza
della Caserma Ederle di Vicenza, già sede della 173ma brigata
aviotrasportata impegnata in Afganistan, come dimostra la recente morte
di quattro militari di stanza proprio a Vicenza.
Verso le 15 sono iniziate delle azioni di blocco simbolico degli
accessi sul retro della Caserma. Sono stati usati degli stencil per
coprire con la scritta "No war", su tutti i cartelli applicati al
recinto della caserma, le scritte "Zona militare limite invalicabile" e
affini. Quindi, dopo aver circondato il cantiere con una rete arancione
e dopo aver apposto la segnalazione "Lavori in corso", sono stati
predisposti dei blocchi che sono stati riempiti di cemento a presa
rapida per ostacolare l'ingresso ai due accessi da cui solitamente
passano camionette di servizio e mezzi militari. Oltre al travisamento
dei cartelli militari, è stata avviata l'operazione nuove vie,
con applicazione di cartelli preparati ad hoc, come, ad esempio, "Via
la Ederle da Vicenza".
Il corteo si è quindi portato verso l'ingresso principale, con
blocco della terza entrata, quella principale, in modalità
analoga alle precedenti. A conclusione dell'azione sono state gettate a
terra delle secchiate di vernice rossa, ad indicare lo spargimento di
sangue indissolubile dall'esistenza stessa di una base di guerra.
Verso le 17 il corteo partito dalla caserma Ederle è arrivato in
centro città, in Piazza Matteotti. Poco dopo la fine degli
interventi di Alex Zanotelli e Haidi Giuliani è iniziato il
subbuglio davanti al teatro Olimpico, per l'arrivo di Francesco Rutelli
per una cerimonia di premiazione, scortato da un notevole dispiegamento
di polizia. Il ministro è entrato attraverso il cancello in
auto, mentre tutt'intorno la gente si adoperava per far più
rumore possibile, coprendo di insulti il ministro e il mondo
scintillante del potere che gli sbatteva, invece, il cancello in faccia.
Sabato 15, ultimo giorno di azioni, la creazione del parco cittadino al
Dal Molin. Il corteo partito dal campeggio No Dal Molin ha portato 150
alberelli fra frassini, aceri ed altre piante locali, fino
all'aeroporto Dal Molin, dove i 150 addetti, più i loro aiutanti
con annaffiatoi, zappe e vanghe sono entrati all'interno, dall'ingresso
principale dell'aeroporto civile, dopo trattativa con le
autorità di polizia che, evidentemente, aveva avuto ordine dal
governo di non far succedere casini. Ragazzi e famiglie hanno
così piantato gli alberi, lasciando bigliettini con nomi o
poesie,
Va ricordato che tutte le iniziative sono state anticipatamente
dichiarate e sono state svolte congiuntamente da tutte le persone che
fanno riferimento al Presidio Permanente, a volto scoperto.
L'attribuzione di ruoli non è quindi avvenuta in base
all'afferenza a determinate appartenenze politiche: accanto ai giovani
che solitamente si riconducono a certi tipi di azione diretta si
è vista anche la signora che preparava soddisfatta il cemento e
i bambini che confrontavano le loro vanghe-giocattolo prima di piantare
gli alberi, a dimostrazione che l'utopia di riuscire a fermare la
costruzione della base si accompagna all'utopia di riuscire a capirsi
fra soggetti politici e sociali diversi.
mk&ulli