Umanità Nova, n.29 del 23 settembre 2007, anno 87

Vicenza: tre giorni di azioni dirette dei No Dal Molin. Alberi contro la guerra


Il sindaco di Vicenza, Enrico Hullweck, ormai sta rasentando la crisi nervosa: i sintomi ci sono tutti, almeno stando alle sue recenti dichiarazioni. Dopo aver definito come "barbari" i suoi concittadini contrari al progetto del Dal Molin, il 12 settembre ha rilasciato ai giornali locali delle dichiarazioni quantomeno stupefacenti. In particolare, riferendosi ai partecipanti alle manifestazioni contrarie alla militarizzazione Usa della città ha sostenuto che "Mettono a ferro e fuoco una città ed è tutto lecito". Quest'affermazione rasenta davvero il ridicolo, considerato il carattere pacifico, seppur beffardo e determinato, mantenuto da oltre un anno dall'opposizione popolare alle servitù militari, esistenti e progettate, che gravano sul territorio berico; ma la cosa appare comunque grave perché invece di cominciare a prendere atto dell'impopolarità delle scelte politiche della sua giunta, Hullweck chiede al governo di intervenire per mantenere l'ordine pubblico, ossia di reprimere proteste e resistenze.
Giovedì 13 settembre, nel pomeriggio, è stata attuata una nuova manifestazione sotto palazzo Trissino, sede dell'amministrazione comunale, alla quale hanno rumorosamente partecipato diverse centinaia di persone e numerosi partecipanti al campeggio contro il Dal Molin in corso da una settimana a Caldogno. L'ormai consueto abnorme schieramento di carabinieri, poliziotti, vigili urbani e digos non ha scoraggiato l'annunciata contestazione, tanto che il previsto consiglio comunale è stato preventivamente rinviato in altra data. A sottolineare ancor di più l'isolamento di una giunta che, assieme al governo Prodi, è corresponsabile della svendita di un pezzo della città ai comandi Usa, davanti agli ingressi del municipio è stata stesa una recinzione arancione del tipo di quelle che vengono poste per delimitare le aeree inagibili, con tanto di sarcastici segnali di pericolo.
Venerdì 14 settembre, seconda giornata di azione diretta: circa un migliaio di persone ha partecipato all'azione di messa in sicurezza della Caserma Ederle di Vicenza, già sede della 173ma brigata aviotrasportata impegnata in Afganistan, come dimostra la recente morte di quattro militari di stanza proprio a Vicenza.
Verso le 15 sono iniziate delle azioni di blocco simbolico degli accessi sul retro della Caserma. Sono stati usati degli stencil per coprire con la scritta "No war", su tutti i cartelli applicati al recinto della caserma, le scritte "Zona militare limite invalicabile" e affini. Quindi, dopo aver circondato il cantiere con una rete arancione e dopo aver apposto la segnalazione "Lavori in corso", sono stati predisposti dei blocchi che sono stati riempiti di cemento a presa rapida per ostacolare l'ingresso ai due accessi da cui solitamente passano camionette di servizio e mezzi militari. Oltre al travisamento dei cartelli militari, è stata avviata l'operazione nuove vie, con applicazione di cartelli preparati ad hoc, come, ad esempio, "Via la Ederle da Vicenza".
Il corteo si è quindi portato verso l'ingresso principale, con blocco della terza entrata, quella principale, in modalità analoga alle precedenti. A conclusione dell'azione sono state gettate a terra delle secchiate di vernice rossa, ad indicare lo spargimento di sangue indissolubile dall'esistenza stessa di una base di guerra.
Verso le 17 il corteo partito dalla caserma Ederle è arrivato in centro città, in Piazza Matteotti. Poco dopo la fine degli interventi di Alex Zanotelli e Haidi Giuliani è iniziato il subbuglio davanti al teatro Olimpico, per l'arrivo di Francesco Rutelli per una cerimonia di premiazione, scortato da un notevole dispiegamento di polizia. Il ministro è entrato attraverso il cancello in auto, mentre tutt'intorno la gente si adoperava per far più rumore possibile, coprendo di insulti il ministro e il mondo scintillante del potere che gli sbatteva, invece, il cancello in faccia.
Sabato 15, ultimo giorno di azioni, la creazione del parco cittadino al Dal Molin. Il corteo partito dal campeggio No Dal Molin ha portato 150 alberelli fra frassini, aceri ed altre piante locali, fino all'aeroporto Dal Molin, dove i 150 addetti, più i loro aiutanti con annaffiatoi, zappe e vanghe sono entrati all'interno, dall'ingresso principale dell'aeroporto civile, dopo trattativa con le autorità di polizia che, evidentemente, aveva avuto ordine dal governo di non far succedere casini. Ragazzi e famiglie hanno così piantato gli alberi, lasciando bigliettini con nomi o poesie,
Va ricordato che tutte le iniziative sono state anticipatamente dichiarate e sono state svolte congiuntamente da tutte le persone che fanno riferimento al Presidio Permanente, a volto scoperto. L'attribuzione di ruoli non è quindi avvenuta in base all'afferenza a determinate appartenenze politiche: accanto ai giovani che solitamente si riconducono a certi tipi di azione diretta si è vista anche la signora che preparava soddisfatta il cemento e i bambini che confrontavano le loro vanghe-giocattolo prima di piantare gli alberi, a dimostrazione che l'utopia di riuscire a fermare la costruzione della base si accompagna all'utopia di riuscire a capirsi fra soggetti politici e sociali diversi.

mk&ulli



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