Beppe Grillo invita adesso a partecipare ai consigli comunali:
"Partecipate ai consigli comunali. Sono gratis e meglio del cinema. La
carta di identità è la nostra tessera di partito. I
comuni la nostra piazza. Sindaci e assessori i nostri dipendenti. Vanno
controllati. Tutto a norma di legge, assistere alle sedute consiliari
è legale, è previsto dal Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali". A tutta la politica istituzionale
e partitica che lo accusa più o meno velatamente di essere
"sfascista", il comico genovese risponde con un invito alla
"partecipazione democratica di massa". Con ogni evidenza, siamo davanti
ad un movimento di rigenerazione delle istituzioni. La critica dei
"grillini" si incentra tutta sul personale politico della "casta" e non
intende assolutamente porre in discussione l'ordinamento
giuridico-istituzionale che governa la nostra società. Gli
uomini politici sono "cattivi"; le istituzioni democratiche sono
"buone" e basta affidarle a non pregiudicati, eletti senza mediazione
delle segreterie dei partiti, non più di due volte nel caso dei
parlamentari: questo è in effetti il contenuto della proposta di
legge di iniziativa popolare di Grillo. E controllare di persona
l'operato delle assemblee elettive (consigli comunali, ecc.). Fino a
qui nulla di particolare e di nuovo. Nuovo è il modo attraverso
cui i "grillini" via via sono andati crescendo come movimento, tutto
attraverso il blog di Grillo e contatti in rete. Nuova la composizione
del movimento: ceto medio istruito con simpatie "di sinistra".
Certamente un movimento di tonificazione del meccanismo della
rappresentanza, in termini di decenza ed efficienza. Da anni Grillo
conduce anche battaglie per la tutela dei risparmiatori nei casi Cirio,
Parmalat, Telecom, casi che Grillo denunciò anche prima che
scoppiassero pubblicamente. Anche in questo caso, l'interesse dei
"grillini" è una "bonifica" del mercato, non la sua messa in
discussione. Il movimento di Grillo sarebbe quindi espressione di
quegli anticorpi che la stessa democrazia liberale è in grado di
produrre contro le proprie degenerazioni.
Si chiede TAZ sullo scorso numero di Umanità Nova (UN n. 29 del
23.9.07 V-Day: simboli di rivolta per una piazza borghese. E poi le
liste. Col bollino): "E noi cosa facciamo? In questo momento storico,
l'anarchismo dovrebbe – come si suol dire – fare furore
perché, di fatto, ci sono tutte le condizioni per un suo
radicamento capillare nel dibattito su come concepire e realizzare una
società diversa con una migliore e più efficiente
organizzazione delle risorse".
Invece "Rimane tuttavia lo stato attuale di crisi del movimento
anarchico che ci impone di risolvere un urgente problema: quello del
che fare, qui ed ora. La crisi che attraversa il movimento non riguarda
i principi... L'interrogativo è come porsi di fronte alle
problematiche che ci impone oggi la società capitalistica per
evitare di rimanere ancorati alle battaglie che si intraprendono
solamente contro i provvedimenti e le decisioni di altri e diventare
finalmente protagonisti nell'agire sociale avanzando proposte concrete
per la risoluzione di alcuni problemi urgenti sia localmente che in un
ambito più vasto, lasciandosi così alle spalle quel ruolo
esclusivo di antagonisti in cui ci hanno relegato (o ci siamo
relegati)", come scriveva Italino Rossi la settimana prima (UN n. 28
del 16.9.07 pag. 4 Orizzonti dell'agire).
Insomma, l'anarchismo dovrebbe "fare furore" ed invece, pur saldo nei
suoi principi, "è in crisi". E, parafrasando Woody Allen, "se
l'anarchismo è in crisi, anche Umanità Nova non si sente
troppo bene", vista la sua fallimentare situazione economica. Sia TAZ
che Italino Rossi invitano alla concretezza, all'attenzione alla vita
sociale quale è, alle modalità concrete attraverso cui la
società si organizza e affronta il problema della sua
sopravvivenza. L'invito è a occuparsi delle modalità
concrete attraverso cui gli uomini si associano e si organizzano per
rispondere ai loro bisogni. La sfida è stare nei luoghi dove le
contraddizioni della società si materializzano in crisi e
movimenti: la sfida è fare politica fuori e contro le
istituzioni presenti non per migliorarle, ma per distruggerle,
svuotarle, superarle. La sfida è stare nelle assemblee, nei
momenti di lotta, nelle riunioni noiose ed estenuanti. La sfida
è stare in mezzo alla gente così come è. Diciamo
che "nessun blog ci potrà salvare" e che crediamo piuttosto e
vogliamo vivere nella materialità dei conflitti, dei luoghi, dei
tempi, dove gli uomini e le donne si rivoltano ad un destino scritto da
altri.
W.B.