Lo scorso 20 settembre, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha
autorizzato il contingente militare Isaf-Nato a restare per un altro
anno in Afganistan; formula giornalistica per non dire che guerra,
occupazione e stragi continuano ad essere legittimate dalle Nazioni
Unite. Hanno votato a favore della risoluzione 14 stati membri, mentre
la Russia si è astenuta. Il testo sottolinea "l'aumento della
violenza e delle attività terroristiche condotte dai talebani,
da al Qaeda, dai gruppi armati illegali e da coloro che sono coinvolti
nel traffico di droga".
Attualmente, l'Isaf, la Forza Internazionale di Assistenza alla
Sicurezza, conta circa 40.000 militari, di cui circa 2.300 italiani.
Nel corso della Giornata internazionale Onu per la pace, il 21
settembre, mentre dal Palazzo di vetro era giunta la richiesta di un
cessate il fuoco in Afganistan, affinché almeno in questa data
simbolica non si crepasse, la guerra è continuata senza ombra di
tregua. In particolare, le forze Isaf hanno proseguito la loro campagna
nei dintorni di Garmsir, provincia meridionale di Helmand, considerata
una delle roccaforti della guerriglia. Nel corso della stessa
operazione congiunta di attacchi via terra e raid aerei che, appena
pochi giorni prima, aveva causato la morte di 6 civili nel distretto di
Grishk, come ammesso dalla stessa missione Nato: "Abbiamo colpito per
errore un'abitazione dove si erano rifugiati dei talebani in fuga,
uccidendo dei civili".
Ancora una volta, nel raggelante comunicato ufficiale Nato si accenna a
"supposti talebani" deceduti sotto i bombardamenti. Una definizione che
ormai è di routine, a fronte di non meno di cinquemila vittime
tra la popolazione, soltanto dall'inizio dell'anno.
Anche il governo italiano ha ovviamente plaudito alla proroga da parte
dell'ONU, anche in vista dell'annunciato ulteriore invio di 250 soldati
italiani previsto a dicembre e del voto parlamentare per il
rifinanziamento della missione che dovrà affrontare nel gennaio
2008; ma la sbandierata copertura ONU non modifica la realtà
delle cose. La guerra in Afganistan è nata dall'aggressione
anglo-statunitense dell'ottobre 2001, legittimata solo dalla vaghissima
risoluzione n. 1.368 e, dall'agosto 2003, è sotto il comando
dalla Nato che certo non può dirsi una struttura super partes
delle Nazioni Unite, tanto che nessuno ha avuto la spudoratezza di
definirli come Caschi Blu.
D'altra parte, basta consultare il sito della Difesa del governo
italiano (alla voce "Sviluppo dell'operazione") per trovare una
definizione senz'altro più veritiera di tale intervento di
guerra, ancora presentato come missione di pace: l'operazione militare
è parte della guerra globale che impegna la grande coalizione
nella lotta contro il terrorismo, denominata "global War against
Terrorism".
Con buona pace delle innumerevoli vittime civili afgane che,
certamente, avrebbero un altro punto di vista riguardo il terrorismo.
U.F.