Dall'ultima volta che ne abbiamo scritto su Umanità Nova,
riguardo alla questione Rom a Torino (giugno 2007) poco è
cambiato. Sgomberi e violenze nei confronti dei rom si acuiscono in
città. Nella prima settimana di settembre ben tre campi, come
trionfalmente annunciavano i giornali cittadini, sono stati sgomberati,
tutti e tre situati nelle periferie della città, sia verso sud
che ad est. Sgomberi che hanno la caratteristica di non ottenere per
niente il risultato voluto ed immaginato, ovvero la sparizione totale
dei rom dalla città. Al massimo questi interventi sparpagliano
le famiglie sul territorio, si creano nuovi campi più piccoli o
imboscati o si ingrossano quelli già esistenti.
L'ultimo episodio di sgombero ha avuto per protagonisti un centinaio di
persone (rom rumeni) insediate in un campo ai confini tra Torino e
Settimo Torinese. Sgomberati e da una settimana assestati sul bordo
della strada. Non c'è alcun tipo di progetto o iniziativa che fa
seguito alle ordinanze di sgombero e così persone che già
vivono in condizioni terribili si trovano dall'oggi al domani in
situazioni ancora peggiori, sbattute in mezzo alla strada, senza
neanche il piccolo conforto della baracca e di quel poco di risorse che
un campo abusivo riesce comunque ad avere.
In questo ultimo caso, come già aveva fatto agli inizi di aprile
un numeroso gruppo di famiglie, i rom non ci sono stati a farsi
trattare un ennesima volta come bestiame ed hanno organizzato di loro
spontanea iniziativa, giovedì 20 settembre, un presidio davanti
al comune di Torino. Presidio annunciato e partecipato da circa un
centinaio di persone, donne e bambini compresi che hanno tenuto la
piazza, alcuni senza aver mangiato e bevuto per tutta la giornata, fino
alle sette di sera, quando finalmente una delegazione di assessori si
è degnata di accogliere alcuni rappresentanti del presidio.
Non che l'incontro abbia avuto buon esito, tutt'altro, perché in
quella sede gli assessori hanno ribadito che non ci sono spazi di
manovra per il comune per pensare ad alcuna forma di soluzione, ne
l'ipotesi di nuovi "campi sosta", né i margini di tolleranza che
potrebbero in questi mesi lasciare un po' di respiro ai rom, dare a chi
di loro lo desideri la possibilità di insediarsi in maniera
più stabile sul territorio, magari cercarsi e trovare lavoro
– ora che la Romania è nella Comunità Europea non
c'è più il capestro del permesso di soggiorno a rendere
la vita ancora più impossibile a chi voglia uscire dalla
condizione di disagio -, permettere un programma di inserimento
scolastico decente per i figli. Nulla di fatto dunque, ancora per tutto
questo autunno e l'inverno prossimo sarà quindi un susseguirsi
di sgomberi e nuovi insediamenti, in sintonia con gli umori della
politica e le inutili prove di forza del Comune che con il vessillo
della legalità in realtà si accanisce dove è
più facile guadagnare consenso a buon mercato tra gli elettori.
Nella stessa giornata intanto il vice console rumeno era in
città, accompagnato da giornalisti e fotografi si è fatto
un giro nei campi, debitamente scortato dai funzionari del comune che
erano evidentemente molto imbarazzati dal fuori programma di dover
ammettere davanti al console che un gruppo di famiglie aveva invaso il
salotto buono della città protestando per la repressione
esasperata di cui erano bersaglio. È stato anche abbozzato un
contatto telefonico con i presidianti davanti al Comune, vano tentativo
di instaurare un dialogo con i rom che stavano protestando i quali
però si sono rifiutati di parlare con il rappresentante dello
stato rumeno. È facile comprenderne le ragioni: in questi anni
la Romania non solo non ha affrontato il problema delle condizioni di
vita di una grossa percentuale di persone che abitano nel paese
(impossibile trovare lavoro se sei rom, discriminazioni evidenti nelle
scuole, nella sanità etc.), ma si è reso responsabile,
attraverso gli apparati polizieschi, di vere e proprie azioni
repressive, o ha esplicitamente rinunciato ad impedire episodi di
violenza ed intolleranza da parte della popolazione, di fatto
appoggiandoli tacitamente. Le trattative in corso in questi mesi tra il
governo italiano e quello rumeno stanno andando nella direzione di
negoziare le cifre che lo stato italiano, o la Comunità Europea,
dovrebbero sborsare perché il governo rumeno chiuda le frontiere
e si tenga i rom in casa. Questa è la peggiore delle ipotesi,
molto simile ad analoghi progetti che coinvolgono gli stranieri
migranti dall'Africa, dove esistono già dei centri di permanenza
temporanea, in Libia per esempio, dove si rinchiudono i migranti
pescati ad attraversare il deserto, con il tacito consenso ed i
finanziamenti degli europei. Un cpt lontano dagli occhi non fa
vergogna...
Tra uno sgombero e l'altro seguono intanto gli articoli deliranti sui
media cittadini, che fanno gara l'un con l'altro a dipingere la
situazione a tinte fosche, con l'intento di convincere i cittadini a
sentirsi in una situazione di insicurezza ed assedio, al quale si
può rispondere solo con una maggior repressione e la presenza
sempre più massiccia delle forze di polizia.
Se la repressione si accanisce, si registra però una crescente
attenzione da parte dei movimenti in città per quanto succede,
si iniziano a stampare i primi volantini di denuncia e di
solidarietà ai rom, la presenza degli italiani all'ultimo
presidio è stata evidente, soprattutto gli anarchici, ma anche
operatori dei servizi che con i rom lavorano, qualche cittadino si fa
sentire dai microfoni di radio blackout o sulle mailing list di
movimento manifestando la sua solidarietà.
Forse i Rom non sono più soli...
Luchino